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Autore Discussione: Intercettazioni, la politica reagisce  (Letto 10608 volte)
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« inserito:: Giugno 12, 2007, 06:39:27 pm »

POLITICA

Dopo la pubblicazione dei verbali, maggioranza e opposizione spingono affinché si approvi al più presto una nuova legge

Intercettazioni, la politica reagisce

Amato: "Una follia tutta italiana"

Napolitano a Marini e Bertinotti: "Tempi certi per la riforma della Giustizia"

 

ROMA - "L'Uso delle intercettazioni è una follia tutta italiana". Giuliano Amato con una frase raccoglie il pensiero di tutto il mondo politico italiano. E, mentre a Milano prosegue le consultazione dei verbali con le intercettazioni telefoniche tra alcuni parlamentari e alcuni indagati coinvolti nelle inchieste sulle scalate Antonveneta, Bnl e Rcs, i due Poli si ritrovano compatti dopo la pubblicazione dei primi verbali. Ed è una reazione stizzita, che chiede una svolta e l'approvazione, rapida, di nuove regole sulle intercettazioni.

Intanto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, scrive ai presidenti di Camera e Senato chiedendo "tempi certi per la riforma dell'ordinamento giudiziario". Il Quirinale chiede a Marini e Bertinotti che organizzino i lavori parlamentari in modo da giungere entro luglio all'approvazione della riforma, in tempo per la scadenza della sospensiva vigente sulla riforma Castelli.

Tornando alle intercettazioni. Giuliano Amato è chiarissimo. "E' evidente - dice - che tutto questo mi lascia perplesso, ed uso una parola tenue. In passato ne ho usate di forti per esprimermi su questa follia tutta italiana". Parlando in una pausa dei lavori del Consiglio Ue Giustizia e Interni, Amato ha aggiunto che la "follia tutta italiana" è che "qualunque cosa venga detta al telefono, se tocca incidentalmente un processo, esce. Quale che sia la sua rilevanza. E' chiaro che il sistema non funziona".
Amato ha aggiunto che "non è possibile che dalle sedi giudiziarie esca tutta questa roba, non abbiamo trovato ancora il modo di affrontare il problema".

E il suo collega alla Giustizia Clemente Mastella rincara: "Quanto è avvenuto a Milano dopo il deposito delle intercettazioni dell'inchiesta Antonveneta dimostra che c'è una specie di 'groviera all'italiana'". "Mi pare incredibile - ha spiegato il ministro - che qualche Pico Della Mirandola visivo possa avere scritto enciclopedie così dettagliate ed averle fornite a voi giornalisti. Questo vuole dire che c'è una procedura che probabilmente ha aperto buchi". Mastella ha precisato che la sua iniziativa nei confronti dei vertici degli uffici giudiziari di Milano a cui ha chiesto spiegazioni non è motivata da ragioni di "difesa della classe politica". "Non si tratta di difendere i privilegi - ha detto - ma prerogative del cittadino come tale".

"Abbiamo già chiesto in tempi non sospetti la calendarizzazione in commissione Giustizia del provvedimento sulle intercettazioni e non mi stupisce certo la posizione dei colleghi dell'opposizione, perché alla Camera la proposta di legge era stata approvata anche con il loro contributo", dice Anna Finocchiaro, capogruppo in Senato dell'Ulivo.

Legge sulle intercettazioni subito, quindi. Non sembra un obiettivo impossibile visto che il 17 aprile il testo del ministro della Giustizia Clemente Mastella è passato alla Camera con un voto bipartisan. Il Guardasigilli, audito oggi in Commissione Giustizia al Senato, ha ribadito "la priorità della legge sull'ordinamento giudiziario" visto che il decreto di sospensione della Castelli scade il 31 luglio e la magistratura minaccia scioperi. E' anche vero che la legge sulle intercettazioni potrebbe essere licenziata dalla Commissione presieduta da Gavino Angius in meno di una mattinata.

"Confermiamo - ha detto da parte sua il capogruppo di Forza Italia in Senato Renato Schifani - di essere pronti a fare la nostra parte, come è sempre accaduto in questi mesi, per approvare rapidamente il ddl sulle intercettazioni".

"Dispiace però - sottolinea Schifani - doversi occupare di questi argomenti solo quando la polemica emerge. Sarebbe stato più giusto farlo prima, lontano da ogni ipotesi di sospetto". Mentre Altero Matteoli di An rilancia la sua contrarietà al fatto che "le intercettazioni che non hanno alcun rilievo penale finiscano sui giornali. E non cambio idea solo perché ad essere coinvolti sono esponenti del centrosinistra".

Anche la maggioranza non resta in silenzio. "Il Parlamento si affretti ad esaminare ed approvare al più presto il testo sulle intercettazioni" dice il capogruppo dei Popolari-Udeur al Senato, Tommaso Barbato. Che aggiunge: "Occorre scongiurare il rischio di una nuova stagione di conflitto fra magistratura e politica ed evitare uno scontro fra poteri dello Stato nel quale, chi ha interesse, gioca allo sfascio con le istituzioni".

