20/4/2012
Obama, l'eroina nera e quello sguardo dal bus
PAOLO MASTROLILLI
Solo, seduto sul sedile dell’autobus come un impiegato che torna a casa, guardando fuori dal finestrino. Se uno non sapesse che quello è il presidente degli Stati Uniti, la foto di Barack Obama sul pullman di Rosa Parks potrebbe sembrare un ritratto di Edward Hopper nell’Alabama di mezzo secolo fa.
Il Presidente l’ha fatta scattare quando era in Michigan per un comizio e ha visitato l’Henry Ford Museum. Poi ha rivelato: «Mi sono seduto là un momento, a ponderare il coraggio e la tenacia che sono parte della nostra storia recente. Per ottenere il cambiamento ci vogliono cittadini ordinari, determinati a combattere, e continuare ad avvicinare il paese centimetro per centimetro agli ideali più alti. Perciò ho bisogno di tutti voi».
E’ stata una trovata elettorale, dunque. Evocare lo spirito della sartina, che nel 1955 rifiutò di cedere ad un bianco il suo posto sopra un bus di Montgomery, per convincere i sostenitori ad appoggiarlo ancora a novembre. Quelli neri in particolare. Ma è stato anche un atto simbolico, che incarna la responsabilità unica del primo presidente nero: l’impossibilità di deludere.
Il rapporto con la comunità afro-americana è stato complicato. L’attore Morgan Freeman ha detto che Obama alla Casa Bianca ha esacerbato il razzismo, perché la destra del Tea Party è pronta a tutto pur di abbatterlo. Il professore di Princeton Cornel West l’ha accusato di essere diventato «la mascotte nera di Wall Street». I media conservatori non perdono occasione per assalirlo, al punto che il Drudgereport ha usato la foto sul bus fuori contesto, come illustrazione della solitudine del presidente. «Un liberal come me - ci dice il filosofo di Princeton Michael Walzer - si rincuora a vedere Obama al posto della Parks, perché vuol dire che non ha dimenticato i suoi obiettivi, anche se non li ha realizzati. Tra i tagli al Welfare, l’istruzione pubblica e l’impiego statale, la comunità nera oggi è più debole. Forse ha pensato che la sua elezione fosse da sola un cambiamento radicale». A difendere il presidente, però, ci pensa chi le violenze dell’epoca di Rosa le ha sentite sulla pelle. Come James Young, sindaco nero di Philadelphia, la cittadina dove furono ammazzati gli attivisti del film «Mississippi Burning»: «E’ arrivato nel pieno della crisi: nessun uomo avrebbe potuto cambiare da solo l’America in tre anni. Io non voglio favori, solo pari opportunità. E non mi importa che sia nero, ma che sia giusto. Vederlo seduto su quel bus, però, mi ha fatto pensare a quanto coraggio c’è voluto per arrivare fino qui, e a quante persone negano ancora la storia dell’America solo per dividerci».
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