31/5/2012 - Scompare a 81 anni un patriarca dell'enologia
Addio ad Aldo Conterno
Si è spenta una stella del Barolo
Una vita intensa. Combattè nell'esercito americano la guerra di Corea. Il grande successo delle sue etichette. L'amicizia con Quinto Chionetti e gli scherzi ai giornalisti. Quella degustazione mitica
SERGIO MIRAVALLE
Si è spenta una stella del Barolo. Anzi no, e' andata a splendere nel cielo dei grandi del vino. In 81 anni di esistenza Aldo Conterno si è conquistato il titolo di grande, in vigna, in cantina e soprattutto nella vita. La sua è stata intensa, ricca di emozioni, mai banale. Ha firmato per decenni alcuni dei più strepitosi vini italiani, ma la fama non lo ha mai fatto allontanare dalla concreta semplicità di contadino di Langa. Ho avuto l'onore e il piacere di essergli amico. Ricordo la bella confidenza delle sue chiacchierate e il fascino dei suoi racconti.
Aldo Conterno è stato l'unico barolista ad aver combattuto la guerra di Corea. Il padre Giacomo, che già negli Anni Trenta era arrivato ad imbottigliare i migliori vini della sua cascina a Monforte, lo aveva spedito poco più che ventenne in America da uno zio emigrato in California che si occupava di orticoltura. Il giovane Aldo doveva però ancora fare la naja e decise, grazie ad un accordo tra Italia e Usa, di arruolarsi nell' esercito degli Stati Uniti. Finì nel vortice della guerra in Estremo Oriente e raccontava di come si salvò per miracolo dalla caduta di un aereo che lo doveva portare in licenza a Tokyo. Tornò in Italia nel 1961 a coltivare le vigne di famiglia con il fratello Giovanni.
Dopo qualche anno, la separazione e la nascita dei Poderi Aldo Conterno. Sistemò la grande casa padronale sulla strada della Bussia che porta a Monforte, acquistò vigne, e ammodernò ma non troppo la cantina. Furono anni di sacrifici e di debiti (lui non li chiamava investimenti). I suoi vini e quelli del fratello si affermarono nel mondo. Le sue etichette piu' famose portano il nome delle vigne: Gran Bussia, Cicala, Colonello. Imbottigliava anche un Barolo chinato semiclandestino, chiamato Innominato. Era un interprete orgoglioso del Barolo e ammetteva di avere le sue idee nel rispetto della massima piemontese: «Esageruma nen» (non esageriamo). Aveva 25 ettari di filari e non voleva crescere oltre. Nel periodo della crescita di interesse giornalistico per il mondo del vino - mi confessò - di essersi divertito a far assaggiare i suoi vini in cantina a presunti esperti invertendo pero' le lavagne che sulle botti ne inedicavano l'origine.
«Sapessi quanti soloni hanno scambiato il Barolo per Barbera e viceversa», mi diceva sorridendo sornione. Poteva permetterselo. Al primo Salone del Gusto, Carlin Petrini organizzò una degustazione straordinaria dei suoi vini con i colleghi nel ruolo di mescitori. Ricordo Angelo Gaja, Elio Altare e altri, servire i vini di Aldo con sincera emozione e lui ringraziarli divertito accanto al suo grande amico Quinto Chionetti, altro gigante dell'enologia piemontese, con il suo Dolcetto di Dogliani. Era diventata una straordinaria tradizione il loro invito nel giorno della Fiera del Bue grasso a Carru' per scambiarsi quattro idee e andare a mangiare il bollito in una trattoria di Langa dove Aldo era solo Aldo e non il "famoso Conterno". Se n'è andato nella sua casa, dopo un tribolato ricovero in ospedale, accanto alla moglie Gemma con i figli Giacomo, Stefano, Franco, le nuore e i nipoti. Avra' visto le sue vigne con i tralci dove spuntano i primi grappolini. Una speranza per la prossima vendemmia, che senza Aldo sarà più triste, ma basterà assaggiare un suo Barolo per tornare a parlare con lui.
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