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Autore Discussione: MALCOLM FRASER Le condizioni per mantenere la pace nel Pacifico  (Letto 1719 volte)
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« inserito:: Dicembre 20, 2011, 06:44:01 pm »

20/12/2011

Le condizioni per mantenere la pace nel Pacifico

MALCOLM FRASER*

Il Pacifico occidentale sta affrontando un problema difficile: conciliare le crescenti aspirazioni della Cina in una regione dove gli Stati Uniti hanno mantenuto il primato dalla fine della Guerra Fredda. Gli Usa sono intenzionati a mantenere il dominio nella regione? O sono disposti a operare attraverso i forum multilaterali per reimpostare le regole? La decisione sarà determinante per capire se la pace continuerà a regnare nel Pacifico.

E’ difficile interpretare lo stanziamento di 2500 marines americani a Darwin, Australia una decisione annunciata dal presidente Obama nel suo recente tour in Asia - come qualcosa di più di un gesto simbolico, un richiamo provocatorio alla determinazione degli Stati Uniti di rimanere nella regione. Gli obiettivi di Washington, tuttavia, rimangono poco chiari.

Dall’altra parte della regione Asia-Pacifico, l’ascesa della Cina è vista come positiva, ma tale da richiedere che Pechino operi nell’ambito di regole condivise a livello internazionale. Cosa che, naturalmente, dovrebbe valere per tutti. Ma le tensioni saranno inevitabili se la Cina non partecipa alla creazione di queste regole.

È difficile prevedere come si evolverà il ruolo dell’America nella regione. In ogni caso, i cinesi risponderanno duramente agli sforzi degli Stati Uniti per rafforzare la propria presenza militare nella regione. Contenere la Cina non è la risposta alle domande di sicurezza dell’Asia.

La penisola coreana, Taiwan e le isole del Mar Cinese Meridionale e le rotte marittime sono tutti temi del potenziale contenzioso tra Stati Uniti e Cina. Ma, anche se queste questioni sono importanti, entrambe le parti dovrebbero proseguire gli sforzi diplomatici per minimizzare la rivalità sino-americana su di esse e quindi evitare di imbarcarsi in una nuova Guerra Fredda.

Nelle condizioni attuali, rispondere alla crescita della Cina con la forza militare sarebbe malvisto. La Cina sta modernizzando il suo esercito e si propone di diventare una potenza marittima di peso, spingendo molti osservatori della Cina a chiedere maggiore trasparenza. Ma è dubbio che gli Stati Uniti offrano alla Cina molta trasparenza sulle proprie capacità militari. Per mettere la questione in prospettiva, il bilancio della Difesa degli Stati Uniti rappresenta il 43% di tutte le spese militari in tutto il mondo, mentre la spesa della Cina rappresenta poco più del 7%.

Nessun Paese parlerà mai apertamente della sua capacità militare in modo meno che generico. Troppi osservatori dimenticano che la forza nucleare della Cina è solo un deterrente: di gran lunga troppo piccola per essere una forza di attacco preventivo. E la Cina è tra i primi Paesi disposti a impegnarsi a non fare uso dell’arma nucleare, in condizioni di reciprocità con le altre potenze nucleari.

La Cina non ha dimostrato alcun interesse a emulare le potenze imperialistiche europee del XIX secolo o gli sforzi imperialistici del Giappone nella prima metà del ventesimo secolo. La storia della Cina ignora l’ansia per tali ambizioni. I cinesi ricordano fin troppo dolorosamente i trattati ineguali imposti dalle potenze occidentali alla Cina e al Giappone nel XIX secolo e all’inizio del ventesimo. Un’alleanza tra Usa, Giappone, Australia, ed eventualmente India, progettata per contenere la Cina, sarebbe accolta dai cinesi con quella storia bene in mente.

E’ molto probabile che la Cina consideri l’accordo di cooperazione recentemente annunciato dai ministri della Difesa giapponese e indiano come una risposta alle pressioni americane. I suoi leader suggeriranno di nuovo che è in atto una politica di contenimento e che questa concezione strategica della Guerra Fredda è nemica dello sviluppo senza conflitto nel Pacifico occidentale.

Lo sfondo storico è importante, ma la posizione strategica dell’Occidente dipende dalle azioni odierne. Per esempio, la Cina ha cooperato - forse non abbastanza - per i problemi suscitati dalla Corea del Nord. Per ridurre le tensioni nella regione forse gli Stati Uniti dovrebbero iniziare gli a lungo evitati colloqui diretti con la Corea del Nord, che potrebbero contribuire a risolvere i problemi di sicurezza posti dal regime di quel Paese.

E’ il concetto di soft power formulato dal filosofo della diplomazia politica Joseph Nye: la diplomazia, non la forza delle armi, è il modo migliore per perseguire questi obiettivi. Naturalmente, la diplomazia deve essere sostenuta dalla forza, ma gli Stati Uniti ne hanno più che a sufficienza, senza militarizzare la regione Asia-Pacifico più di quanto già non lo sia. La risoluzione pacifica di questi conflitti richiede che si dia alla Cina un ruolo nel processo decisionale e questo implica che entrambi gli sfidanti rinuncino a qualsiasi desiderio di primato regionale.

Durante i primi tempi della crisi dello Stretto di Taiwan nel 1954, la Cina iniziò a bombardare oltreconfine le isole Quemoy e Matsu, minacciando di «liberare» Taiwan. Mentre gli Stati Uniti contemplavano la possibilità di un attacco nucleare contro la Cina, il primo ministro australiano Robert Menzies disse tranquillamente al presidente americano Dwight Eisenhower: «Se c’è una guerra per Taiwan, è affar vostro e non nostro». Menzies aveva ragione. Aveva capito la distinzione tra gli obiettivi degli Stati Uniti e gli interessi nazionali dell’Australia.

Gli Stati Uniti non schiereranno mai di nuovo un grande esercito di terra sul continente asiatico. Le guerre non possono essere vinte solo dal cielo e gli Stati Uniti non daranno il via a una sfida nucleare. Lo stanziamento di marines Usa nel Nord dell’Australia appare dunque inutile: queste truppe non hanno alcuna ragione plausibile di essere lì. Inoltre, hanno inutilmente diviso l’opinione pubblica australiana sul tema fondamentale della sicurezza del Paese. Oggi l’Asia presenta una serie completamente nuova e unica di circostanze. I dilemmi derivanti da tali circostanze richiedono nuove soluzioni, non concetti obsoleti da Guerra Fredda.

*ex primo ministro australiano

Copyright: Project Syndicate, 2011. www.project-syndicate.org

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9564
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