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Autore Discussione: Addio a GHIRELLI, una vita tra giornalismo e politica  (Letto 3356 volte)
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« inserito:: Aprile 02, 2012, 04:50:00 pm »

Cultura

01/04/2012 - lutto

Addio a Ghirelli, una vita tra giornalismo e politica

Dopo una lunga militanza nel Psi, gli incarichi nei grandi giornali italiani e al fianco del presidente della Repubblica Sandro Pertini

Ex capo ufficio stampa del Colle e direttore del Corriere dello Sport, è morto a Roma: il 10 maggio avrebbe compiuto novant'anni

Napolitano: «Perdo un amico»


Antifascista, poi comunista e quindi socialista. Amante dello sport, del cinema, del teatro e della cultura in generale. Profondamente legato alla sua Napoli, ma forse prima di tutto giornalista. Collaboratore, quindi uomo di desk, direttore di quotidiani e tg, ma anche capo ufficio stampa del Quirinale ai tempi del Presidente Sandro Pertini. Difficile racchiudere la vita di Antonio Ghirelli in poche righe, una vita con mille interessi e decine di incarichi ed una passione per la partecipazione alla vita civile italiana continuata fino all’ultimo. Questa mattina è morto nella sua casa di Roma.

Nato a Napoli quasi 90 anni fa (li avrebbe compiuti il 10 maggio), Ghirelli muove nella sua città i primi passi della carriera. La passione per giornalismo si palesa da giovanissimo quando comincia a scrivere sulla rivista IX Maggio, il giornale della Gioventù Universitaria Fascista di Napoli. Alla Federico II frequenta Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi, Raffaele La Capria, Luigi Compagnone. «Eravamo un gruppo di amici affiatati - rivelò lui stesso in una recente intervista all’ANSA - Eravamo un covo di antifascisti». In quel colloquio Ghirelli parlò dell’altro illustre elemento del gruppo: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, suo amico di lunga data, che «una volta da attore - raccontò lo scrittore - interpretò una parte in un mio atto unico».

«Perdo uno degli amici più cari dei lontani anni della mia prima formazione», ha detto oggi il presidente Napolitano in un messaggio alla famiglia. «Fummo egualmente legati a Napoli ed egualmente animati da valori di libertà e di progresso mentre il fascismo si avviava alla fine. E non ci siamo mai persi di vista per il resto della vita, fino a tempi recentissimi. È stato un giornalista di razza guidato dalla sua passione di democratico e di socialista che lo aveva condotto anche a svolgere ruoli importanti accanto al Presidente Pertini e nel Psi; un popolarissimo giornalista sportivo e un interprete autentico dell’anima di Napoli».

Nasce in quegli anni giovanili la passione per il cinema ed il teatro, ma soprattutto la forte spinta antifascista che lo porterà ad partecipare attivamente alla Resistenza e ad inscriversi al Partito Comunista dal 1942. Dopo la guerra si getta a capofitto nel giornalismo e, tra Milano e Roma, collabora con L’Unità e Milano Sera, facendosi presto notare per la penna chiara e pungente. Cresce in questi anni anche la competenza sportiva, che trova spazio prima a Paese Sera e poi alla Gazzetta dello Sport, fino alla direzione prima di Tuttosport e, per una lunga stagione, dal ’66 al ’77, del Corriere dello Sport. Ghirelli continua però a coltivare la passione per la cultura, scrivendo anche sulla terza pagina di diverse testate con cui collabora, tra cui il Corriere della Sera e il Mondo.

Una svolta alla sua carriera e alla sua militanza politica arriva nel ’56, quando con l’invasione d’Ungheria, lascia il Pci e si iscrive al Partito Socialista Italiano. Una militanza che lo porterà nel 1978, subito dopo l’elezione di Sandro Pertini alla Presidenza della Repubblica, a guidare l’ufficio stampa del Quirinale. Poi, negli anni ’80, durante i governi Craxi, al vertice dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri. Quindi alla guida del Tg2, per un breve periodo dall’ ’86 all’ ’87, e alla direzione dell’Avanti!, dall’ ’88 all’ ’89.

La sua saggistica è poliedrica un pò come la sua vita. C’è lo sport con la "Storia del calcio in Italia", su prima opera edita nel 1954 e la raccolta "Tre volte campioni del mondo". C’è la politica, con i testi su Craxi, Moro e il compromesso storico, e le ultime sue creazioni enciclopediche: "Democristiani. Storia di una classe politica dagli anni Trenta alla Seconda Repubblica" del 2004 e "Aspettando la rivoluzione. Cento anni di sinistra italianà del 2008". Ma c’è soprattutto la sua Napoli, raccontata da un uomo che la conosceva a fondo, tra tanti riferimenti storici e aneddoti. Tra i testi dedicati alla città partenopea spicca "Storia di Napoli", scritta nel ’73 e poi tornata in libreria nel ’92 e nel 2007.

da - http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/448637/
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 02, 2012, 04:51:15 pm »

