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Autore Discussione: HUGO DIXON. Atene e Roma i due tramonti  (Letto 2169 volte)
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« inserito:: Novembre 07, 2011, 11:02:14 pm »

7/11/2011

Atene e Roma i due tramonti

HUGO DIXON

Caos, crisi, dramma sono tutte parole greche. Come catarsi. L’Europa è in bilico tra caos e catarsi, nel momento in cui la crisi politica ad Atene e Roma ha raggiunto il suo punto critico. Una via porta alla distruzione, l’altra alla rinascita. Nonostante ci siano segnali di speranza, ancora pochi passi falsi condurranno nell’abisso.

I drammi in due delle culle della civiltà europea sono simili e, in maniera bizzarra, legati. La decisione di Georges Papandreou, la scorsa settimana, di indire un referendum sull’ultimo pacchetto di misure per salvare il Paese ha dato il via a una reazione a catena che sta portando alla caduta non solo del suo governo ma anche a quella dell’esecutivo di Silvio Berlusconi.

Il folle piano per un referendum, che adesso è stato ritirato, ha scioccato a tal punto la Germania di Angela Merkel e la Francia di Nicolas Sarkozy che hanno minacciato di ritirare gli aiuti finanziari alla Grecia a meno che non avesse ritrovato credibilità, una mossa che l’avrebbe portata fuori dall’euro. Ma era probabilmente una vuota minaccia, almeno a breve termine, perché Atene è legata a Roma. Se la Grecia è spinta ai margini, anche l’Italia potrebbe essere trascinata con essa e l’intera moneta unica collasserebbe. Così, ironicamente, Atene viene salvata dalle conseguenze immediate del suo cattivo comportamento dalla paura di un ben più grande disastro al di là del mar Ionio.

I tassi di interesse sui titoli italiani, che erano già pericolosamente alti, sono schizzati dopo il pasticcio del referendum greco. Berlusconi è stato costretto a far tranquillizzare Merkel e Sarkozy al G20 di Cannes accettando di porre il voto di fiducia sul suo scialbo programma di riforme, e il monitoraggio da parte dell’Fmi. L’umiliazione a Cannes, dove il ministro delle Finanze Giulio Tremonti ha apposta evitato di appoggiarlo, potrebbe essere l’ultimo chiodo sulla bara del governo Berlusconi. La fine dell’era Papandreou e Berlusconi dovrebbe essere, in teoria, motivo di gioia. Benché il comportamento del premier italiano sia stato scandaloso, mentre non lo è stato quello del greco, entrambi hanno condotto i loro Paesi a un indebitamento più profondo. E sono tutte e due membri di caste politiche che hanno indebolito le loro nazioni per molti anni. Liberarsi di loro potrebbe essere l’inizio di un processo di rinnovamento.

L’intoppo è che non è certo che quello che verrà dopo sarà meglio. In tutte e due i Paesi, dove ho passato gran parte delle ultime due settimane, la soluzione migliore sarebbe un governo di unità nazionale con lo scopo di sradicare la corruzione e tagliare il troppo generoso welfare state. Potrebbe accadere sia prima che dopo elezioni anticipate. Sfortunatamente, le vecchie caste politiche sono dure a morire. Potrebbero stare lì a battibeccare su chi soffre di più e chi deve avere l’incarico finché avranno gli occhi fissi nell’abisso, o ci saranno caduti dentro.

Molti nel resto dell’Europa, nel frattempo, sarebbero tentati di spingerli giù dal bordo, se fossero abbastanza forti da reggere l’impatto. Ma Merkel, Sarkozy e tutti gli altri sono stati criminali nella loro mancanza di preparazione. Il cosiddetto piano approvato al vertice del 26 ottobre è stato un altro caso di troppo poco, troppo tardi. Non solo il piano per ricapitalizzare le banche era la metà di quello necessario ma è stato stoltamente rimandato fino al prossimo giugno, mentre lo schema per applicare una leva finanziaria alla rete di sicurezza regionale, l’European Financial Stability Facility (Efsf), è pieno di buchi. E’ apparso chiaro a Cannes, quando Merkel ha ammesso che poche altre nazioni del G20 erano pronte a investire in esso.

Per l’intera Europa adesso è una corsa contro il tempo. I greci debbono ritrovare l’efficacia nelle loro azioni prima che il resto dell’Ue li tagli fuori. Gli italiani debbono ricostruire la loro credibilità prima di essere risucchiati in un vortice dal quale non potranno uscire. E gli altri hanno bisogno di mettere in campo un piano d’emergenza veramente efficace nel caso Atene e Roma continuino a deluderli. Se tutti cominciano a correre molto velocemente, il weekend appena passato potrebbe essere l’inizio della catarsi. Se no, il caos busserà alla porta.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9407
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