LA-U dell'OLIVO
Aprile 29, 2024, 04:16:58 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Marcello MESSORI  (Letto 2939 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Ottobre 19, 2010, 12:00:43 pm »

Ma chi sbaglia paga di più

L'accordo quadro per il nuovo Patto di stabilità, emerso dalla riunione dell'Eurogruppo a Lussemburgo, riduce il rischio di un irrigidimento delle regole che avrebbe compromesso la fragile ripresa europea. Per una volta, il compromesso raggiunto potrebbe sfociare in un buon equilibrio fra l'esigenza di porre sotto controllo i bilanci pubblici degli Stati-membri e l'obiettivo di non minare le già precarie prospettive di crescita dell'area dell'euro. Anzi: se letto insieme al comunicato congiunto della cancelliera Merkel e del presidente Sarkozy, che ribadiscono la necessità di un meccanismo di prevenzione e soluzione delle crisi fiscali e adombrano la revisione del Trattato di Lisbona, l'accordo quadro apre nuovi spazi di policy a livello europeo.

I capisaldi del potenziale equilibrio sono riducibili a tre. Innanzitutto, vengono rafforzati quegli strumenti di monitoraggio e di controllo delle politiche nazionali di bilancio da parte delle istituzioni europee, varati prima dell'estate nell'ambito degli interventi di sostegno alla Grecia e agli altri Paesi a rischio. Sommandosi con i meccanismi europei di prevenzione delle crisi, questi strumenti getterebbero le basi per politiche fiscali coordinate fra gli Stati-membri e costituirebbero così il primo mattone per un'Unione non solo monetaria. In secondo luogo, vengono eliminate quelle regole meccaniche di rientro dal debito pubblico, eccedente il 60% rispetto al Prodotto interno lordo (Pil), che avrebbero dato un'intonazione restrittiva alle politiche economiche di tutti gli Stati-membri e condannato a una lunga recessione i Paesi meno competitivi.

L'accordo quadro ribadisce la crucialità della progressiva riduzione dei debiti pubblici troppo elevati. Al posto delle regole meccaniche, esso introduce però criteri di valutazione delle dinamiche dei debiti pubblici che sono più articolate e realistiche. Il rapporto fra debito pubblico e Pil è infatti integrato dall'esame di altre variabili cruciali per la gestione e la qualità dei bilanci pubblici: la struttura delle scadenze del relativo debito, la determinazione delle passività - implicite o esplicite - non contabilizzate (per esempio, gli squilibri previdenziali), il grado di compensazione potenziale della ricchezza finanziaria netta dei privati. In terzo luogo, viene ribadita la necessità di correggere nel breve termine ogni deviazione del rapporto tra disavanzo pubblico e Pil rispetto alla soglia massima del 3%. Anche in questo caso però, la disciplina viene imposta mediante meccanismi concordati fra le varie istituzioni europee piuttosto che mediante l'automatica e poco credibile sanzione pecuniaria degli Stati-membri non in regola.

Nelle prossime settimane l'accordo quadro del nuovo Patto di stabilità andrà tradotto in regole operative di dettaglio. Tali regole saranno fondamentali per dare «carne e sangue» al potenziale equilibrio fra rigore e spazi di crescita. Speriamo che la presenza al tavolo di Francia e Germania, che ieri hanno chiesto un inasprimento delle sanzioni, non faccia rientrare dalla finestra quei meccanismi punitivi relegati sullo sfondo dall'accordo quadro.

Marcello Messori

19 ottobre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/editoriali/10_ottobre_19/messori-patto-stabilita_a44d4076-db40-11df-a6e9-00144f02aabc.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Novembre 17, 2010, 09:09:33 am »

La crisi del debito

Nessuno è al sicuro

L’affermazione del presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, secondo cui gli squilibri interni agli Stati- membri più fragili dell’Unione monetaria europea rischiano di compromettere la stabilità e la stessa esistenza dell’euro, può apparire eccessiva. Essa ha però il merito di segnalare che la gravità delle tensioni, aperte dalla crisi greca della primavera scorsa e oggi riproposte dall’autunno della finanza irlandese e dalla vulnerabilità portoghese, non va misurata sui singoli e diversi casi nazionalima riguarda tutti i Paesi dell’area dell’euro. È poco produttivo limitarsi a sottolineare che le gravi difficoltà della Grecia derivano dalle sconsiderate politiche di bilancio del recente passato o che l’Irlanda è sopraffatta dalla bancarotta di gruppi bancari troppo grandi per le dimensioni del Paese, illudendosi che la soluzione consista nella cura separata di ognuno di questi mali.

Ovviamente, una volta che l’incendio è scoppiato, l’intervento ad hoc dei vigili del fuoco diventa inevitabile. Si tratta però anche di riconoscere che l’area monetaria europea è ormai troppo integrata perché gli squilibri interni a uno Stato-membro non trovino una corrispondenza in un altro punto dell’Unione. Così le banche tedesche e francesi sono vulnerabili al rischio di default greco e irlandese; e la competitività delle imprese tedesche o francesi sarebbe compromessa da un mercato interno europeo stagnante o — peggio — in disfacimento. Il segnale, implicito nell’ammonimento di Van Rompuy, è pertanto che la vera soluzione alle tensioni europee consiste in un progressivo ma rapido rafforzamento delle politiche di bilancio pubblico.

