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Autore Discussione: Carlo Rimini - Omosessuali, se la società supera la legge  (Letto 3210 volte)
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« inserito:: Novembre 12, 2012, 05:22:29 pm »

Editoriali
12/11/2012

Omosessuali, se la società supera la legge

Carlo Rimini*

Il ministero dell’Interno, con una circolare del 5 novembre resa nota ieri, ha dato il via libera al riconoscimento del permesso di soggiorno a favore dello straniero che abbia contratto un matrimonio omosessuale all’estero con un cittadino italiano. La vicenda ha origine da un quesito sottoposto al Ministero dalla Questura di Pordenone a cui si era rivolto per ottenere il permesso di soggiorno un uomo extracomunitario sposato in Spagna con un altro uomo italiano. La Questura ha chiesto al Ministero se il matrimonio omosessuale straniero permetta di considerare il cittadino extracomunitario come coniuge del cittadino italiano ai fini del rilascio del permesso di soggiorno. Il Ministero ha risposto affermativamente, seppure con un testo chiaramente ispirato alla massima prudenza, nella consapevolezza di quanto sia politicamente sensibile il tema della rilevanza giuridica delle unioni fra persone dello stesso sesso. Gli stranieri extracomunitari sposati all’estero con un cittadino italiano del medesimo sesso residente in Italia potranno dunque, d’ora innanzi, ottenere il permesso di soggiorno. 

 

Le considerazioni svolte dal Ministero sono sicuramente giuste. Se uno straniero ha diritto a vivere in Italia per il fatto di essere sposato a un italiano di sesso diverso, negare lo stesso diritto allo straniero omosessuale che convive con un italiano, in un’unione a tal punto stabile da essere riconosciuta all’estero come matrimonio, sarebbe una irragionevole discriminazione basata sugli orientamenti sessuali. Una risposta diversa da parte del Ministero avrebbe dunque esposto la legge sul rilascio del permesso di soggiorno ad una eccezione di incostituzionalità.

 

Questa vicenda però è solo un aspetto di un problema molto più ampio. È ormai inammissibile nella società contemporanea che la nostra legge non consenta alle coppie omosessuali di formalizzare la loro unione in un vincolo che abbia rilevanza per l’ordinamento giuridico. Spetta alla politica decidere se l’unione omosessuale può chiamarsi matrimonio come avviene ormai in molti Stati, oppure se – per rispetto al significato anche religioso che la parola matrimonio ha per una larga parte della nostra società – è opportuno scegliere un lessico diverso, come avviene ad esempio in Germania. Spetta anche alla politica affrontare la questione del rapporto fra l’unione omosessuale e la genitorialità, con particolare riferimento al problema della possibilità per le coppie omosessuali di adottare figli (negata in molti ordinamenti stranieri). Ma la politica non può continuare a fare finta che le coppie omosessuali non esistano, che non esistano famiglie costituite da persone dello stesso sesso. Dimostrerebbe così la propria incapacità di affrontare i cambiamenti sociali, ratificando una situazione ormai insostenibile, nella quale lo Stato, con le proprie leggi, discrimina le persone negando diritti irrinunciabili sulla base degli orientamenti sessuali. 

 

*Ordinario di diritto privato nell’Università di Milano 

twitter: @carlorimini 
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