Il diessino Nicola Latorre, anche lui tra i protagonisti del colloqui pubblicati, si difende: "Non c'è nulla di penalmente rilevante. Questa gogna mediatica mi dispiace e mi amareggia. Conosco Consorte da tempo, ma non c'è nessun collateralismo".

(12 giugno 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 12, 2007, 10:16:11 pm »

L'ex ad della Lodi: «E' lui la vera mente finanziaria d'Italia. è il colmo!» «Ricucci sdoganato da Berlusconi e Ds»

Fiorani al senatore di FI Grillo: voglio vedere se a Unipol hanno usato gli stessi rigori usati con noi.

Ma quelli alzano la voce...   


MILANO - «La vera mente finanziaria del paese è Ricucci che viene sdoganato sia da Berlusconi che da Fassino, il che è il colmo dei colmi. Ma positivo dico io, eh!». Così l'allora amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi (oggi Bpi, Banca popolare italiana), Gianpiero Fiorani, si sarebbe rivolto al senatore di Forza Italia Luigi Grillo, molto vicino all'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, durante una telefonata intercorsa tra i due nella mattina del 10 luglio 2005 nel corso delle scalate ad Antonveneta e Unipol. La telefonata è contenuta nella perizia depositata ieri dal gip di Milano, Clementina Forleo. Nel periodo in cui avvenne quella conversazione tra Fiorani e il senatore Grillo, Ricucci era impegnato sul fronte Antonveneta in appoggio alla Bpi di Fiorani, in Bnl dove vendette la sua quota a Unipol, e su Rcs dove tentò una scalata finanziata dalla banca lodigiana.
Fiorani: Hai visto che stamattina è apparsa la notizia allora che Unipol manda avanti l'operazione, servito su un piatto d'argento. Voglio vedere se per Unipol hanno usato gli stessi pre... gli stessi prerogativi e gli stessi rigori che hanno usato per noi.
Grillo: E certo.
Fiorani: quelli alzan la voce, sostengono politicamente, c'è Fassino che parla e ottiene un gran appoggio, per cui Fassino - pensa te che meraviglia - viene... viene lì a sdoganare anche Ricucci o... (parole incomprensibili, nota del perito) la vera mente finanziaria del paese è Ricucci che viene sdoganato sia da Berlusconi che da Fassino, il che è il colmo dei colmi! ma positivo dico io, eh!
Grillo: sì, sì.

«SPERIAMO FAZIO NON DELUDA»
«Speriamo, speriamo, speriamo che non ci deluda». Così il senatore di Forza Italia Luigi Grillo il 4 luglio 2005 si rivolge all'ex ad di Bpi, Gianpiero Fiorani. I due stanno parlando della firma finale che l'ex governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, dovrebbe apporre per autorizzare l'Opa di Bpi su Antonveneta, arrivata poi il 12 luglio e comunicata con la famosa telefonata del «bacio in fronte».
Nello stralcio della telefonata, che avviene alle 21.48, Grillo parlerebbe anche di un appuntamento avuto da Silvio Berlusconi per il giorno dopo.

Grillo: Domani sera mi ha dato appuntamento anche Berlusconi, alle 19, che voleva essere aggiornato.
Fiorani: Sì. E sai, però a questo punto temo che la posizione... noi siamo ad un passo da poter... noi abbiamo già prenotato gli spazi sui giornali per mercoledì.
Grillo: Sì.
Fiorani: Fai tu il conto, per annunciare che partiamo con l'Opa.
Grillo: Certo.
Fiorani: Siamo a questo punto, no? Per cui non c'è neanche più nessun dubbio, nessuna incertezza...
Grillo: Non ce n'è.
Fiorani: Se non la sua firma finale sulla autorizzazione che potrebbe...
Grillo: speriamo, speriamo, speriamo che non ci deluda.

12 giugno 2007
 
da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 12, 2007, 10:17:04 pm »

Fassino a Consorte: «Visto che casino? Mi attaccano tutti i giorni» «Quelli del Sole sono dei veri figli di p...»

Il segretario ds: «Ho fatto una bella telefonata a Montezemolo.

Gli ho detto ora basta, se volete la guerra l'avrete»

