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Autore Discussione: STEVE JOBS 1955-2011 - Jovanotti: Steve Jobs mi ha insegnato cos'è il coraggio  (Letto 3234 volte)
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« inserito:: Ottobre 07, 2011, 05:00:19 pm »

Esteri

07/10/2011 - STEVE JOBS 1955-2011

Jovanotti: "Steve Jobs mi ha insegnato cos'è il coraggio"

Lorenzo Jovanotti: «E' lui l'eroe di chi ha vissuto il passaggio dall'analogico al digitale, di chi crede che la vita finisca soltanto quando finisce»

Steve Jobs, l'ultima volta sul palco «Ogni sua parola è stata carburante per la mia piccola astronave personale»

LORENZO JOVANOTTI

Abbiamo bisogno di modelli. Ne abbiamo bisogno come il pane, come l’aria, abbiamo bisogno di modelli che non siano al ribasso ma che rilancino la scommessa di vivere. Che rappresentino il mondo come luogo delle opportunità, come scenario di sfide, di slanci, di sogni, di cadute e rinascite.

Il primo Apple Store di New York lo aprirono dove prima c’era l’ufficio postale. Il segno dei tempi che cambiano. Entrarci è un’esperienza «aspirazionale», si viene proiettati in una realtà possibile e migliore. Un modo completamente nuovo da parte di un marchio di relazionarsi con il «cliente». Crollano tutte le teorie antitecnologiche a favore di una bellezza che è funzione, di una efficienza che è anche piacere, di una velocità che non è alienante, di un business che è innovazione, di una tecnologia che è sensualità. Una mela. Fuori bella e dentro buona.

Abbiamo bisogno di modelli. Ne abbiamo un bisogno urgente, specialmente qui da noi. Steve Jobs è il nostro eroe. Di noi che abbiamo vissuto il passaggio dall’analogico al digitale. Di noi che crediamo che la vita finisce solo quando finisce, neanche un attimo prima. E’ lui il grande traghettatore positivo dal mondo di ieri a quello di domani. La sua storia personale è una parabola travolgente.

Il suo discorso alla Stanford University è l’upgrade del sogno di Martin Luther King, è la nuova dichiarazione d’indipendenza globale. Non basta avere un sogno, bisogna avere la fame e la pazzia di realizzarlo, per non rimanere nella terra di mezzo dell’autoindulgenza. Per non cadere nella trappola dell’ideologia, che ci fa credere che esistano regole buone per tutti. Non è così. Ogni storia è unica e connessa alle altre storie.

Io me lo riguardo ogni tanto quel discorso, e senza voler offendere nessuno mi rendo conto che si tratta di un’esperienza rituale. Un viatico che si rinnova all’inizio di un viaggio nuovo, o di un giorno nuovo. Mi è capitato di mandare il link via mail a qualche amico sapendo di fargli un regalo. Ogni parola di quel discorso è carburante per la mia piccola astronave personale, ogni frase è da scrivere sui muri. Obbligherei ogni manager, ogni politico, ogni studente, ogni architetto, ogni musicista, ogni panettiere, ogni ballerina, ogni maestra di scuola, ogni sportivo a impararlo a memoria.

Come quando al catechismo ci facevano imparare l’atto di dolore oggi ci vorrebbe qualcuno che ci fa imparare a memoria una frase come questa: «Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario».

Tutto il resto è secondario. Quale resto? Non c’è resto, in quelle parole ci sta dentro tutto quello che conta. Il resto non conta, appunto. L’anno passato sono entrato in un Apple Store in una città di provincia americana. Tra i commessi con la solita maglietta blu ce n’era uno non vedente, con il bastone dalla punta bianca. Quel ragazzo spiegava i comandi vocali di alcune app dell’iPad. Si potrebbe pensare che si tratta di un’eccesso di «politically correct» aver assunto un commesso non vedente, ma sarebbe un pensiero al ribasso. Io ho pensato che si tratta di costruire un mondo migliore anche attraverso un’idea di business, che allarga gli accessi, che lancia sfide al futuro, che sta in piedi con una certa sana spavalderia contro al vento di chi non crede al progresso, che soffia forte, ma non troppo forte per chi è disposto a seguire i propri sogni.

