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Autore Discussione: Il club degli Uomini Doc  (Letto 2680 volte)
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« inserito:: Settembre 12, 2007, 06:52:27 pm »

 Società

Il club degli Uomini Doc
di Veronica Salaroli

Comandano. Inventano il futuro.

E non sanno cosa sia la mezza età.

Giovani per sempre. E sempre protagonisti. Come Bono o Sarkozy


Sono 60 secondi folgoranti. C'è un signore pensoso e triste accasciato su un lettino. Accanto a lui, il dottore ascolta annuendo il paziente che elenca: progetti andati in fumo, nostalgie, rimpianti. Fra poco avrà cinquant'anni, e di fronte a sé niente altro che il buio. Siamo sul sito della clinica The Retreat (il ritiro) e la malinconia cresce. Quasi non si riesce ad ascoltare il lamento del presto-cinquantenne che non riesce più a infilare i suoi gloriosi pantaloni di pelle nera e ci si commuove di fronte al suo coetaneo che sibila: "Ho dovuto mettere i miei rollerblades su eBay".

Ma è solo una pubblicità, l'ultima scherzosa trovata made in Uk per spingere i consumatori che rientrano nel target 45-54 anni a lasciarsi tentare da un'automobile 'sobria e solida'. Un po' come dovrebbe essere quell'età lì. Che fluttua sospesa: fra vita adulta e vecchiaia. Ma se la parodia dello spot finisce in gloria, con il signore maturo che si allontana a bordo dell'auto che fa per lui, non è altrettanto facile definire in modo certo quando arriva il momento di sentirsi 'grandi'. Più che adulti: diversi. E soprattutto non è facile stabilire come.

Provate a dire a Monsieur Sarkozy, oggi maschio dominante del foltissimo gruppo di cinquantenni alla ribalta, che dovrebbe radersi anche quando va in vacanza, lasciare nel cassetto i Ray-Ban a specchio, non mettersi in posa a torso nudo ammiccando al fotografo. Almeno per non rischiare di essere assimilato al macho Putin, che in pantaloni cargo esibisce con fierezza addominali da palestra e sembra pronto per la prossima edizione del 'Grande Fratello'.

Le cronache politico-mondane traboccano di spunti per chi va a caccia di uomini di potere che scardinano regole di comportamento associate alla mezza età. I giornali rincorrono le notizie: Zapatero si presenta a un importante meeting senza cravatta? I commenti piovono velenosi. E Steve Jobs, mon poteva rinunciare alle sneaker almeno all'assemblea degli azionisti? Perché questi signori non si comportano come maturi padri di famiglia e d'azienda e lasciano a casa i colori sgargianti e i jeans? Ma, soprattutto, perché ci irritano?

Oliviero Toscani, più che sessantenne, è appena sceso da cavallo quando la nostra domanda lo raggiunge. "Sapete perché questa generazione non invecchia? Perché è quella che ha inventato 'i giovani'. I giovani erano e sono ancora loro. Prima degli anni Settanta si passava dal mondo dell'adolescenza all'età adulta, si cercava di sembrare al più presto maturi: per poter essere ascoltati. Poi sono arrivati loro e si sono presi tutto: hanno inventato il presente, scalzando quelli che allora erano vecchi. E si sono insediati dappertutto. Allora, non ha senso pensare che un dato anagrafico ci faccia cambiare. Perché dovremmo smettere di indossare i jeans? Li abbiamo inventati noi. Mick Jagger vi sembra ridicolo?". Piuttosto, prosegue il creativo, sono molti gli uomini anagraficamente più giovani che sembrano vecchietti ingrigiti precocemente. E se la giovinezza non fosse un dato anagrafico, ma culturale? "Io credo che molti trentenni di oggi vivranno tutta una vita da pensionati, mentre molti cinquanta-sessantenni non invecchieranno mai. E mai cambieranno il loro modo di vivere, di vestirsi, di giocare, di creare".