 
Consorte: Pronto?
Fassino: Piero.
Consorte: Oh ciao Piero.
Fassino: E allora?
Consorte: Eh stiamo lavorando per chiudere.
Fassino: Ah, come sta andando?
Consorte: Siamo in 40 qua, cazzo, mi tocca rispondere a 40 quesiti contemporaneamente, io sono solo, un bel casino. Comunque no, secondo me siamo proprio in dirittura d’arrivo. Domani mattina...
Fassino: Domani mattina chiudete?
Consorte: Sì, sì, sì. Domani mattina tra le sette e mezza e le nove.
Fassino: Prima che apra la Borsa...
Consorte: Prima che apra la Borsa. Dovremmo chiudere, dovremmo avere già in mano il 51,8.
Fassino: Bene.
Consorte: Quindi poi appena fatto questo (...) l’iter, io li sto denunciando tutti.
Fassino: Hai visto che attacco furibondo che stan facendo a me, giorno dopo giorno? Guarda è una cosa...
Consorte: Sì, infatti, una cosa incredibile...
Fassino: Oggi ho fatto una telefonata di fuoco a Montezemolo su questo. Gli ho detto «Adesso basta, adesso basta. Volete la guerra l’avrete, dico...».
Consorte: (...) Perché hanno perso...
Fassino: È perché abbiamo messo le mani nel loro mercato.
Consorte: Domani verrà fuori una cosa, adesso te la dico con grande chiarezza, alla quale nessuno di loro ha pensato.
Fassin: E cioè?
Consorte: Noi domani usciremo che le azioni degli immobiliaristi le comprano tre banche mondiali...
(Fassino ride)
Consorte: ... Che sono la Nomura, la Nomura...
Fassino: Mmm.
Consorte: ... La Deutsche Bank...
Fassino: Ahhh.
Consorte: ... E il Credit Suisse.
Fassino: Quindi non le comprate voi.
Consorte: No, le comprano quattro banche italiane.
Fassino: Sì...
Consorte: Quattro cooperative.
Fassino: Sì.
Consorte: E Hopa.
Fassino: Ma comunque fate una società.
Consorte: No, no, no. Loro comprano il 27,2 per cento.
Fassino: Mmm.
Consorte: E si tengono le azioni.
Fassino: Sì, ma...
Consorte: Io lancio l’Opa.
Fassino: Mmm. E le prendi da loro.
Consorte: No, se mi arrivano le azioni dal mercato loro rimangono alleati nostri industriali. Noi arriviamo al 51 e loro detengono il 36.
Fassino: Unipol comunque il 51 ce l’ha.
Consorte: Se non mi arriva dal mercato loro mi hanno già rilasciato, e domani lo comunichiamo al mercato, una call (strumento derivato che consente all'acquirente di riscattare i titoli di una determinata società a prezzo prefissato, ndr) per cui ho il diritto in qualunque momento di comprare tutte le loro azioni.
Fassino: Beh è straordinario.
Consorte: Domani saranno esterrefatti. Oggi quando gli ho detto, ai nostri amici cooperatori, quello che mi sono inventato ti giuro mi hanno fatto l’applauso.

 «Quelli del Sole...»/2  STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
Fassino: Comunque la banca ce l’avremo saldamente in mano.
Consorte: Saldamente in mano. Ma questo non se lo aspetta nessuno perché...
Fassino: Bene bene.
Consorte: ... Perché vedete... qui il nazionalismo mica il nazionalismo la Banca d’Italia. Noi abbiamo fatto le alleanze con tre banche che diventano socie nostre in Bnl con quattro banche italiane, quindi abbiamo difeso l’Europa, c’abbiamo una banca svizzera una tedesca una giapponese, cazzo più di così sarà difficile no?
Fassino: Bene bene.
Consorte: Quattro banche italiane. C’abbiamo quattro cooperative che, oltre a tutto il resto, sono entrate direttamente.
Fassino: Chi sono, chi sono le quattro?
Consorte: Coop Liguria, Nuova Coop, Gillone mi ha dato una grossa mano a Torino, Coop Estense Modena e Coop Adriatica Bologna.
Fassino: Stefanini?
Consorte: Stefanini, esatto.
Fassino: Bene bene.
Consorte: E quindi domani quando verrà fuori questo non c’è nessuno che neanche ci si è avvicinato a pensare una cosa del genere.
Fassino: Bene, bene, bene, bene Giovanni.
Consorte: Abbiamo messo fuori tutti gli immobiliaristi Piero.
Fassino: Ehhh.
Consorte: Completamente.
Fassino: Guarda io sono proprio incazzato perché anche oggi Il Sole 24 Ore una pagina intera... Sono dei veri figli di puttana.
Consorte: No guarda, sono dei figli di puttana perché le hanno provate tutte, a denigrarci eccetera. Adesso quando è finito... Io da domani posso parlare.
Fassino: E bisognerà anche spiegare che tu hai preso una banca che è un colabrodo (...) come l’ha gestita quel deficiente.
Consorte: Adesso guarda, piano piano, ma con un po’ più di classe, in realtà non ci vuole molto ad avere un po’ più di classe di ‘sti beceri, noi piano piano diremo tutto. Abbiamo fatto un progetto industriale della Madonna.
Fassino: Mmm.
Consorte: Che noi possiamo fare perché abbiamo 6 milioni e 300mila clienti qui, i baschi no, i baschi volevano svendere Bnl, lo diremo. Nel senso che la testa pensante è a Madrid e Bnl diventava solo una succursale e una rete.
Fassino: Infatti.
Consorte: Invece noi vogliamo farla diventare tra le prime tre banche italiane.
Fassino: Bene.
Consorte: Quindi...
Fassino: Senti invece, questa storia che ho letto sui giornali... Gavio... ci sono dentro?
Consorte: Gavio entra con uno 0,5, Marcellino Gavio.
Fassino: Insieme a Bonsignore...
Consorte: No Bonsignore esce.
Fassino: Esce? Come mai lui entra?
Consorte: Gavio entra perché ha capito che l’aria cambia e siccome lui ha Impregilo vuole lavorare con le cooperative.
Fassino: Capito.
Consorte: Non c’è nessuno che fa niente per niente Piero a ‘sto mondo. Siamo rimasti in pochi secondo me.
Fassino: Chiaro chiaro. Va bene.
Consorte. Però adesso lavoreremo tutta la notte perché praticamente quello che deve avvenire è che tutte queste operazioni Piero siano baciate domani, capito?
Fassino: Sì, che nessuno poi faccia... Che non si apra un contenzioso.
Consorte: No, soprattutto noi dobbiamo avere il 51,8 domani.
Fassino: Domani, perfetto.
Consorte: E poi lo dichiariamo.
Fassino: Va bene.
Consorte: Ciao Piero.
Fassino: Chiamami domani.
Consorte: Sì. Senz’altro.
Fassino: Ciao, auguri. Saluta Sacchetti.

