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Autore Discussione: FRANCESCO BONAMI DOPO LE TENSIONI CON IL SINDACO PISAPIA ...  (Letto 2042 volte)
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« inserito:: Novembre 29, 2011, 04:05:38 pm »

29/11/2011 - IL CASO MILANO: DOPO LE TENSIONI CON IL SINDACO PISAPIA, L'ASSESSORE RIMETTE LE DELEGHE

Un'idea di museo e le nuove forme della cultura

FRANCESCO BONAMI

La cultura fa parte dell’arte contemporanea o è il contrario, l’arte contemporanea fa parte della cultura? Una domanda d’obbligo nel recentissimo dibattito che ha agitato la giunta settimina del sindaco di Milano Pisapia. Non posso entrare nel merito di una discussione, quella fra il primo cittadino milanese e il suo assessore alla Cultura Stefano Boeri, della quale non conosco i dettagli ma più che altro non mi compete. Ma avendo Boeri chiesto il mio aiuto per costruire la direzione artistica dell’arte contemporanea a Milano mi sembra opportuno provare a chiarire un equivoco che può aver creato un inutile conflitto.

Da tempo mi chiedo se siamo arrivati ad un punto della nostra cultura nel quale la definizione «arte contemporanea» sia diventata obsoleta. Se così è anche l’idea, usata, studiata ed abusata di un museo dedicato all’arte contemporanea non ha più molta ragione di esistere. Se visitiamo le grandi mostre, dalla Biennale di Venezia, a Documenta, alla Biennale di Istanbul o quella di Kwanju in Corea ci rendiamo conto che almeno un 40% di quello che vediamo non è più arte, nel senso canonico del termine, ma antropologia artistica, sociologia creativa, diplomazia estetica, politica culturale, giornalismo d’autore etc. etc. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che un museo di arte contemporanea o un «Hub» della contemporaneità, come lo aveva definito Boeri nella conferenza stampa incriminata che ha incrinato i rapporti fra l’assessore ed il suo primo referente, Pisapia, non si può più limitare a quell’idea di arte contemporanea come l’abbiamo avuta fino a poco tempo fa.

Un’istituzione museale che voglia veramente essere punto di riferimento per la società del nostro tempo e per quella che si sta formando deve necessariamente mettere da parte i limiti che l’idea di arte contemporanea impone. Non è più possibile quindi parlare di «Museo di Arte Contemporanea» ma si deve parlare di «Museo della cultura contemporanea». Questa nuova definizione o destinazione d’uso del museo, dedicato alla creazione e alla documentazione contemporanea, non è un problema di Milano ma del mondo intero. Tuttavia all’interno di questa nuova realtà urbana ed architettonica, destinata a scoprire, analizzare, mostrare e presentare le moltissime forme che nascono dalla nostra cultura contemporanea, non possiamo nemmeno fermarci davanti ad una definizione di cultura intesa, anche questa in modo un po’ obsoleto e forse anche un po’ tardo primomondista, come unica manifestazione d’identità etnica o sociale che sia.

Così come non possiamo limitarci più alla promozione dell’arte contemporanea, diventata oggi solo uno dei tanti strumenti con i quali i soggetti della nostra sempre più estesa «famiglia umana» comunicano fra loro. Con questa idea in testa si potrebbe anche immaginare un’Italia dove finalmente politica e cultura ritornano a fare sia il proprio dovere che il proprio mestiere, avendo come obiettivo comune, ultimo, e superiore quello di allargare sempre di più il dialogo e lo scambio di idee fra la gente, categoria della quale, fino a prova contraria, facciamo parte anche noi, curatori, assessori e sindaci.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9493
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