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Autore Discussione: HERVÉ LADSOUS Senza l'Europa non si fanno missioni di pace  (Letto 2156 volte)
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« inserito:: Giugno 04, 2012, 09:52:36 am »

4/6/2012

Senza l'Europa non si fanno missioni di pace

HERVÉ LADSOUS *

Con una sola mano non si può fare un nodo, recita un vecchio adagio. Nessuna massima è più calzante per quanto riguarda le missioni di pace dell’Onu. Un’operazione di peacekeeping di successo richiede che molte mani si uniscano in questo sforzo cruciale: la mano legiferante del Consiglio di Sicurezza, le mani generose di Paesi che forniscono volontariamente le truppe, la polizia e le risorse, e la mano accogliente del Paese ospitante.

Il ruolo di mantenimento della pace delle Nazioni Unite è una partnership globale e l’Europa è uno dei suoi attori vitali. Il contributo del continente al ruolo di peacekeeping dell’Onu è vario e forte. Al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale, i Paesi europei sono coinvolti nelle decisioni sui mandati delle missioni e i budget. Sono anche tra i nostri maggiori contribuenti finanziari, fornendo circa il 40 per cento del bilancio di peacekeeping delle Nazioni Unite. Come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Francia e Regno Unito pagano una quota maggiore delle spese per le nostre forze di pace. Ogni giorno ci affidiamo alla generosità dei membri europei della famiglia delle Nazioni Unite. Operativamente, le percentuali delle truppe e della polizia dei paesi europei sono relativamente modeste, poco meno del sette per cento delle truppe di pace dell’Onu. Ma il contributo significativo delle truppe europee nella Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil) indica l’importante impatto che possono avere nelle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite.

Il contributo dell’Europa al peacekeeping delle Nazioni Unite è amplificato attraverso i molti aspetti della nostra partnership con l’Unione europea (Ue) e la North Atlantic Treaty Organization (Nato), di cui l’Europa è uno dei principali attori. Negli ultimi anni, l’Unione europea ha intensificato la sua presenza nelle operazioni di mantenimento della pace, comportandosi come un alleato esemplare. Spesso, le forze dell’Ue hanno assistito le nostre missioni su compiti brevi e specifici. Nella Repubblica Democratica del Congo nel 2006, sotto un mandato temporaneo del Consiglio di sicurezza, 2.300 unità militari dell’Unione europea hanno sostenuto la missione delle Nazioni Unite volta a organizzare le prime elezioni democratiche in mezzo secolo. Nel 2008, nell’ambito della risposta internazionale alla crisi del Darfur, in Sudan, sotto l’egida dell’Onu, l’Ue ha inviato 3.700 soldati al confine tra il Ciad e la Repubblica Centrafricana. È interessante notare che la missione dell’Unione europea è stata autorizzata dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha anche istituito la missione delle Nazioni Unite. Per entrambe le missioni i mandati includevano la protezione dei civili, l’assistenza per la consegna degli aiuti umanitari e la protezione del personale delle Nazioni Unite.

In Kosovo, la missione Eulex, la polizia europea di supporto a quella kosovara, lavora a stretto contatto con la Unmik, la Missione delle Nazioni Unite in Kosovo in uno sforzo di collaborazione volto ad affrontare le sfide sul terreno. Nello stesso spirito, dove l’Onu fornisce supporto logistico alla missione dell’Unione africana (Amisom) in Somalia, l’Ue fornisce un sostegno finanziario significativo all’Amisom e i suoi istruttori per addestrare i soldati somali. Questo è il tipo di collaborazione innovativa che ci serve.In Afghanistan la Missione di assistenza delle Nazioni Unite (Unama) guida gli sforzi politici della comunità internazionale per sostenere l’avvio di un processo di pace guidato dagli afghani. Sia l’Unama sia la Isaf, International Security Assistance Force, formata da membri della Nato e da loro partner agiscono su mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Unama e Isaf hanno ruoli molto diversi ma condividono lo sforzo internazionale per aiutare gli afghani a portare una pace e una stabilità durature nel loro Paese. Più in generale, per noi del peacekeeping Onu, la combinazione unica di forze terrestri, navali e aeree della Nato rappresenta un punto di forza. Nei prossimi anni, quando la Nato ridurrà il suo impegno in Afghanistan, ci attendiamo di poter beneficiare maggiormente della sua esperienza. Il contributo da parte dei paesi europei in Unifil è un’indicazione di ciò che si può fare insieme. Le nostre alleanze con l’Ue e la Nato nel mantenimento della pace sono forti e in crescita.

Se i nostri partenariati con gli attori europei migliorano sul campo, gli sforzi per rafforzare i canali istituzionali stanno dando buoni frutti. Ad esempio è stato recentemente rilanciato un comitato direttivo congiunto Ue-Onu ad alto livello per la gestione delle crisi. Entrambe le organizzazioni hanno rafforzato la loro presenza nei rispettivi quartier generali. Ci sono regolari scambi d’idee tra il personale Nato e quello delle Nazioni Unite, che sono state migliorati attraverso il rafforzamento dei meccanismi di collegamento. Lavorando insieme possiamo dare ancora più legittimità agli sforzi di pace internazionali, nonché maggiore efficienza ed efficacia. La Giornata Internazionale delle missioni di Pace delle Nazioni Unite (il 29 maggio, ndr) è stata l’occassione per porgere la mano della solidarietà all’Europa perché affrontiamo insieme la pace e le sfide alla sicurezza del prossimo decennio. Noi tutti aspiriamo a un mondo senza conflitti armati. Allo stesso tempo, insieme, la nostra alleanza è il modo più efficace per mantenere la pace quando ne abbiamo bisogno.

*L’autore è sottosegretario generale dell’Onu e capo del Dipartimento delle Operazioni di Peacekeeping

[Traduzione di Carla Reschia]

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10184
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