12 giugno 2007

da corriere.it
 

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« Risposta #3 inserito:: Giugno 12, 2007, 10:17:53 pm »

Le intercettazioni tra il segretario ds e l'ex numero uno di Unipol «Piero, è stata durissima. Grazie per l'aiuto»

Il manager spiega al politico i particolari dell'operazione Bnl: «Un’operazione che nessuno aveva né immaginato né pensato» 

 
Fassino: Ecco Consorte. Pronto?
Consorte: Ciao Piero.
Fassino: E allora siamo padroni di una banca?
Consorte: È chiusa, sì.
Fassino: Siete padroni di una banca, io non c’entro niente.
Consorte: Sì, sì è fatta.
Fassino: È fatta.
Consorte: Abbiamo finito proprio cinque minuti fa, è stata una roba durissima. Però insomma...
Fassino: Alla fine cosa viene fuori? Fammi un po’ il quadro alla fine.
Consorte: Alla fine viene fuori che noi abbiamo diciamo quattro cooperative...
Fassino: Sì. Che prendono?
Consorte: Quattro cooperative il 4 per cento.
Fassino: L’una?
Consorte: No, no, no. L’uno per cento l’una.
Fassino: Uno per cento per quattro.
Consorte: Esatto.
Fassino: Che sono Adriatica, Liguria, Piemonte e Modena. Perfetto. Consorte: Poi ci sono diciamo quattro banche italiane che l’un per l’altra hanno il 12 per cento.
Fassino: Come totale?
Consorte: Come totale, quindi le banche più le cooperative 16 per cento. Poi abbiamo tre banche internazionali che sono Nomura, Credit Suisse e Deutsche Bank che hanno l’un per l’altra circa il 14 e mezzo per cento.
Fassino: 14 e mezzo.
Consorte: Sì, poi abbiamo Hopa che ha il 4,99.
Fassino: Sì.
Consorte: Poi abbiamo due imprenditori privati, Marcellino Gavio e Pascotto che hanno l’1 e mezzo.
Fassino: Insieme?
Consorte: Insieme. Poi ad oggi c’è Unipol che ha il 15.
Fassino: Chi?
Consorte: Unipol. Quindi la prima cosa è che queste quote acquisite sono state acquisite non da noi ma dagli alleati, dagli immobiliaristi, che sono totalmente fuori.
Fassino: Tu adesso che operazione fai dopo questo?
Consorte: Ho lanciato l’Opa.
Fassino: Hai già lanciato l’Opa obbligatoria?
Consorte: Esatto, questa mattina ho lanciato l’Opa obbligatoria allo stesso prezzo al quale sono state fatte le cessioni delle azioni degli immobiliaristi. Fassino: 2,7?
Consorte: Esatto, per eliminare ogni tipo di speculazione, che non sono trattati tutti allo stesso modo. La legge ci avrebbe permesso di lanciarla a 2,55...
Fassino: E la Bbva cosa offre?
Consorte: 2,52, ma in azioni, noi offriamo in instant cash.
Fassino: Cazzo.
Consorte: No? Quindi una cosa totalmente diversa e in realtà noi abbiamo già in mano il 51 per cento perché tutti...
Fassino: Perché in realtà noi abbiamo il 15 più 4 delle Coop fa il 19 a noi, e come arrivi al 51 tu?
Consorte: Con le banche più...
Fassino: Ah sì, questa somma qui, fa il 51 certo.
Consorte: Quelle aziende ci hanno rilasciato a noi un diritto ad acquistare le loro azioni dietro nostra semplice richiesta se dall’Opa non dovessero arrivare azioni.
Fassino: Ho capito.
Consorte: Quindi noi come Unipol prendiamo comunque il 51.
Fassino: Ho capito.
Consorte: Se invece dall’Opa ci arrivano le azioni, quelli se le tengono. Fassino: Se tu arrivi al 51 in altro modo loro si tengono quello.
Consorte: Esatto. Quindi è un’operazione che nessuno aveva né immaginato né pensato.
Fassino: Bene, bene.