Insomma, una generazione che perpetua il proprio presente. Lo farà finché non arriverà qualcosa di travolgente a scalzarla? Renato Mannheimer, sociologo, aggiunge un dato a questa nuova fenomenologia della mezza età 'fantasma': "Non solo la vita media oggi è più lunga", dice, "e questo sposta in avanti tutti i passaggi da un'età all'altra, ma la vita professionale degli uomini (e delle donne) di cui stiamo parlando è iniziata più tardi e, tendenzialmente, non avrà fine. Chi non ha problemi di salute non vuole smettere di lavorare, piuttosto modifica il modo in cui lo fa (e in meglio), ma certo non molla. Del resto mi sembra che i cinquantenni non se la cavino male, no? Fanno cose buone".

Cose buone e idee vincenti. Perfino rivoluzionarie. Sono ancora loro ad averle. Perché sarà anche vero che le grandi compagnie che si vendono e si comprano sul Web sono state create da under 30 come Larry Page e Sergey Brin, i genitori di Google, ma il modo per creare connessioni fra le pagine, il protocollo del famoso Web 2.0, è invenzione di Tim Berners Lee, che ha 52 anni. E l'oggetto che ha scatenato l'ultima folle corsa all'acquisto si chiama iPhone, e il suo papà, Steve Jobs, ha superato i 50 e continua a girare il mondo in jeans e scarpe da corsa. E mentre l'ex U2 Bono è oggi forse la voce più autorevole della galassia no global, tornando a Sarkozy, la composizione bipartisan del suo governo è senz'altro la novità politica più interessante oggi in Europa. Cosa assai più seria del suo look anticonvenzionale - anche se qualcosa a che vedere le due cose ce l'hanno.

Siamo noi italiani, sempre indietro, a stupirci di questa generazione transgenerazionale". Francesco Bonami, già direttore della Biennale d'arte di Venezia e oggi curatore del museo di Arte contemporanea di Chicago e direttore della Fondazione Sandretto e di Villa Manin, vive fra Stati Uniti e Italia. E ironizza sul nostro elefantiaco carattere nazionale: "Continuiamo a vivere sempre e solo nel presente, il futuro non ci interessa, non ci investiamo, siamo cristallizzati in un sistema che ancora ragiona per classi ed età che altrove non esistono più. Forse per questo i nostri potenti quando vogliono mostrarsi 'giovani' cadono nel ridicolo: scimmiottano stili altrui, prendono in prestito identità scadute. Per essere giovani a 50 anni bisogna avere carisma. Da noi manca uno come Bill Clinton (ma anche come Hillary). Noi al massimo ci inventiamo un personaggio: ma senza personalità si diventa macchiette, ci si ripete. Per diventare adulti senza invecchiare bisogna evolvere e guardare avanti. Anche fra gli artisti più giovani c'è questo rischio: raggiungere troppo presto il successo e fermarsi lì, girando a vuoto".

La 'mezza età precoce', ecco piuttosto la novità che gli studi sociologici cominciano appena a mettere a fuoco. Secondo un'indagine dell'Istituto Defra, svolta nel Regno Unito e resa pubblica dalla Bbc il mese scorso, oggi gli uomini sono colpiti dalla cosiddetta 'crisi di mezza età' già fra i 35 e i 44 anni. Dovendo esprimere il grado di soddisfazione complessivo sulla propria vita con voti da uno a dieci, sono loro ad aver raggiunto il punto più basso dell'intera statistica, con 6,8. Passati i 45 anni però, la soddisfazione sale, fino a raggiungere l'apice con 7,8, voto espresso dai maschi sopra i 65 anni. Ancora, uno studio norvegese sulla sessualità pubblicato dalla rivista medica 'BJU International' e svolto su un campione di 1.185 uomini fra i 20 e i 79 anni, indica che i più soddisfatti sono i ventenni (con 2,79 su 4), in pratica alla pari con i cinquantenni (con un indice di felicità sessuale di 2,77 su 4). In mezzo, ansia e stress, eccesso di lavoro, eccessive responsabilità familiari. Di tutt'altro argomento, ma conclusioni non dissimili, lo studio di due economisti, David Blanchflower del Darmouth College Usa e Andrew Aswald dell'Università di Warwick, che hanno studiato il rapporto fra età e felicità. Hanno concluso che il periodo più difficile si vive fra i 43 e i 49 anni. Buona parte degli intervistati è ancora lontana da quella che tecnicamente si definisce 'età di mezzo'.

