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Autore Discussione: Francesco Pardi - Non l’antipolitica ma un’altra politica  (Letto 2882 volte)
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« inserito:: Settembre 16, 2007, 07:38:29 pm »

Non l’antipolitica ma un’altra politica

Francesco Pardi


A Bologna Piazza Maggiore è stata riempita e in un giorno solo sono state raccolte trecentomila firme per tre proposte di legge di iniziativa popolare: limite di due legislature per gli eletti in Parlamento, impossibilità di eleggere condannati, possibilità di scelta dei cittadini nella selezione delle candidature. Sono temi che attingono al patrimonio comune di una larga opinione pubblica. Ma si leggono meglio se ci si mette dal punto di vista dei tanti giovani che hanno animato l’iniziativa lanciata da Beppe Grillo.

Sono alla ricerca del lavoro, se lo trovano è precario, non possono progettare la loro vita. Dobbiamo giudicarli populisti e qualunquisti solo perché vogliono che quello del politico non sia il più redditizio e il meno rischioso dei mestieri? Sanno che se mai l’avranno la loro pensione sarà esigua e sottoposta ai capricci della finanza internazionale e dovrebbero approvare che meno di tre anni in Parlamento assicurino, a chi ha già avuto l’onore della rappresentanza politica, una lauta pensione a vita? Lottano con l’assicurazione del motorino, pagano cifre esose per stanze semiammobiliate e dovrebbero approvare i privilegi degli eletti che Salvi-Villone e Rizzo-Stella ci hanno illustrato nella loro vastità e nei particolari grotteschi?

Non possono, per rispetto di ordinanze comunali, bere la sera birra fuori dai locali ma dovrebbero essere indifferenti alle riverenze tributate ovunque, anche in salotti esclusivi, ad eletti condannati per mafia o agli specialisti del falso in bilancio? Non hanno potuto scegliere i loro candidati alle ultime elezioni ma siccome protestano contro un Parlamento nominato al 90 % prima del voto possono essere accusati di impersonare l’antipolitica?

E poi: si dovrebbe discettare sul linguaggio di Grillo e sulle sue supposte intemperanze quando non più di pochi giorni fa il capo della Lega, che siede in Parlamento, indicava come strumento di mediazione per ottenere il federalismo la possibilità di prendere il fucile?

Con la loro ruvida capacità di giudizio i lettori dell’Unità non si sono fatti abbindolare e hanno riconosciuto la natura popolare dell’evento. Se i tanti cittadini attivi nella mobilitazione dell’8 settembre sono distanti dalla politica così com’è, ciò non significa che essi impersonino l’antipolitica. L’hanno capito Rosy Bindi e Bertinotti. Vogliono un’altra politica.

E questa domanda non viene da un soprassalto qualunquistico. Tutti gli ultimi sei anni sono stati percorsi da un protagonismo civile senza precedenti. Numerosi movimenti si sono impegnati sul terreno della solidarietà sociale e delle disuguaglianze internazionali; i girotondi hanno svolto una serrata critica dell’anomalia italiana e delle insufficienze nell’opposizione di centrosinistra; le liste civiche di centrosinistra si sono misurate, spesso con risultati lusingheri, nella competizione politica in comuni e province. Si sono costituiti in forme variopinte nuovi modi di fare politica: per la salvaguardia assai più dei beni comuni che degli interessi personali.

Questo ciclo è culminato nel salvataggio della Costituzione contro i tentativi eversivi del centrodestra, e in questa opera si è anche segnalata una parte piccola ma importante dell’elettorato di centrodestra che ha rifiutato l’ordine dei propri partiti. Ma la politica ufficiale resta abbastanza insensibile alla pluralità di significati del protagonismo civile. Gli stessi disegni volti a rimodellare l’Unione rischiano di apparire poco chiari ai nuovi interlocutori appena apparsi sulla scena. Pochi giorni fa sull’Unità il segretario Ds di Treviglio li invitava a entrare in massa nel Partito Democratico e a spazzare via la casta dei dirigenti partitici. Ma, a processo già iniziato e con un sistema di voto piuttosto complicato, anche le primarie per la costituente del Pd rischiano di apparire solo come la prefigurazione della futura classe dirigente. E la Sinistra da unire può per ora offrire ai nuovi soggetti, nella migliore delle ipotesi, solo un coriaceo quadro di unione dei suoi gruppi dirigenti storici: qualcosa di ben diverso dall’aria nuova di cui c’è bisogno. I movimenti crescono e calano ma la politica ufficiale sbaglierebbe a contare sulla loro evanescenza: riappaiono sempre in forme nuove là dove nessuno li aspetta.

Possono apparire frammentati e occasionali ma in realtà sono l’espressione di un processo profondo che attraversa l’ultimo decennio: una massa crescente di cittadini tende a fidarsi sempre meno delle forme classiche della rappresentanza politica. E, come le ultime amministrative dimostrano, tende a votare sempre meno. Allora è più ragionevole contare sul suo abbandono definitivo - e quindi rischiare la probabile sconfitta nelle prossime elezioni - o augurarsi che sappia affrontare la dura responsabilità di costruire una propria nuova forma di rappresentanza politica? Liste civiche e girotondi danno appuntamento il 6 ottobre in piazza Farnese a Roma a tutti coloro che vogliono affrontare la difficoltà con proposte costruttive...


www.liberacittadinanza.it

Pubblicato il: 16.09.07
Modificato il: 16.09.07 alle ore 7.16   
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