Cultura

02/04/2012 - personaggio

Ghirelli, eravamo lottizzati di classe

Morto a 90 anni il giornalista che fu capo ufficio stampa di Pertini e di Craxi. Una vita tra politica, storia e calcio

MATTIA FELTRI
Roma

Antonio Ghirelli riceveva al caffè Greco di via Condotti a Roma. Girava lungamente il cucchiaino nella tazzina e raccontava. «Siamo stati lottizzati di classe», diceva. Aveva infatti una sua teoria, che difendeva gettando gli occhi strabuzzati oltre le lenti spesse come vetrine: «Bettino Craxi non mi fece alcun favore nominandomi direttore del Tg2. Fui io a farlo a lui». E così ogni mattina raccontava un po’ di vita, un po’ della sua lunga e crepitante vita cominciata a Napoli nel 1922 e conclusa ieri a Roma.

Il Novecento era tutto sulla sua pelle, il fascismo che gli gonfiava il petto di ragazzo, la lotta partigiana che lo portò incontro agli americani sbarcati a Salerno proprio alla vigilia delle mitiche, molto mitiche Quattro giornate di Napoli: «Noi andammo a liberare Vico Equense e il podestà, che si era già fatto sindaco, ci accolse esultante con latte e uva»; gli americani gli misero un microfono in mano, insieme con Misha Kamenetzky (il nome vero di Ugo Stille), Arnoldo Foà, Raffaele La Capria e tanti altri organizzò la Radio d’Italia libera, via via che veniva liberata. «Con Tommaso Giglio salimmo a Bologna e lì incontrammo un ragazzetto a cui non si sarebbe dato un soldo, ma si dimostrò sveglio e volitivo. Si chiamava Enzo Biagi. Lo assunsi». Fu Biagi ad annunciare alla città la cacciata dei nazisti, e si festeggiò improvvisando una partita di calcio di cui il punteggio non interessava a nessuno: il divertimento era nel dare di fascista all’arbitro. Ghirelli, che aveva in tasca la tessera del Pci, diceva che mai più avrebbe ritrovato un editore rispettoso come la Quinta Armata.

C’era già tutto: la politica, la storia, il calcio. Parlava di Hasse Jeppson, e di come lo convinse a passare dal Napoli al Torino, con lo stesso distaccato trasporto con cui parlava di Sandro Pertini, e del disastro di una trasferta spagnola, nel 1980, quando uscì la notizia che il Presidente della Repubblica avrebbe accettato le dimissioni di Francesco Cossiga, ministro dell’Interno, e Ghirelli se ne prese la colpa e si dimise. Passò subito a Palazzo Chigi, capo ufficio stampa di Craxi. Era diventato socialista nel 1956, dopo l’invasione di Budapest, ma nel Pci aveva conservato «ottimi rapporti con Napolitano, Valenzi, Geremicca...». Gli piaceva parlare di Pertini: «Era esattamente il contrario di quello che si pensa: un eroe, coraggiosissimo, rancoroso, odiava tutti, da Craxi a Nenni a Lombardi». E di Craxi: «Era un socialista vero, aiutava i compagni in tutta Europa, sapeva essere sprezzante e sapeva commuoversi». Non aveva paura di un’idea, Ghirelli. Di Silvio Berlusconi parlò così, a Claudio Sabelli Fioretti: «Sono disgustato da questo tentativo di criminalizzare Berlusconi. Ma non sarò mai del partito dei miliardari». Ecco perché era un lottizzato di classe, perché non subì i suoi decenni ma li condizionò. Quando tutti, specialmente i comunisti, erano ostili a Enzo Tortora, il Tortora a cui Marco Pannella aveva teso la mano, fu Ghirelli a intervistarlo al Tg2, e per sei minuti, e nonostante la rabbia incontenibile del direttore generale democristiano Biagio Agnes.

Scrisse molti libri, di calcio, di politica, di storia e uno è rimasto impresso più di altri, Tiranni (Mondadori, 2002), nel quale ricostruì la personalità e il consenso dei grandi dittatori del secolo scorso, Stalin, Hitler, Mao, Pol Pot, fino a Mussolini a cui lui - una carriera nata sull’antifascismo - riconobbe una diversità che lo rendeva migliore, o meno peggiore, dei colleghi. Un lottizzato di classe perché diresse l’ Avanti! , il Tg2, ma anche il Corriere dello Sport eTuttosport , un eclettismo spettacolare, dalle traduzioni dei fumetti di Topolino a un demolitorio reportage dal Cile del 1962: «I taxi sono rari come i mariti fedeli. Un cablogramma per l’Europa costa un occhio della testa. Una lettera aerea impiega cinque giorni». I cileni si offesero a morte e dichiararono guerra alla nostra nazionale, che arrivò per i Mondiali di calcio e se ne andò molto presto, dopo aver perso due a zero coi padroni di casa sospinti dal pubblico e dall’arbitro. E le raccontava bene, queste cose, una a una, piano piano, con mezzo sorriso che non era di rimpianto, ma ironico, lontano, pacificato, com’è che alla fine dev’essere.

da - http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/448687/
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