Ecco allora almeno in parte spiegata la vitale aggressività, e l'indifferenza alle critiche, degli uomini che incarnano questa contemporanea mezza età: non hanno alle spalle una nuova leva che li scalzi, ma anzi sono seguiti da freschi adulti che arrancano, nevrotici e stressati, loro sì con il timore di non farcela a tenere il passo. Se il dato anagrafico non conta più nulla e il mondo in cui viviamo è ancora a misura di chi è nato alla fine degli anni '50, la questione della mezza età, del momento in cui è legittimo fermarsi e guardarsi indietro, diventa un fatto soltanto soggettivo, responsabilità del singolo, perché la società non dà più i codici d'accesso al salotto dove ci aspettano poltrona, pantofole e quiete serena. Se invecchi è colpa tua, una tua scelta. Questo sembrano volerci dire questi 'giovani per sempre'.

"È vero, da una parte i cinquantenni sono determinanti e nei posti chiave delle aziende sono un patrimonio insostituibile", dice Camillo de Mojana, head hunter e autore del saggio 'Su la testa' (pubblicato da Sperling&Kupfer): "Ma è ancora vero che il mondo del lavoro tende a espellere chi ha raggiunto la fase matura della vita professionale e a sostituirlo con persone più giovani. Intendiamoci, qualche segnale arriva, ancora debole: le grandi organizzazioni hanno ricominciato a investire sull'esperienza e non solo a badare a contrarre i costi del personale. Ma questo vale per ruoli alti. Le difficoltà per chi si trova in scacco intorno ai cinquant'anni restano. Chi è in mezzo a questo guado riesce a rilanciarsi nel lavoro se accetta la flessibilità" .

Giovani per forza, allora, perché non ci sono alternative, la fragilità non paga, la solidarietà non arriva, il mondo mette ai margini il signor Simpson, la sua pancetta da bevitore di birra e le sue sciocche battute da bonaccione. Da 'vecchi' non torneremo bambini, ma giovanotti a inizio carriera, pronti a sgomitare per raccogliere un sorriso del capo? "La frase più azzeccata su questo l'ha scritta il giallista Stewart Kaminsky", dice il critico cinematografico Claudio Carabba: "Uno dei suoi personaggi, Toby Peters, uno alla Marlowe, un giorno si guarda allo specchio e dice: Dio come mi vedo brutto e triste e stanco e vecchio. Devo essermi perso la mezza età... È così anche nel cinema, per attori e personaggi. Una volta gli Humphrey Bogart e i Cary Grant si fermavano lì, cristallizzati, a fare gli uomini maturi, ne avevano il fisico e le parti erano quelle e forse anche la società. Poi c'erano gli attori, splendidi a cinquant'anni, come Marlon Brando in 'Ultimo Tango', o Paul Newman ne 'La stangata'. Oggi il cliché 'bello, affascinante e non più giovane' non esiste. Solo i bruttini possono sostenere il tempo che passa, come Robin Williams. Altrimenti fanno come John Travolta, la parte di una cicciona in un musical, reinventandosi completamente. George Clooney sarà l'unico uomo come se ne facevano una volta: non si vergogna di invecchiare, cerca parti adulte, sfugge alle plastificazioni. Perché un rischio c'è, a giocare a Rambo dopo una certa età: vuoi far paura e invece fai tenerezza".

(11 settembre 2007)

da espresso.repubblica.it
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