 Fassino-Consorte/2

Consorte:E abbiamo smontanto l’alleanza con gli immobiliaristi perché non c’è (...) Non siamo noi che abbiamo comprato dagli immobiliaristi. Abbiamo smontato i parvenu che dicevano che era un’azione nazionalistica perché abbiamo tre banche internazionali, la Nomura è la quarta banca nel mondo, la Suisse è tra le prime in Europa...
Fassino: Certo certo.
Consorte: La Deutsche Bank eccetera.
Fassino: Certo certo.
Consorte: Poi abbiamo alleati delle aziende, quindi soci stabili e noi abbiamo il 51. Ecco, poi abbiamo smontato...
Fassino: Possibili ricorsi in sede giudiziaria?
Consorte: Noi ad oggi non ne vediamo neanche uno, ma se li fanno...
Fassino: Cioè il fatto che contestualmente siano avvenute tutte queste cessioni loro lo...
Consorte: Abbiamo proprio costruito così, questo è il concerto fra alleati che le azioni le avevano già in mano. E poi lanci l’Opa, ma guarda caso allo stesso prezzo in cui è stato trattato queste azioni, quindi non hai penalizzato proprio nessuno. E la nostra offerta è decisamente migliore di quella degli spagnoli.
Fassino: Bene, bene.
Consorte: Invece avverrà che io li denuncio tutti, uno per uno.
Fassino: Prima di denunciare aspetta. Prima portiamo a casa tutto.
Consorte: Per noi l’operazione è finita.
Fassino: Loro adesso si scateneranno ancora di più. Ieri hai visto il... No ieri non l’hai visto hai lavorato tutto il giorno, ieri il Sole ha fatto un’intera pagina contro di me.
Consorte: Ma perché là Piero, questi imbecilli, guardano a quest’operazione in chiave esclusivamente politica.
Fassino: Ma sì, sono dei deficienti.
Consorte: Esclusivamente politica. Questi dicono: cazzo, adesso i Ds, oltre ad avere il mondo cooperativo, oltre ad avere Unipol, oltre ad avere il Monte dei Paschi, che non è così, hanno anche Bnl. Il ragionamento demenziale che fanno è questo qui.
Fassino: Va bene e intanto noi lavoriamo.
Consorte: Però noi andiamo avanti, nonostante...
Fassino: Demenziale?
Consorte: No direi proprio di no. Ma noi sosterremo che è demenziale.
Fassino: Ma no, ma voi avete fatto un’operazione di mercato, quello che ho sempre detto io. Industriale.
Consorte: Industriale e di mercato.
Fassino: Esatto.
Consorte: La verità è indiscutibile.
Fassino: Bene, molto bene.
Consorte: Quindi Piero andiamo avanti.
Fassino:Congratulazioni.
Consorte: Credo che siamo raggiunti...
Fassino: Bravo bravo.
Consorte: Ti ringrazio anche per l’aiuto che ci hai dato, siamo arrivati a un punto importante secondo me.
Fassino: Bene, bene, bene.
Fassino: Ottimo.
Consorte:Ciao Piero, ci vediamo presto.
Fassino: Adesso dovete comportarvi bene. No, un consiglio preoccupatevi bene di come comunicate in positivo il piano industriale.
Consorte: Sì adesso chiamiamo Barabino (la società di comunicazione aziendale e consulenza Barabino & Partners).
Fassino: Perché il problema adesso è dimostrare che noi abbiamo, che voi avete un piano industriale.
Consorte: No. Ma noi l’abbiamo veramente.
Fassino: E lo so bisogna farlo. Perché fino adesso loro stanno utilizzando l’idea che era soltanto un problema di accaparrarsi la banca e poi però non sanno cosa farne, non è così.
Consorte: Guarda, noi invece sosterremo questa tesi: che loro la banca la stavano svendendo.
Fassino: Esatto.
Consorte: E anche che l’hanno gestita coi piedi deve finire... Bnl è stata gestita coi piedi.
Consorte: No, però quello non lo voglio dire oggi questo lo dirò fra quattro o cinque mesi quando avrò visto dentro. Io adesso dico che era un’operazione che stava svendendo, visti i valori proposti dalla Bbva, la banca agli spagnoli, svuotandola di contenuti perché come tutte le banche, avrebbe portato via tutte le attività qualificate a Madrid e avrebbero ridotto la Bnl a una rete. Noi invece la banca rimarrà a Roma, gli portiamo un milione di clienti, forse un milione e 200, contemporaneamente rilanceremo tutte le attività, gli portiamo Unipol banca e faremo una delle prime quattro o cinque banche italiane. E tutto è dimostrato. Vedremo.
Fassino: Bene.
Consorte: E dopo ci confrontiamo.
Fassino: Bene.
Consorte: Ero sicuro che si poteva parlare. Grazie.
Fassino: Bene, bene. Vediamoci presto.
Consorte: Sì presto.
Fassino: Ti chiamo per fissare la settimana.

12 giugno 2007
 da corriere.it
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« Risposta #4 inserito:: Giugno 12, 2007, 10:18:42 pm »

Le nuove intercettazioni sul caso Bnl-Unipol.

Consorte rassicura Fassino «Alla Consob sono contenti, ci ho parlato» «Ho spiegato a Cardia quello che vogliamo fare, mi hanno detto che va bene».

