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Autore Discussione: MIRIAM MAFAI.  (Letto 3575 volte)
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« inserito:: Aprile 09, 2012, 05:28:37 pm »

Aveva 86 anni

Addio a Miriam Mafai

Signora scomoda e polemica del giornalismo e della sinistra


MILANO - Scomoda, polemica. E attenta osservatrice dei cambiamenti della società italiana. Miriam Mafai, editorialista di Repubblica, se n'è andata.

E con lei si è persa una penna raffinata che ha fotografato le donne e gli uomini che hanno cambiato il volto della società italiana: Diario italiano 1976-2006 (Laterza) è uno dei sui libri.
Dimenticare Berlinguer.

La Sinistra italiana e la tradizione comunista e Botteghe oscure, addio le sua analisi non pietose sulla sinistra italiana di cui è stata militante. Sempre assai critica.

Redazione Online

9 aprile 2012 | 16:24© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/cronache/12_aprile_09/addio-a-miriam-maffai_d59a6832-824e-11e1-9c86-d5f7abacde61.shtml
« Ultima modifica: Luglio 24, 2013, 03:36:57 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 09, 2012, 05:30:39 pm »

IL RICORDO

Così salvammo quei bambini

Nell'inverno tra il 1945 e il 1946 a Roma si pativano il freddo e la fame, si viveva di miseria e di espedienti.

Cassino, invece, non esisteva più e i piccoli sopravvivevano a stento nelle grotte e fra le macerie


di MIRIAM MAFAI
 
Questo è l'ultimo articolo scritto da Miriam Mafai per Repubblica, il 2 febbraio scorso, all'interno di un Diario dedicato alle emergenze.

"Ma Cassino non esiste più...", ci raccontava Pina Savalli, la nostra amica che da qualche settimana si era trasferita lì per organizzare il trasferimento dei bambini, i più affamati, i più ammalati verso le ospitali case dei contadini emiliani. Pina Savalli era un bravo medico ma noi pensavamo che esagerasse. Invece aveva ragione: Cassino non esisteva più. Cancellata prima dai bombardamenti per lo sfondamento della Linea Gustav, e poi dall'avanzata delle truppe alleate verso Roma, Cassino si presentava ormai, nell'inverno tra il 1945 e il 1946, come un campo di battaglia, abbandonato, coperto da una palude di melma e di fango, interrotto dai lugubri cartelli "go slowly; death is so permanent". E i bambini, che avevano avuto la sventura di nascere a Cassino e nei paesi vicini, figli di poveri contadini, vivevano, o meglio sopravvivevano, prime vittime della guerra, nelle grotte, nelle case semidistrutte, nelle baracche, esposti da mesi al freddo alle malattie alla fame.

Fu il Congresso comunista del dicembre del 1945, a lanciare, da Roma, un appello per la salvezza dei bambini di Roma e del Sud. E immediatamente giunsero le offerte delle famiglie emiliane disposte ad ospitare, per il tempo necessario, i piccoli meridionali affamati e malati. Ho partecipato, allora, alla organizzazione della partenza dei bambini romani per le accoglienti
famiglie di Modena e Reggio Emilia. A Roma, a poco più di un anno dalla liberazione, si pativa ancora il freddo e la fame. Nelle case di Primavalle, del Quadraro, del Quarticciolo si viveva di miseria e di espedienti. E noi andavamo di casa in casa a chiedere chi voleva affidarci un bambino per mandarlo a vivere, per qualche tempo, presso una famiglia emiliana che lo avrebbe nutrito, rivestito, mandato a scuola, se necessario curato. Mi chiedo ancora, a distanza di tanti anni, come ci riuscimmo.

La fame doveva essere tanta, e tanta la fiducia in noi se ci riuscimmo. E a metà gennaio, da Termini partì il nostro primo treno speciale per Modena carico di scalpitanti irrequieti bambini romani. Poi fu la volta di Cassino, la zona che è rimasta giustamente simbolo della massima distruzione ed emergenza. Cassino non esisteva più, e i paesi intorno erano ridotti a macerie. Ma tra quelle macerie, in quei tuguri vivevano ancora i superstiti di quella tragedia, donne, uomini e bambini. Li andarono a cercare Pina Savalli, e altre nostre amiche, tra cui la professoressa Linda Puccini e l'efficientissima Maria Maddalena Rossi, che ritroveremo poi deputato alla Costituente. Ci vollero quasi due mesi di lavoro a Frosinone per vincere i sospetti ("ma dove li portate?","quando torneranno?") e organizzare, superata l'emergenza, le prime partenze. Ma finalmente, i primi treni di bambini ospiti delle generose famiglie emiliane partirono anche da lì. E Pina Savalli, la nostra amica medico che era stata tra le organizzatrici di quel trasferimento, ci raccontava, anche anni dopo, quella vicenda con la stessa passione ed emozione. "Se quei bambini fossero rimasti lì" - diceva - "in quelle baracche o in quelle caverne in cui li avevamo trovati sarebbero certamente morti o, se sopravvissuti sarebbero rimasti gravemente menomati, malaticci, disadattati, esposti a tutte le malattie...". E invece no. L'emergenza era stata superata, e quei bambini si erano salvati.

