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Autore Discussione: STEFANO PASSIGLI. Referendum, serve un monito della Corte  (Letto 2195 volte)
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« inserito:: Gennaio 10, 2012, 10:20:57 am »

10/1/2012

Referendum, serve un monito della Corte

STEFANO PASSIGLI

Caro direttore, tra breve la Corte Costituzionale si pronuncerà sui quesiti referendari. E’ perciò opportuno esaminarne i possibili esiti e le loro conseguenze sul nostro sistema politico.

Una prima ipotesi è che la Corte, rovesciando la propria consolidata giurisprudenza - che ha sempre negato che l’abrogazione in via referendaria di una legge possa far «rivivere» le norme che quella legge aveva cancellato - dichiari l’ammissibilità dei quesiti. Il conseguente possibile ritorno al Mattarellum non risponderebbe tuttavia alla principale richiesta di quanti - e sono la stragrande maggioranza - hanno firmato il referendum non per far ritorno ad un sistema che, pur garantendo l’alternanza, non ha prodotto maggioranze di governo coese ed efficienti, ma per riappropriarsi del diritto di scegliere i propri rappresentanti. E’ infatti indubbio che nei collegi a turno unico del Mattarellum i candidati sono scelti dai partiti, spesso senza alcun riferimento al territorio, e al contrario che nel doppio turno senza alcun ruolo effettivo dei cittadini che si limitano a votare un candidato senza possibilità di scelta, così come avviene con le attuali liste bloccate. Si aggiunga che l’indizione del referendum costituirebbe un’obiettiva minaccia alla stabilità del governo Monti, e un’occasione per quanti si propongono di limitarne l’operato alle misure finanziarie più indispensabili, ponendo fine alla sua esperienza prima possibile e comunque prima che esso possa condurre in porto liberalizzazioni e riforma del lavoro. Un giudizio positivo della Corte non risolverebbe, insomma, il problema di dar vita ad una legge elettorale che garantisca al tempo stesso il ripristino di un’effettiva rappresentanza e coalizioni di governo stabili ed efficaci, ponendo invece a rischio gli obbiettivi di risanamento perseguiti dal Governo.

Una seconda ipotesi è che la Corte dichiari l’inammissibilità dei quesiti, mantenendo fede alla propria giurisprudenza e rigettando le pressioni che le vengono fatte dai referendari. Per effetto di una tale pronuncia il Porcellum rimarrebbe in vigore, con i suoi due principali difetti: premio di maggioranza e liste bloccate. Ma la bocciatura dei quesiti rafforzerebbe la richiesta popolare per una modifica in Parlamento dell’attuale legge, aprendo così la via ad una disciplina priva dei difetti comuni a Mattarellum e Porcellum. Paradossalmente infatti - ed è questa la principale debolezza del referendum - entrambe le leggi condividono i difetti che dal 1994 ad oggi hanno pregiudicato il funzionamento delle nostre istituzioni: eccessiva frammentazione partitica e coalizioni disomogenee e litigiose, con il risultato di un’azione di governo prevalentemente paralizzata ed inefficace. Esaminiamo meglio questo punto: nel maggioritario a turno unico del Mattarellum i collegi sono vinti o persi anche per un solo voto, e con il premio di maggioranza del Porcellum poche migliaia di voti possono dare ad una minoranza la maggioranza assoluta dei seggi. Ne consegue che i maggiori partiti siano obbligati a coalizzarsi con qualsiasi piccolo gruppo che possa portare i voti decisivi, e che forze marginali anche estreme acquistino, come dimostra l’esperienza dei governi Prodi e Berlusconi, un fortissimo potere di ricatto, negando quella logica maggioritaria e bipolare che Mattarellum e Porcellum volevano garantire. Come superare questa impasse? Il precedente del 1993 insegna che in caso di responso positivo della Corte sarebbe quasi impossibile per il Parlamento intervenire a modificare il Mattarellum. Un responso positivo, insomma, fermerebbe un processo di reale cambiamento della legge elettorale e delle attuali modalità di selezione della classe politica, mentre da un giudizio di non ammissibilità e dalle reazioni dell’opinione pubblica discenderebbe un obbligo per i partiti di modificare il Porcellum ridando ai cittadini il ruolo ora loro sottratto.

L’alto costo presso l’opinione pubblica di una pronuncia negativa della Corte potrebbe essere mitigato da una terza auspicabile soluzione. E’ infatti ipotizzabile che la Corte, pur non ammettendo i quesiti, indichi al Parlamento la necessità di emendare il Porcellum dei suoi aspetti maggiormente a rischio di incostituzionalità, tra cui in primo luogo l’abnorme premio di maggioranza che consente anche ad un partito che abbia solo il 30-35% del voti di conseguire la maggioranza assoluta dei seggi, e il conseguente controllo non solo del Governo ma anche di tutte le magistrature di garanzia. In altre parole, la Corte - non potendo sollevare dinanzi a se stessa un giudizio di costituzionalità sulla legge, pena il delegittimare Parlamento e Governo - potrebbe con un formale monito indicare alle Camere le modifiche da apportare al Porcellum.

Questa è forse la sola soluzione che spingerebbe i partiti che sostengono il Governo a ricercare fattivamente una nuova legge elettorale, dando al tempo stesso stabilità e forza all’Esecutivo. In tutta Europa la competizione bipolare e la democrazia dell’alternanza sono assicurate sia da leggi maggioritarie a doppio turno che da leggi proporzionali corrette da soglie di sbarramento e clausole costituzionali. Guardiamo dunque a Francia o Germania e lasciamoci alle spalle Mattarellum e Porcellum. E’ auspicabile che il giudizio della Corte lo consenta.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9631
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