Il segretario ds: «Con Siena siamo in piena guerra» 


 
(...) Fassino: Ho visto che mi avevi cercato, ma ero occupato...
Consorte: Si perché oggi è stata una giornata... E lo sapevano perché so che sei andato anche alla manifestazione lì a Roma.
Fassino: Com’è andata?
Consorte: Ma è andata bene oggi ho incontrato Cardia con tutti lì i dirigenti della Consob e io gli ho spiegato quello che vogliamo fare. Gli ho detto che diciamo ci sono i presupposti per un accordo e che poi... ci stiamo orientando, anche se non c’è una decisione, a fare una contro Opa cash. Loro molto tranquilli contenti. Mi hanno detto va bene.
Fassino. Scusa, domanda domanda da profano.
Consorte: Sì.
Fassino: Il ratios l’avete guardato ovviamente. Siamo tranquilli su quel fronte lì?
Consorte: Il... scusa?
Fassino: Il ratios.
Consorte: Sì, sì, sì.
Fassino: Siamo tranquilli.
Consorte: Ah, ma noi lanciamo quando abbiamo in mano il 51.
Fassino: Mmm.
Consorte: Eh se no non lo facciamo, Piero. Noi abbiamo già in mano il 51. Per cui se ci danno 0 o 49 diciamo... Dovrei augurarmi che mi danno il meno possibile perché sborso meno soldi.
Fassino: Ho capito.
Consorte: Capito?
Fassino: Va bene.
Consorte: Se no non ci saremmo sbilanciati. Quindi, noi diciamo lunedì siamo a Roma caso mai facciamo un salto. Se sei libero ti veniamo a trovare.
Fassino: Lunedì ci sono, ci sono anche lunedì.
Consorte: Perfetto, allora lunedì ti veniamo a trovare.
Fassino: Fino a un certo punto, quando avete un attimo...
Consorte: Sicuramente, sicuramente. Grazie di tutto.
Fassino: No, niente, speriamo di andare in porto.
Consorte: Eh oh, Piero, ce la stiamo mettendo tutta.
Fassino: Siamo in piena guerra. Poi bisogna che parliamo perché siamo in piena guerra con Siena Siena.
Consorte: Ah Siena è un casino eh Piero, veramente. Io ‘sta gente veramente...
Fassino: Ieri è scoppiato un casino, sull’intervista hanno scatenato un casino. Ma qui siamo in piena guerra.
Consorte: Ma cosa vogliono? Cioè...
Fassino: Ma non lo so. Bisogna ragionare perché...
Consorte: Cioè sono...
Fassino: Bisogna passare al contrattacco.
Consorte: Sì, perché sono agitati, ma noi non stiamo facendo niente.
(Fassino ridacchia)
Consorte: È una roba veramente incomprensibile.
Fassino: Veramente incomprensibile. Vabbè.

12 giugno 2007
 da corriere.it
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« Risposta #5 inserito:: Giugno 13, 2007, 12:10:10 pm »

Intercettazioni Unipol: le reazioni Rutelli: «Qui si rischia il tutti a casa»

Il leader della Margherita ricorda quando per primo si schierò contro Fazio. «Non è Mani Pulite, però...» 
 
 
ROMA — «Non siamo all'inizio di una nuova stagione di Mani Pulite, ma se i giornali continueranno a parlare delle stupidaggini fatte dai Ds ai tempi della scalata di Unipol, se continuerà questo stillicidio, qui si rischia il tutti a casa. Chiaro?». È ormai chiaro che Rutelli si trincera dietro la cortina del silenzio per nascondere il proprio nervosismo, ma nei colloqui riservati il leader della Margherita si dice «preoccupato» per il clima che si è creato con la diffusione delle intercettazioni in cui sono coinvolti i vertici dei Ds: teme che «questa operazione sia funzionale all'avvento del nuovismo in politica».

L'affaire Unipol fu motivo di scontro con gli alleati della Quercia, e due anni dopo il vice premier non ha cambiato opinione, «mi ricordo — ha raccontato ai suoi — quando per primo e da solo mi schierai contro Fazio»: «Sono forse l'unico politico a non essere mai andato a Bankitalia». La battuta serve a marcare ancora la distanza dai Ds, a segnare una differenza rispetto al «tifo» che il Botteghino fece per Consorte, e che oggi paga pesantemente in termini politici e di immagine. Ma il punto per Rutelli è che proprio ciò contro cui si è battuto sta minacciando il progetto per cui si batte, cioè il Partito democratico, e pensa davvero che se cadesse «quel muro» nessuno si salverebbe.

Ieri l'avrà detto anche a Fassino durante l'incontro a palazzo Chigi con Prodi. Le divergenze di valutazione sulla vicenda passata rimangono, e come non bastasse hanno aperto una faglia nel Pd. È vero che, per non affrontare il caso, nessun dirigente dei Dl ne aveva fatto cenno lunedì all'esecutivo, finché Carra non ha invitato tutti ad ammettere che il re è nudo: «Il caso Unipol apre uno scenario conflittuale nel Pd. Non solo ci mette più che a disagio, ma ci impone di capire come gestire il problema che si aprirà con D'Alema». Nella replica Rutelli ha glissato, proiettando l'attenzione sul governo, contro il quale si erano lanciati tutti i dirigenti del partito. Tale era stata la veemenza degli attacchi, che il vice premier li ha ripresi, tra il serio e il faceto: «Vi pare possibile che io possa aprire la crisi? Ci ricadrebbero tutte le colpe addosso». E mutando espressione ha concluso: «Ma non c'è dubbio che il varco si è fatto molto stretto».

