Responsabilità e programma riformista: la difficile scommessa del Pd
di Emilia Patta
13 novembre 2011
«Prima di tutto l'Italia». Pier Luigi Bersani si accinge così a sostenere il governo Monti nelle scelte impopolari che dovrà prendere per traghettare il Paese fuori dalla crisi economica e dalla tempesta dei mercati. Anche se è prematuro dichiararlo apertamente ora, i vertici del partito sanno che si dovrà discutere anche di anzianità e licenziamenti.
C'è la consapevolezza che, arrivati a questo punto, ci sono pochi margini di trattativa sui famosi punti della lettera della Ue.
E a fronte di qualche sacrificio su pensioni e lavoro, si punta su alcune misure più colorate a sinistra come la patrimoniale, non a caso chiesta a gran voce anche da Idv e Sel.
Per i democratici è dunque passaggio difficile e irto di incongite. Rinunciando a una facile vittoria elettorale e rischiando anche personalmente – più passerà il tempo più la premiership di Bersani alle prossime elezioni politiche sarà in discussione – il leader del Pd punta tutto sulla responsabilità nell'ora grave per il Paese e su un programma di governo che, sia pure con qualche misura impopolare, abbia uno stampo schiettamente riformista. Dal taglio dei costi della politica alle liberalizzazioni a un fisco più equo. Sperando che l'elettorato di riferimento sappia comprendere e metabolizzare.
Una scommessa sul futuro, quella di Bersani e dell'attuale vertice del Pd, anche sul fronte delle future alleanze. Il fatto di aver convinto Di Pietro e Vendola ad appoggiare per senso di responsabilità il governo Monti è sicuramente un successo da ascrivere a Bersani: non avere antagonisti a sinistra pronti a raccogliere il malcontento sociale è fondamentale in questa fase. Ma il sogno (dalemiano, ma ascrivibile anche a Bersani) di un'alleanza stabile con il Terzo polo rischia di infrangersi sulle macerie del berlusconismo.
Il collante anti-Cavaliere è venuto meno, e l'Udc si muove in un campo in cui – assente il Cavaliere – gli può essere più congeniale e conveniente rientrare nell'alveo di un centro-destra rinnovato. Lasciando il Pd alla "foto di Vasto". Questi gli scenari futuri. Ma già domani, con l'insediamento del nuovo governo, è tutto un altro giorno per il vecchio Pd. Non ha tutti i torti Enrico Letta, una delle "punte" riformiste più avanzate del Pd, a paragonare questo 12 dicembre al 9 novembre dell'89, il giorno della caduta del muro di Berlino: «Il cambiamento della politica sarà tale che noi non ne vediamo ancora i contorni».
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