(09 aprile 2012) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/persone/2012/04/09/news/cos_salvammo_quei_bambini-32831370/?ref=HREA-1
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 10, 2012, 11:20:55 pm »

L'OMAGGIO

"Senza Mafai siamo ancora più soli"

In rete il ricordo di lettori e militanti

Centinaia di messaggi sui social network e nei commenti postati su Repubblica.it. In tanti cercano nella sua bibliografia scritti e commenti.
Ricordano con lei D'Avanzo e Bocca: "Generazione di giornalisti che hanno dimostrato come raccontare il nostro Paese"

di CARMINE SAVIANO

La dolcezza, la passione, il "liberissimo pensiero". La critica, spietata, all'immagine femminile proposta dai mass media. E ancora: l'invito a oltrepassare la banalità, il già visto, a superare il disimpegno. L'abbraccio, commosso, a Miriam Mafai cresce di minuto in minuto. E migliaia di cittadini affidano alla rete parole di saluto per l'editorialista di Repubblica. Ricordandone i tratti del lavoro giornalistico, della passione politica, di quella biografia che intreccia tutta la storia dell'Italia repubblicana. "Addio Miriam, partigiana, scrittrice, voce autonoma della sinistra italiana".

E la rete restituisce frammenti, riflessi di una vita trascorsa a raccontare, analizzare, comprendere. "Eri intelligente, anticonformista. Spesso non condividevo le tue posizioni, ma era impossibile non stimarti". Il flusso dei commenti è ininterrotto: "La tua difesa a oltranza dei diritti civili mi ha ispirato", "Eri una grande donna e una splendida compagna. E la tua coerenza mi ha sempre attratto", "Hai contribuito con onestà alla crescita democratica del nostro Paese". Poi il ricordo di chi ha condiviso la stessa epoca, passioni e difficoltà: "Cara Miriam, sono un tuo coetaneo e nella mia vita vissuto le stesse tue cose, la stessa atmosfera, gli stessi travagli. Ti ho seguita nella tua notevole bibliografia. E ho compreso meglio i cambiamenti avvenuti nella nostra società".

I ricordi dei lettori lasciati su Repubblica.it sono decine. "Quando scompaiono
figure così alte ed esemplari della nostra storia repubblicana, il vuoto attorno a noi si amplifica enormemente e ci fa sentire ancora più soli". C'è chi ricorda l'impegno della Mafai per la condizione femminile: "Grazie anche al tuo lavoro abbiamo raggiunto risultati importanti nella società e nello Stato". E i paragoni con l'oggi, con lo stato in cui versa la classe politica e culturale del Paese, sono impietosi: "E' vero, ci si sente più soli: soprattutto se pensiamo alla tristezza dell'odierna classe politica, che non ha né arte ne parte, ed è esattamente all'opposto dei valori che hanno coltivato, per tutta una vita, persone come Miriam Mafai".

In tanti ricordano anche Giuseppe D'Avanzo, Giorgio Bocca, "quella generazione di giornalisti che con la Mafai hanno mostrato come analizzare e raccontare il nostro Paese". C'è tristezza: "L'Italia continua a spopolarsi di idee, voci libere e critiche, cervelli pensanti". E in tanti condividono sui social network proprio l'intervista di Giuseppe D'Avanzo alla Mafai, quel colloquio sul caso Moro, sul 16 marzo 1978, le parole della giornalista sugli "umori del compagno Pajetta", sul significato storico di quella fase della vita politica e civile del Paese.

Poi i militanti del Pd, che oltre a rilanciare le parole di Pierluigi Bersani - "Con Miriam Mafai se ne va una protagonista del nostro tempo" - ricordano l'impegno politico della giornalista. Dal Pci al Pds, fino alla direzione nazionale del Partito Democratico. Sprazzi di vita quotidiana: "Era una persona squisita. Ho avuto il piacere di parlarci e di discutere con lei in strada, dove la incontrai". Ancora: "La Mafai rappresentava la parte migliore della nostra politica. Quella che sapeva parlare alle persone. Quella che non si stancava mai di confrontarsi, di ascoltare, di dire la propria".

C'è chi ricerca le ultime parole della Mafai. E condivide una delle sue ultime interviste, quella rilasciata a Radio Radicale il 7 marzo di quest'anno. Le riflessioni sulla questione femminile e la disamina della situazione delle donne dopo l'era Berlusconi, quegli inviti rivolti al ministro Fornero: "Mi aspetto iniziative. Per esempio, perché non provvedere a realizzare asili nelle industrie e sui luoghi di lavoro?". Poi le parole finali di quell'intervista, quasi un saluto. "Adesso devo interrompere. Mi è stato proibito di affaticarmi. Fatemi gli auguri, dai!". E c'è chi pesca nella sua sconfinata bibliografia, riportando alla luce, per esempio, le parole, più che mai attuali, de "Il silenzio dei comunisti": lo scambio epistolare della Mafai con Alfredo Riechlin e Vittorio Foa. "Oggi il nostro compito è quello di guidare, correggere, civilizzare la globalizzazione. Un compito enorme che dobbiamo assumere anche nei confronti di quegli uomini, quelle donne, quei bambini che vivono ancora ai margini della civiltà".

(09 aprile 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/persone/2012/04/09/news/mafai_web-33025740/?ref=HRER2-1
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