Il caso Unipol ha contribuito a complicare gli equilibri, delicati al punto che persino l'atteggiamento dell'opposizione sulla vicenda viene studiato per capire se si stanno aprendo nuovi scenari: nella Margherita, per esempio, ritengono che il basso profilo scelto da Berlusconi su D'Alema sia la prova di una disponibilità a un governo di larghe intese. Saranno solo ombre, ma la crisi di credibilità dell'esecutivo è percepita chiaramente anche fuori dal Palazzo, anche da persone che non sono addette ai lavori. Raccontano che sere fa — al concerto di Piovani — l'assessore provinciale di Roma, il ds Vita, abbia chiesto a Benigni di partecipare a un dibattito: «Parleremo della Rai del futuro, vieni?». E il comico di rimando: «Ma la Rai non ha futuro».

Il nodo delle intercettazioni ha ingarbugliato tutto. Come spiega l'ex dalemiano Caldarola, «Rutelli ha le mani legate»: «Non può solidarizzare con D'Alema perché fu contrario a quella avventura, ma non può nemmeno attaccarlo perché salterebbero il Pd e il governo. E come Rutelli, anche Prodi sta zitto, visto che a quei tempi si schierò contro i Ds, sostenendo che la politica doveva stare fuori dall'economia». Silenzio, è la parola d'ordine nella Margherita, tanto che ieri ha colpito la dichiarazione del diellino Bressa in favore del ministro degli Esteri. È stata l'unica.

Se Rutelli non parla, Parisi è chiuso a riccio, convinto che sia difficile esprimersi in un caso come questo, perché — così ha detto ai suoi — «la vicenda è politica, prima ancora che morale e giudiziaria », è la «testimonianza della debolezza della politica e dell'economia, che sono state costrette a sorreggersi a vicenda»: «Questo nodo si scioglie solo varando riforme di sistema». Altro che riforme, per ora l'Unione deve fronteggiare l'emergenza. Mastella fa quel che può per dare una mano ai Ds, «sto muovendomi con accortezza per far valere un principio di giustizia», dice il Guardasigilli: «Anche se ricordo che quel principio venne calpestato ai tempi della Dc... Comunque ci provo, è una questione di stile. Però, vada come vada, da questa faccenda i Ds ne usciranno lo stesso ammaccati».

Francesco Verderami
13 giugno 2007
 
da corriere.it
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« Risposta #6 inserito:: Giugno 13, 2007, 06:47:52 pm »

POLITICA

Il segretario diessino parla al telefono con il presidente di Unipol

"Dice che fate la scalata senza avere soldi per gestirla"

Intercettazioni, Fassino a Consorte "Abete si è lavorato Prodi"

 

ROMA - Un nuova intercettazione nell'ambito della inchiesta sulla scalata (fallita) di Unipol ad Antonveneta.

Parlano, nuovamente, il leader Ds Piero Fassino e il presidente di Unipol Giovanni Consorte.

E spunta il nome di Romano Prodi, citato appunto dal segretario della Quercia.

La telefonata è successiva ad un incontro fra Fassino e il presidente della Bnl Luigi Abete, che il leader diessino aveva preannunciato a Consorte in una precedente telefonata, il cui contenuto era già venuto alla luce. Un colloquio intercettato in cui Fassino spiega a Consorte come Abete, abbia esternato al premier le perplessità sulla scalata in atto da parte dell'Unipol.

Ecco il testo.

Fassino: "E' arrivato qui Abete tutto trafelato".
- Consorte: "Cosa voleva?"
- Fassino: "Non ho capito niente".
- Consorte: "Qual è la proposta?"
- Fassino: "Proposta non ce n'è, non ho capito niente. Abete ha lavorato Prodi dicendogli che fate l'operazione senza i soldi per gestirla".
- Consorte: "Ma questo lo dice lui".
- Fassino: "Io ti sto facendo il quadro".
- Consorte: "Ma, va bè, qual è la proposta".
- Fassino: "Ma non mi ha avanzato nessuna proposta".

(13 giugno 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #7 inserito:: Giugno 15, 2007, 11:07:18 am »

Il tesoriere della Quercia Sposetti e le telefonate «Dovevamo parlare con degli straccioni?» 

ROMA — C’è una cosa importante che Ugo Sposetti, il tesoriere dei Ds, dice all’ultimo. Quando il Consiglio nazionale è finito da pochi minuti e Piero Fassino gli cammina via accanto, nel suo vestito beige, passi lunghi e la testa china, scossa nervosamente per le domande che alcuni cronisti, testardi, continuano a porgli.

Sposetti ha un modo di parlare imprevedibile. Devi stare attento. Magari sta scherzando sull’aria condizionata, sul caffè che è freddo, su queste assemblee che alla fine sono noiosissime e poi però, all’improvviso, ti dice una cosa, questa cosa, che è pesante, eloquente, che spiega se non tutto, molto.

