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Autore Discussione: A. Rampino. Veltroni: Obama insegna che per governare bisogna unire il Paese  (Letto 1945 volte)
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« inserito:: Novembre 08, 2012, 11:23:21 pm »

intervista
08/11/2012

Veltroni: Obama insegna che per governare bisogna unire il Paese

“Proprio nella crisi, serve un voto non emotivo”

Antonella Rampino
ROMA


Nel voto a Obama c’è qualcosa di eccezionale. Obama vince dopo che l’America ha conosciuto il periodo di crisi più lungo e difficile, vince mentre tutti i leader occidentali che hanno governato sono stati bocciati, oppure chi è stato eletto - penso ad Hollande - si trova in grande difficoltà. Invece Obama mantiene il Senato ai democratici, e vince nel voto popolare, nelle zone operaie, e tiene in armonia minoranze e discorso alla nazione... Il filo è quello di Roosevelt, Kennedy, Clinton: la grande tradizione dei democratici. Che quando hanno deviato da questo profilo, hanno sempre perso» . È un grande innamorato della democrazia statunitense, Walter Veltroni. L’americano del Pd, come fu definito, immaginando nel fondare il Pd che il bipolarismo italiano potesse, chissà, un giorno evolvere in bipartitismo.

 

Nel futuro si entra insieme, voi mi avete reso un Presidente migliore: le prime parole, a caldo, di Obama disegnano l’eccezionalità degli Stati Uniti non come potenza ma in quanto a coesione?

«Questo è il messaggio di tutta la sua esperienza di Presidente. È l’idea di un grande Paese unito, non diviso in Stati rossi e blu, che possa superare le differenze armonizzandole, costruendo frontiere nuove di diritti e di inclusione... La frase più emozionante del suo discorso è l’invito a sentirsi cittadini americani da qualunque parte del mondo si provenga».

 

Perché la sua costituency corrisponde alla società multirazziale. È stata questa l’«arma» elettorale contro Romney?

«Questa è l’ispirazione migliore della cultura democratica. Ed è la vera differenza tra democratici e repubblicani, in Europa diremmo tra destra e sinistra: l’idea di una società aperta, inclusiva, che punta a creare opportunità, che considera solitudine ed emarginazione come principali problemi a fronte di una società fondata sulla corsa individuale, senza nemmeno i tratti compassionevoli che in certi momenti la destra ha avuto. Io ritrovo in Obama la filigrana migliore del pensiero democratico, il pensiero politico ancora oggi più moderno. Perché è quella dei democratici americani l’unica cultura politica che è passata dal Novecento al nuovo millennio con la forza della sua modernità. L’idea dell’inclusione e dell’apertura, dei diritti e delle opportunità: le parole chiave del tempo mobile e liquido in cui siamo».

 

Insegnamenti per l’Italia?

«Insegnamenti per tutti, e anche per noi. In un tempo di radicalizzazione, di emotività, e in qualche misura anche di disperazione provocata dalla crisi, gli americani hanno espresso un voto molto razionale. Non hanno dato al Presidente in carica un calcio, dicendogli se sono in questa situazione di difficoltà è colpa tua, invitandolo a tornarsene a casa con la bava alla bocca. No, gli americani a Obama hanno detto: per fronteggiare questa crisi mi fido più di te che del tuo avversario, credo nelle tue capacità. Un voto non emotivo, in un Paese che non per caso è educato al rispetto e alla tolleranza degli altri».

 

Che novità potrebbero esserci, nel secondo mandato? 

«Soprattutto al secondo mandato, il presidente è il presidente di tutti. Obama sa che il suo Paese è diviso a metà come una mela, è così da molto tempo e il voto lo conferma: dunque si propone di esercitare una leadership che unifica, non mutandone il segno ma sapendo che non si governa “contro”. Piuttosto, si governa “per” le proprie idee».

 

Eppure la sinistra, liberal e radical americana, di critiche in campagna elettorale ne ha fatte. Michael Moore, Noam Chomsky per esempio...

«Obama ha portato a segno dal Medicare alla riapertura del dialogo col mondo islamico, alle politiche ambientali, all’imbrigliamento di una parte della finanza, che infatti di lui si voleva liberare, al sostegno all’auto...È riuscito a fare quel che è tipico dei sistemi bipartitici, dove per vincere le elezioni bisogna fare due cose: entusiasmare i tuoi, e conquistare la parte mobile dell’elettorato altrui. In Italia, Michael Moore avrebbe immediatamente fondato un partito. E contro Obama, non contro Romney...».


da - http://lastampa.it/2012/11/08/italia/politica/veltroni-obama-insegna-che-per-governare-bisogna-unire-il-paese-tx6VgfItouJLYW3JclCyGO/pagina.html
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