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Autore Discussione: PIERO BIANUCCI. L'economia in bolletta affonda l'ecologia  (Letto 2145 volte)
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« inserito:: Giugno 04, 2012, 09:51:32 am »

4/6/2012

L'economia in bolletta affonda l'ecologia

Ma per il pianeta non sarà un vantaggio

PIERO BIANUCCI

La partecipazione dei paesi più sviluppati al vertice sull’ambiente del 20-22 giugno a Rio de Janeiro sarà a ranghi ridotti. La cosa non stupisce se pensiamo alla crisi che attraversano, in modi diversi ma tutti allarmanti, la zona euro, gli Stati Uniti, il Giappone. Si punta a risparmiare sulle spese correnti e a far crescere il Pil, l’attenzione all’ambiente appare come un costo e un freno alla produzione.

Questa prospettiva però potrebbe rivelarsi miope. Rio+20 – chiaro il richiamo alla Conferenza di Rio del 1992, il primo Earth Summit – ha in agenda due temi che dovrebbero interessare proprio i «ragionieri»: la Green Economy e la governance per l’attuazione dello sviluppo sostenibile. L’economia verde, infatti, è in espansione rapidissima sia come industria sia come «nuova» agricoltura, quindi ha a che vedere con la crescita tanto desiderata; e un accordo mondiale sullo sviluppo sostenibile sarebbe quanto mai auspicabile proprio per fronteggiare le turbolenze finanziarie.

La prima Conferenza delle Nazioni Unite sui problemi dell’ambiente fu a Stoccolma nel giugno 1972. Era un’epoca di sviluppo tumultuoso, la Terra aveva poco più della metà degli abitanti di oggi e solo allora l’uomo, abbracciando in uno sguardo l’intero pianeta nei viaggi verso la Luna, si era reso conto dei limiti della nostra casa cosmica in quanto a spazio abitabile e risorse. Non a caso Aurelio Peccei e il suo profetico Club di Roma avevano promosso uno studio del Mit che si intitolava «I limiti dello sviluppo».

Nel 1992 a Rio l’ottimismo acritico era tramontato, c’erano le prime evidenze di un rischioso riscaldamento globale e molti avvertivano la necessità di prendere provvedimenti altrettanto globali. Nel 2002 con il summit di Johannesburg prendeva forma l’Agenda 21, cioè il piano per lo sviluppo sostenibile del XXI secolo appena iniziato. Si tratterebbe, adesso, di dare continuità a quel progetto, perché Paesi di grande peso economico e strategico come gli Stati Uniti approvano i piani ma poi non li ratificano.

Se questo è il percorso, sembra importante che l’Europa e con essa tutte le aree sviluppate del mondo, non prendano Rio+20 sotto gamba boicottandolo con una partecipazione di seconda fila. Gran parte della crisi che stiamo attraversando deriva da questioni che a Rio potrebbero trovare una linea di interesse comune. Viviamo in un folle mondo dove gli scambi finanziari virtuali (e speculativi) in 4 giorni eguagliano gli scambi di beni reali che avvengono in un anno. Si può accettare o respingere una Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, ma non si può negare che questo sia un aspetto cruciale dell’instabilità economica. D’altra parte, il concetto stesso di Pil a Rio potrebbe subire una revisione concordata. Nel Pil dovrebbero contare di più appunto le produzioni della Green Economy, il cui valore non è solo quello monetario del fatturato ma sta anche nell’ambiente risparmiato e nella prevenzione di disastri ambientali il cui costo finora è stato nascosto come la polvere sotto il tappeto. Cinicamente, si può dire che spendere oggi per l’ambiente significa spendere meno domani, quando la natura presenterà il conto.

E poi i decisori politici che disertano Rio non dovrebbero dimenticare che dal 1992 al 2012 la sensibilità per questi temi tra la gente è molto cresciuta. Anche da questo punto di vista un cinico calcolo sarebbe vincente per loro e per tutti gli abitanti del pianeta.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10189
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