LA-U dell'OLIVO
Novembre 02, 2024, 07:20:13 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Alan GREENSPAN: "L'Italia si salverà se adotta misure fiscali molto pesanti"  (Letto 2399 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Novembre 11, 2011, 04:49:51 pm »

Economia

11/11/2011 - COLLOQUIO

Alan Greenspan: "L'Italia si salverà se adotta misure fiscali molto pesanti"

Alan Greenspan per 18 anni ha guidato la Federal Reserve ed è stato criticato perchè non seppe prevedere il ciclone dei subprime

L'ex capo della Federal Reserve: "Sarà dura. Sapete cosa fare, ma troverete i voti per farlo?"

PAOLO MASTROLILLI

Bob Woodward lo chiamava il Maestro, durante i 19 anni in cui ha regnato sulla Federal Reserve. Alan Greenspan continua a lavorare a tempo pieno con la sua compagnia di consulenza Greenspan Associates. E’ il caso di ascoltarlo, quindi, quando avvisa l’Italia: «Vi aspetta un lavoro molto difficile. Per troppi anni avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità, senza accorgervi che il mondo cambiava.
Ora, per venirne fuori, dovete prendere pesanti misure fiscali che avreste dovuto adottare 10 anni fa. Il problema è che in democrazia non basta sapere cosa è necessario fare: bisogna avere i voti per farlo».

La giornata di Greenspan è cominciata molto presto ieri. Alle otto e mezza di mattina era già nelle sale del Council on Foreign Relations, per parlare con Sebastian Mallaby della crisi del debito. Davanti a lui il gotha della finanza newyorchese, che per due decenni lo aveva venerato come il proprio figlio prediletto, ma poi lo ha criticato, perché non si era accorto in tempo della bolla dei mutui subprime.

Il Maestro attacca spiegando perché la crisi questa volta è diversa da tutte le altre: «Per anni abbiamo tutti accumulato debiti.
Il problema è cominciato quando abbiamo introdotto il concetto di “too big to fail”, troppo grande per fallire, e sono iniziati i bail out in favore del settore privato finanziati con il denaro pubblico. Il debito aggregato è diventato confuso: cosa doveva lo Stato e cosa i privati? I mercati temono questa incertezza, e i rischi inerenti all’idea che gli stati devono intervenire in maniera illimitata per salvare tutti. Servirebbe un riallineamento: il fallimento di due o tre grandi istituzioni farebbe capire che facciamo sul serio».

In sostanza nessun rimpianto per Lehman Brothers. Anzi. Questo però pone il problema di cosa fare ora con gli stati che rischiano di fallire, come l’Italia. La Banca centrale europea si trova davanti ad un dilemma: stampare soldi e salvare Roma a qualunque costo, oppure accettare i rischi del default? «Questa discussione origina negli Stati Uniti. L’Italia, però, è una cosa diversa. Tanto per cominciare, la Bce è l’unica istituzione che può gestire un meccanismo per il bail out, perché il Fondo di stabilità europeo è solo un intermediario. Solo la banca centrale può creare moneta, ma lo statuto dice che non può. Ma il Patto di stabilità, quando è stato creato, vietava tante altre cose che poi sono state fatte. Non possiamo dimenticare che i primi a violare i parametri di rapporto tra pil e debito sono stati proprio la Francia e la Germania. Quando questo avvenne, le penalità non furono applicate. Perciò io mi preoccupai, e giustamente, di cosa sarebbe diventato il sistema dell’euro».

Il funzionamento auspicato, era che «con l’euro gli italiani avrebbero cominciato a comportarsi come i tedeschi. Prima del 1999 i paesi deboli svalutavano la moneta per restare competitivi: dopo avrebbero dovuto cambiare. Ma non è mai successo. Si è creata una spaccatura tra il nord virtuoso dell’Europa, e il sud che continuava a spendere, con la Francia nel mezzo, ma più incline alle politiche del “Club Med”. Questo è il motivo per cui l’euro non funziona. E ora i mercati, attraverso l’allargamento dello spread, stanno dicendo che alcuni paesi non sono più competitivi». L’opinione pubblica tedesca, comprensibilmente, sarebbe portata a scaricare i pesi e lasciare che il “Club Med” faccia la fine che merita.

Secondo Greenspan, però, non sarebbe saggio: «In questo momento il cambio del “marco ombra” è molto più alto di quello dell’euro. La moneta unica ha favorito le esportazioni e la crescita dell’intera economia tedesca. Tornare indietro provocherebbe un duro contraccolpo in Germania, costerebbe caro anche sul piano dell’occupazione. La cancelliera Merkel dovrebbe spiegare questo ai suoi cittadini: salvando il “Club Med” non regaliamo soldi, ma paghiamo il costo del sistema che ha favorito la nostra crescita».

Sono argomenti sostenuti anche dal governo Usa, per ragioni che Greenspan spiega in chiaro: «Il problema più grande per la ripresa americana è l’Europa. Ogni mattina mi sveglio, e guardando all’altra sponda dell’Atlantico posso prevedere cosa accadrà poche ore dopo a Wall Street. I nostri fondamentali sono buoni, la produttività anche. Quando si solleveranno le nubi dall’Europa ripartiremo, a patto che l’amministrazione Obama continui a fare ciò che sta facendo ora: nulla».

Ma cosa dovrebbe fare l’Italia per aiutare a sollevare le nubi: «Per troppi anni avete vissuto a livelli che non vi potevate permettere. Andava bene fino a qualche anno fa, perché c’erano scappatoie e i mercati vi perdonavano. Ma nel frattempo il mondo è cambiato e l’Italia no». Quando gli chiediamo se possiamo cavarcela, la faccia del Maestro assume quasi un’espressione di compatimento: «E’ dura. Quello che dovete fare è chiaro, ma il governo avrà i voti per farlo?».

da - http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/429301/
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!