Se si percorresse tale strada, peraltro già lambita con la riforma della vigilanza europea nei mercati finanziari e con il varo dei meccanismi di prevenzione delle crisi, alcuni degli incubi della signora Merkel e del signor Sarkozy si paleserebbero come falsi problemi. In un’Unione monetaria con un grado crescente di integrazione fiscale, non avrebbe senso chiedersi se il salvataggio di uno Stato-membro in crisi debba comportare la «punizione» dei detentori privati dei relativi titoli pubblici o se il governo di uno Stato- membro in difficoltà possa rifiutare l’aiuto europeo fino a che non si trova sull’orlo del baratro. Le difficoltà nazionali andrebbero, infatti, trattate come squilibri «locali» dell’area; e la ricerca di una loro realistica soluzione andrebbe assunta a livello europeo.

In quest’ottica, come prova il limitato ma decisivo utilizzo dei programmi pubblici disegnati dall’amministrazione Obama nella primavera del 2009, il fondo per la stabilità finanziaria dell’Unione Europea (stanziato con il Fondo monetario internazionale) sarebbe sufficiente a fronteggiare i focolai di tensione; e la sanzione più severa per chi governa gli Stati-membri all’origine di tali focolai sarebbe data dalla perdita di una quota di sovranità nazionale a favore di chi è virtuoso e può così esercitare una forte influenza sulle soluzioni europee.

Marcello Messori

17 novembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/editoriali/10_novembre_17/messori-nessuno-al-sicuro_f710d496-f213-11df-a59d-00144f02aabc.shtml
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #2 inserito:: Giugno 29, 2012, 11:34:20 pm »

TIMORI E PROSPETTIVE

Una soluzione c'è

Correzioni di rotta e reciproca fiducia

I problemi che hanno caratterizzato il Consiglio europeo di ieri e che - con ogni probabilità - saranno al centro della riunione odierna dei diciassette leader dell'Unione economica e monetaria europea (Uem), dipendono dalla difficoltà di rendere temporalmente compatibili le esigenze dei due maggiori Stati «periferici» e i veti incrociati di Francia e Germania. L'Italia mira ad attivare un meccanismo europeo che calmieri gli spread interni all'area dell'euro, senza obbligare i Paesi a «rischio contagio» - ma con politiche rigorose di consolidamento del proprio bilancio pubblico - ad attivare il programma di aiuti già in atto per Grecia, Irlanda e Portogallo. La Spagna necessita di un sostegno europeo al proprio settore bancario che non pesi sul suo bilancio pubblico e che rompa, così, il circolo vizioso fra rischi finanziari e rischi del debito sovrano.

Per fungere da efficace barriera alla deflagrazione dell'area dell'euro, ambedue questi strumenti vanno varati in via immediata. La Germania teme, però, che le richieste di Italia e Spagna siano il «cavallo di Troia» per una progressiva socializzazione europea dei debiti sovrani e delle perdite bancarie dei Paesi «periferici»; per conseguenza, essa vincola ogni apertura al riguardo alla realizzazione di un'unione fiscale e di un'unione bancaria, inevitabilmente proiettate nel medio periodo.

Tale incompatibilità temporale è aggravata dalla posizione francese. Pur appoggiando le richieste italiane e spagnole, il presidente Hollande è disposto ad avvicinarsi alle «sabbie mobili» della cessione di sovranità nazionale (implicita nell'unione fiscale e bancaria) solo se l'Uem attua un credibile rilancio della domanda aggregata nel breve termine così da aprire prospettive di crescita economica. Tale insieme eterogeneo di obiettivi e vincoli può apparire un ginepraio; esso rappresenta, tuttavia, un progresso rispetto alla situazione di poche settimane fa. Di fronte alla minaccia di fallimento dell'euro, i leader dell'Uem hanno scoperto le carte, hanno riconosciuto la compatibilità degli approdi da essi disegnati e stanno collaborando per una convergenza fra le loro diverse rotte. In tale prospettiva, ognuno deve essere pronto a correzioni.

La cancelliera Merkel deve riconoscere che il progetto redatto dai presidenti del Consiglio europeo (Van Rompuy), della Commissione europea (Barroso) e della Bce (Draghi) rappresenta un credibile avvio dei processi di unificazione fiscale e bancaria. Il presidente francese deve interpretare il limitato piano europeo di investimenti come il primo mattone di un growth compact (programma di crescita). Il nostro presidente del Consiglio e quello spagnolo devono garantire ai partner dell'Uem (se richiesti, anche sotto forma di unilaterale cessione di sovranità nazionale) che sistematiche iniziative europee per l'allentamento delle tensioni sugli spread fra i titoli pubblici degli Stati membri e sui rischi bancari di insolvenza non indeboliranno ma rafforzeranno gli impegni fiscali assunti nei confronti dell'Uem e dell'Unione Europea. L'opportunità di queste correzioni di rotta, che getterebbero le basi per una credibile ripartenza dell'Uem, è ben presente a ciascuno dei leader europei. Ma occorre reciproca fiducia e lungimiranza.

Marcello Messori

29 giugno 2012 | 7:50© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - corriere it
« Ultima modifica: Luglio 05, 2012, 12:02:39 pm da Admin » Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!