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Autore Discussione: MINXIN PEI - E ora la Cina teme la piazza che protesta  (Letto 1694 volte)
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« inserito:: Febbraio 04, 2012, 10:39:02 pm »

Senza Frontiere

E ora la Cina teme la piazza che protesta

di Minxin Pei

Il Paese sembra stabile e prospero ma le agitazioni si moltiplicano.

E il governo spende più per la sicurezza interna che per la difesa. Perché il regime ha paura di essere spodestato

(12 gennaio 2012)

I leader cinesi sono noti per la loro paranoia politica. Pur avendo il pieno controllo delle forze militari e della sicurezza interna più numerose del mondo, il Partito comunista cinese vive nella paura continua di essere rovesciato. Recentemente quindi, reagendo a una serie di segnali indicativi di un rallentamento economico, il responsabile della sicurezza interna del governo cinese ha fatto sapere pubblicamente che il paese sta entrando in un periodo di instabilità eccezionale.

Quasi a voler confermare le paure di tumulti sociali del partito, nel sud della Cina, è stata inscenata una delle più grandi proteste pubbliche mai registrate nel Paese. A scatenare la rabbia dei circa 13 mila abitanti dei villaggi sono state le confische illegittime delle terre e la morte di uno dei loro leader per mano della polizia locale. Le autorità non hanno fatto in tempo a calmare l'agitazione che già sono state costrette a spedire migliaia di uomini dei reparti antisommossa in una cittadina vicina, dove più di 20 mila persone erano scese in piazza per chiedere la chiusura di una fabbrica alimentata a carbone, che ha inquinato il locale stabilimento peschereccio.

Vista dall'esterno, la Cina offre un'immagine di prosperità e stabilità, mentre all'interno si assiste quotidianamente a proteste come quelle descritte sopra. Anche se Pechino ha smesso di rilasciare le cifre ufficiali, il numero degli episodi di protesta collettiva è stato stimato, in base ai rapporti interni e alle valutazioni degli accademici, in circa 100 mila l'anno o quasi 300 al giorno. Le agitazioni sono motivate innanzitutto dalla corruzione nel settore pubblico e dagli abusi di potere da parte dei funzionari di governo. Nelle zone rurali, la causa principale delle proteste di massa sono le requisizioni illegittime dei terreni coltivabili ceduti ai contadini. Secondo la legge cinese, i contadini dispongono della terra per trent'anni, ma sempre più spesso accade che i funzionari locali decidano di rientrarne in possesso per cederle a costruttori dai quali ricevono immediati profitti extra, una buona parte dei quali finisce direttamente nelle loro tasche. Lasciati senza terra, i contadini cinesi perdono la loro unica fonte di reddito e non resta loro altro che protestare.

L'inquinamento ambientale è diventato anch'esso una forte causa di scontento sociale. Poiché i funzionari sono premiati quando attraggono l'insediamento di nuove fabbriche, ma non sono puniti se l'ambiente è contaminato, negli ultimi vent'anni, la maggior parte dei governi locali in Cina ha ignorato il benessere dei cittadini dal punto di vista ambientale. Il degrado ambientale, però, ora non mette solo a rischio la salute dei cittadini, ma anche le loro fonti di reddito. Secondo rapporti ufficiali resi pubblici, in Cina, il 10 per cento delle terre coltivabili e almeno due terzi dei fiumi sono seriamente inquinati con metalli pesanti. Il ministero per la Protezione ambientale cinese ammette apertamente che gli episodi di ribellione, che si moltiplicano di anno in anno, sono motivati principalmente da problemi d'inquinamento ambientale. Anche se le proteste, per quanto numerose e di massa, non sono ancora confluite in un unico movimento anti-regime forte e organizzato, per i dirigenti esse rappresentano una minaccia al potere del Partito comunista, se non altro perché il governo è costretto a dirottare ingenti risorse e uomini per preservare l'ordine ed evitare che gli incidenti sfuggano al controllo.

Secondo i dati ufficiali, la spesa per la sicurezza interna ha già superato il bilancio per la difesa della nazione. Le agitazioni sociali stanno anche letteralmente indebolendo il regime, perché già il mero verificarsi di centinaia di episodi gravi di protesta e di rivolta ogni giorno mina la legittimità del partito. In passato, questo tipo d'incidenti, avvenendo in zone remote del Paese, potevano essere tenuti nascosti all'occhio del pubblico. Oggi, invece, la rivoluzione nell'informazione - microblog, cellulari e Internet - ha dotato i cittadini di strumenti potenti e messo a nudo la corruzione e l'incompetenza del partito. Di fronte a prospettive di crescita limitate e con la possibilità di tumulti all'orizzonte, non serve che i leader cinesi siano paranoici perché il loro stesso popolo faccia loro paura.

traduzione di Guiomar Parada

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