Steve Jobs ha cambiato il mondo, la sua storia racconta che il mondo si può cambiare, e questa è la notizia che non bisogna mai smettere di diffondere, con ogni mezzo, dall’iPad alle carezze.

da - http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/423694/
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 01, 2011, 11:33:43 am »

«Era bellissimo, una persona di cui ho potuto anche essere amica»

«Oh wow». Le ultime parole di Steve Jobs

La sorella naturale Mona Simpson racconta gli istanti finali del fratello, che ha conosciuto a 25 anni


MILANO - È il toccante addio di una scrittrice di talento, ma soprattutto di una sorella che ha incontrato il fratello ad appena 25 anni. Mona Simpson, 54 anni, sorella biologica di Steve Jobs, ha pubblicato l’elogio funebre del genio della Mela morsicata sulle pagine del New York Times. Sono parole cariche di emozioni e di sentimenti personali, un ritratto inedito e raccontato dal letto di morte. La sorella minore svela anche le ultime parole del visionario della Apple.

L’INCONTRO - «Anche come femminista ho sempre sperato di trovare un uomo da amare e che mi ricambiasse. Per decenni avevo pensato che quest’uomo sarebbe stato mio padre. Quando ho compiuto 25 anni l'ho incontrato - era mio fratello», dice Mona Simpson. Un avvocato l’aveva infatti chiamata dicendole di avere un ricco cliente che voleva incontrarla, conoscerla. Steve Jobs era infatti il fratello naturale di Mona; la madre - una giovane laureata e non sposata - aveva dato in adozione il bambino. Non le venne riferito subito il nome così Mona, assieme alle amiche, si divertiva a cercare di indovinare: «Il nostro candidato principale era John Travolta. Speravo in un discendente del letterario Henry James». Poi scoprì che si trattava di Steve Jobs e, quando lo vide per la prima volta, «lui portava i jeans ed era più bello di Omar Sharif».

L’UOMO STEVE JOBS - La scrittrice ed insegnante d'inglese all’Università della California racconta di quando si incamminarono per una lunga passeggiata: «Pensai, è qualcuno col quale posso veramente essere amica». Steve le spiegò che lavorava nel mondo dei computer e lei rispose che non ne aveva ancora comprato uno, ma che aveva in mente di acquistare un Cromemco. Steve rispose: «Hai fatto bene ad aspettare, perchè noi stiamo lavorando a qualcosa di follemente bello». «Il più alto valore non era la novità, ma la bellezza», aggiunge la sorella. Infatti, se gli piaceva una maglia, ne ordinava 10 o 100 uguali. «Possedeva tanti dolcevita nera che avrebbe potuto vestire tutti quelli presenti in chiesa al funerale». Jobs parlava spesso di amore, quasi «quanto una ragazza» e s’interessava pure della vita sentimentale dei suoi dipendenti. Il giorno in cui conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie chiamò la sorella e disse: «C’è questa bella donna ed è veramente intelligente, e poi ha questo cane. E io la sposerò». L'amore per i suoi figli? Infinito. «Nessuno dei presenti alla festa di laurea del figlio Reed dimenticherà mai la scena dove loro due iniziano lentamente a ballare».

LA MALATTIA - Mona Simpson descrive lo spirito del fratello come vivo e vivace anche durante la sua devastante malattia: «Così tanto era rimasto di lui, sebbene troppo gli fosse stato tolto». Dopo il trapianto di fegato ha dovuto ri-imparare a camminare: «Ogni giorno che passava faceva un passo in più». Sempre accanto, la moglie. «Laurene si inginocchiava davanti a lui, lo guardava negli occhi e gli diceva: ‘puoi farcela’». Pure mentre giaceva a letto in un ospedale, non smetteva di lavorare: disegnava un supporto per iPad per persone nelle sue condizioni, provava a migliorare il design dei monitor e delle apparecchiature ospedaliere. «Ha ripensato la struttura di quel comunissimo ospedale», rivela Mona. Nelle sue condizioni restava comunque quella persona esigente che tutti conoscevano: «Ha scelto personalmente tra 67 infermiere e aiutanti che si erano candidati per accudirlo. Alla fine sono rimasti solo in tre: Tracey, Arturo, Elham».

