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Autore Discussione: A. STEPAN E. SMITH - La tenace democrazia del Senegal  (Letto 2202 volte)
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« inserito:: Maggio 10, 2012, 11:36:05 pm »

10/5/2012

La tenace democrazia del Senegal

A. STEPAN* E. SMITH**

Molti commentatori avevano dubitato che la democrazia in Senegal, un Paese la cui popolazione è al 95% musulmana, sarebbe sopravvissuta alle ultime elezioni presidenziali, in cui il titolare in carica, Abdoulaye Wade, cercava un controverso (e solo semi-legale), terzo mandato. Ma la democrazia, ormai consolidata, del Senegal, non solo è sopravvissuta, ne è emersa rafforzata. Perché? Prima di tutto, i cittadini senegalesi, a differenza di Wade, erano determinati a rispettare le tattiche pacifiche. Anche se alcuni candidati e gruppi della società civile hanno optato per una dimostrazione di forza con il regime, la maggioranza della popolazione ha deciso di sconfiggere Wade alle urne - una pazienza e un rispetto della tradizione elettorale che devono essere compresi storicamente.

Sotto il dominio coloniale francese, le elezioni si tennero in due, e poi in quattro Comuni del Senegal. Dal 1848 fino all’indipendenza nel 1960, quando la Francia era una repubblica, il Senegal eleggeva un deputato che diventava membro a pieno titolo del parlamento francese, dando origine a una società politica vivace e alla libertà di stampa. Nonostante il clientelismo endemico il Senegal essenzialmente ha conservato le sue tradizioni elettorali nei decenni dopo l’indipendenza. Il regime del partito unico (1966-1974) non durò a lungo rispetto ad altri nuovi Stati indipendenti africani.

La tradizione democratica del Senegal plasma profondamente le aspettative della gente comune. Nel giugno 2011, Wade ha cercato di emendare la costituzione per eliminare il secondo turno alle elezioni presidenziali in modo da far sì che il candidato principale vincesse con il 25% al primo turno, invece che con il 50%. Questo tentativo di colpo di stato costituzionale è stato sventato dalle proteste di massa davanti al Parlamento. Slogan come «Touche pas à ma Costitution» (Non toccare la mia Costituzione) sono stati accompagnati da «Wade, dégagé!» (Wade, vattene!), che riecheggiavano i cori in Tunisia, «Ben Ali, dégagé!».

La resistenza democratica ha funzionato, bloccando l’emendamento e creando la possibilità di sconfiggere la candidatura di Wade a un terzo mandato. Al primo turno il 26 febbraio, gli elettori hanno mostrato più fiducia nelle loro istituzioni elettorali di molti attori politici, che hanno sollecitato il rinvio delle elezioni, o il boicottaggio, argomentando che il controllo di Wade sull’apparato statale avrebbe reso impossibile elezioni libere e corrette.

Infatti, una società civile e una stampa indipendente hanno garantito che i risultati non potessero essere truccati. Per esempio, non appena i risultati erano stati contati a livello locale, venivano immediatamente annunciati a livello nazionale dalla televisione indipendente e dalle emittenti radiofoniche, anche quando la tv di Stato bloccava la divulgazione dei risultati. La pressione internazionale, soprattutto da parte di Stati Uniti, Francia e Unione europea, ha contribuito a emarginare i fautori della linea dura dell’entourage di Wade.

Nel primo e cruciale primo turno, solo il 35% degli elettori ha votato per Wade. I candidati dell’opposizione come Macky Sall, che hanno puntato sull’alta affluenza alle urne, si sono piazzati molto meglio dei candidati che hanno sostenuto la lotta per le strade o che, sperando che l’elezione sarebbe stata rinviata, hanno iniziato la campagna troppo tardi. Con il 26% al primo turno, Macky Sall era in lizza per il ballottaggio.

Gli elettori, soprattutto nelle città del Senegal, hanno rifiutato la compravendita dei voti e le istruzioni impartite da alcuni leader religiosi di votare per Wade e la sua aggressiva strategia di divisione etnica e clientelismo è fallita in pieno. Violando la simmetria del rispetto e dell’equidistanza tra gruppi etnici che caratterizza il pluralismo del Senegal, ha offeso molta più gente di quanta ne abbia attratto.

Al secondo turno tutti i 12 candidati sconfitti hanno appoggiato Sall, come avevano promesso. Con l’opposizione compatta a suo favore, Sall ha più che raddoppiato i voti del primo turno, raggiungendo il 66%, mentre il sostegno popolare per Wade si è fermato. L’esercito ha mantenuto la sua tradizione di non intervento e ha fatto chiaramente sapere al presidente che il risultato doveva essere rispettato.

La sconfitta di Wade è un’importante opportunità offerta al Senegal di ristrutturare il proprio panorama politico. Infatti, esiste un modello di quel che occorre fare. All’inizio del secondo mandato di Wade, le critiche per il suo crescente «super-presidenzialismo» e gli sforzi per promuovere il figlio come suo successore nel 2008-2009 hanno portato l’opposizione e i gruppi della società civile a organizzare una serie di riflessioni sulla riforma politica, nota come Assises Nationales. Le conclusioni, note come la «Carta per la governance democratica», sono state sottoscritte da tutti i candidati dell’opposizione. La Carta prevede maggior potere al Parlamento, una magistratura realmente indipendente e un esecutivo strettamente controllato. Ora si spera che Sall e la coalizione che lo appoggia (che dovrebbe ottenere la maggioranza nel nuovo Parlamento dopo le elezioni all’inizio di luglio) metterà in pratica tali raccomandazioni.

I senegalesi hanno fornito una preziosa lezione agli scettici sulle prospettive della democrazia in Africa o nel mondo musulmano. Infatti, il recente successo democratico del Senegal ci obbliga a confrontare quest’esperienza più strettamente con gli altri Paesi a maggioranza musulmana - per esempio, Indonesia, Turchia, e forse la Tunisia a maggioranza araba - che hanno ottenuto un risultato simile.

*Professore di diritto governativo e Direttore del Centro per la democrazia, la tolleranza e la religione alla Columbia University.
**Professore della Columbia University, ha condotto per quasi un decennio ricerca sul campo in Senegal. Copyright: Project Syndicate, 2012. http://www.project-syndicate.org/

[Traduzione di Carla Reschia]

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10083
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