LA MORTE - «Quando se ne stava andando mi disse che gli dispiaceva tanto, soprattutto perchè non avremmo più potuto invecchiare insieme», dice la sorella che descrive il giorno della morte come carico di simboli di un'intera vita. «Mi chiamò martedì mattina dicendomi di sbrigarmi ad andare a Palo Alto: ‘Vorrei dirti alcune cose - mi disse - perché temo non ce la farai ad arrivare in tempo’». Il suo tono di voce, sottolinea la sorella, era quello di «uno consapevole che il suo bagaglio era già legato sul veicolo, consapevole che era già l'inizio del suo ultimo viaggio, ed era dispiaciuto, davvero profondamente dispiaciuto, di lasciarci». Mona Simpson arrivò a casa di Jobs nella tarda mattinata di martedì mentre il fratello scherzava con la moglie Laurene assopendosi di tanto in tanto. «Guardava negli occhi dei suoi figli e sembrava non riuscisse più a staccare lo sguardo da loro». Steve Jobs si stava però indebolendo sempre di più: «Mi pareva che contasse i suoi passi, cercando di andare - come succedeva con la carrozzella - sempre più lontano. Steve non è stato colto dalla morte, l'ha raggiunta».

LE ULTIME PAROLE - La descrizione degli ultimi istanti prima spirare, lo scorso 5 ottobre, sono toccanti: «Prima di partire definitivamente ha guardato sua sorella Patty, poi per lungo tempo i suoi figli, poi la compagna della vita, Laurene e poi dietro di loro, sopra le loro spalle, nel vuoto». Le ultime parole Steve Jobs le ha pronunciate ore prima di morire e le ha ripetute per tre volte di seguito: «Oh Wow, Oh Wow, Oh Wow».

Elmar Burchia

31 ottobre 2011 14:23© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/cronache/11_ottobre_31/ultime-parole-steve-jobs-ricordo-sorella_8fcb6514-03b8-11e1-af48-d19489409c54.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Novembre 01, 2011, 11:41:04 am »

31.10.2011

"Oh, wow! Oh, wow! Oh, wow!" Le ultime parole di Steve Jobs

La sorella racconta la morte del fratello nell'elogio funebre

In un commovente elogio funebre per il fratello Mona Simpson racconta le ultime ore del fondatore di Apple e le enigmatiche parole che ha pronunciato poco prima di morire. "Prima di imbarcarsi per il lungo viaggio, ha guardato sua sorella Patty, poi per lungo tempo si è soffermato sui suoi figli e sulla compagna della sua vita, Laurene, e poi ha fissato il vuoto dietro le loro spalle prima di dire le sue ultime parole: Oh wow! Oh wow! Oh wow!".

Dalle pagine del New York Times la scrittrice descrive gli ultimi momenti di Steve Jobs e spiega come l'uomo desse l'impressione di prendere parte ad una vera e propria scalata: "ll suo respiro indicava un cammino arduo, vie ripide e altitudine. Laurene [sua moglie] si trovava accanto a lui sul letto e sussultò quando Steve fece una pausa più lunga tra i suoi respiri. Allora io e lei ci guardammo l'un l'altra aspettandoci che facesse un respiro profondo e ricominciasse"

Poi ha raccontato di quando Jobs la chiamò il giorno prima di morire dicendole: "vieni in fretta a Palo Alto" e che era "dispiaciuto, davvero profondamente dispiaciuto, di lasciarci" aggiungendo "te lo sto dicendo adesso perché ho paura di non fare in tempo, tesoro".

Jobs e la Simpson hanno scoperto di essere fratelli biologici soltanto nel 1985, quando entrambi erano ormai adulti e l’avvocato di lei la informò che suo fratello era “un uomo ricco e famoso“ ma non le venne riferito subito il nome, così lei per un certo periodo credette che suo fratello fosse l’attore John Travolta. Poi scoprì che si trattava di Steve Jobs e, quando lo vide, “lui portava jeans ed era più bello di Omar Sharif”.

La donna parla di come suo fratello abbia aiutato lei e sua madre a superare momenti di difficoltà, cosa che non ha mai fatto il padre naturale: “anche come femminista, per tutta la vita ho aspettato un uomo da amare e che mi potesse amare. Per decenni avevo pensato che quest’uomo sarebbe stato mio padre. Quando ho compiuto 25 anni ho finalmente incontrato quest’uomo, ed era mio fratello”.

Durante il loro primo incontro i due fecero una passeggiata, Steve Jobs le spiegò che lui lavorava nel mondo dei computer e lei rispose che non ne aveva ancora comprato uno e che aveva in mette di acquistare un Cromemco. Steve rispose “hai fatto bene ad aspettare, perché noi stiamo lavorando a qualcosa di follemente bello“.

“Per Steve il più alto valore non era la novità, ma la bellezza. Tra l’altro possedeva tanti dolcevita neri che avrebbe potuto vestire tutti quelli presenti al funerale! Ma era anche un romanticone, parlava spesso dell’amore come la virtù suprema, il suo dio degli dei“.

da - tgcom
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