«Senti, io leggo i giornali e vedo i tigì emi accorgo che sono tutti molto, molto sorpresi, e a volte persino scandalizzati, dal fatto che alcuni politici parlino con banchieri e imprenditori. Ma con chi dovremmo parlare? Con chi dovrei parlare, io? Con gli straccioni? Sai qual è ilmio incarico? Sono il tesoriere di un partito. Bene: mi sembra ovvio, normale, scontato, che ogni tanto io stia lì, al telefono, con qualcuno che conta, che fa girare i soldi. E non è libera iniziativa, la mia. Tutt’altro: credo anzi che un politico, ad un certo livello, un certo tipo di rapporti sia proprio obbligato a tenerli».

Sposetti, all’epoca della fallita scalata a Bnl, fu intercettato. Era uno dei tanti che parlava con Giovanni Consorte e gli si dimostrava talmente amico, da raccomandargli di mantenersi evasivo con il segretario Fassino, quando appunto gli fosse toccato di informarlo sulle modalità dell’Opa che Unipol preparava per conquistare la Banca nazionale del lavoro.

«Non le rinnego, quella telefonate. Consorte era e resta un amico...». Ripete frasi già dette, Sposetti, ma val la pena di registrare che, nonostante le bufere si susseguano, i suoi toni restano praticamente identici. Sposetti è uno che non tradisce gli amici, e non cambia idea. Un vero militante.

In fondo, anche ad ascoltare il parere di chi lo conosce da sempre e gli vuole bene, Sposetti ha proprio questo di forte: è rimasto uno che ti dà l’idea di crederci. Pure prima, per dire. Quando gli avevamo chiesto come finirà il parto del Partito democratico (c’era appena stato un ironico intervento di Goffredo Bettini, che ne aveva tracciato, per l’ennesima volta, la sperata fisionomia).

Ebbene, persino di fronte a una simile, delicata domanda, Sposetti non dimostra di essere solo il politico che si sa: esperto, astuto, disincantato. Sposetti dimostra anche e soprattutto una praticità antica, da sezione del Pci, da notti passate a discutere e ragionare. Così, appena intuisce che non lo segui, nei suoi ragionamenti, prende carta e penna e comincia a disegnarti la sua metafora.

«Immaginiamo che il nuovo Pd sia un bambino. Chi sono i genitori?». Ds e Margherita. «Bravo. E perché mai il bambino appena nato dovrebbe portarsi dietro i pregi e i difetti dei genitori?». I pregi sarebbero le proprietà, mentre i difetti sono i debiti: giusto? «Esatto. Allora no, dico io. Facciamo che il bambino cammini con le sue gambine, mentre i genitori restano con le loro gioie e i loro dolori. Mi pare un ragionamento ineccepibile, o sbaglio? ».

Fuori dalla metafora: i Ds, dice Sposetti, si tengono l’intero patrimonio immobiliare (il quale, come sapete, è una roba che toglie il fiato e che può contare su decine di sedi regionali e provinciali e su oltre settemila sezioni). Se lo tengono e lo affittano. A chi? Sentite.
«Io dico che questa storia delle sezioni dei Ds, che in automatico diventano sedi del Pd, non sta né in cielo né in terra. Il Pd, se è interessato a qualche sezione, perché particolarmente strategica, o bella, ne può fare richiesta e prenderla in affitto». Ma chi è che affitterebbe, Sposetti? I Ds non esisteranno più... «Beh, potremmo creare una fondazione... non lo so, ma non è questo il problema. Il punto è che Ds e Margherita continueranno a tenersi ciascuno il proprio patrimonio». Quello della Margherita, come sa, è praticamente inesistente... «Lo so. Il nostro, invece, ha un valore notevole. E allora?
Noi ci terremo però anche i debiti...». Che non sono pochi. «Stiamo risanando, abbiamo approvato il bilancio del 2006 con 11 milioni di euro d’avanzo, che sarebbe una roba da ubriacarsi, non ci fossero poi i debiti pregressi...». Senta, Sposetti: e Mussi? «Mussi che?». Mussi e i suoi scissionisti già sembrano rivendicare un po’ di sezioni. «Guardi, non siamo in un albergo a ore... Mi sono spiegato?».

A questo punto, Sposetti si è messo a parlare dei giornali che il bambino (il Pd, nella sua metafora) non sembrerebbe aver voglia di leggere: Europa, il quotidiano della Margherita, e l’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
«L’Unità però è una grande testata, con una storia stupenda, e vendono ancora 49 mila copie, che non sono poche. No, non mi chieda cosa gli capiterà. Non lo so, non ne abbiamo ancora parlato. Certo, se gli succedesse qualcosa di brutto, ci sarebbero molti compagni che piangerebbero. E se c’è una cosa che io non sopporto, è veder piangere imiei compagni...».

Fabrizio Roncone
15 giugno 2007
 
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« Risposta #8 inserito:: Giugno 15, 2007, 10:15:03 pm »

Scalata Antonveneta, avviata un’inchiesta interna su richiesta di Mastella «Se per D'Alema c'è reato, lo denunci»

Così il presidente della Corte d'Appello di Milano Grechi commenta il duro attacco fatto dal vicepremier sulle intercettazioni 

MILANO - «Se è reato venga denunciato, se un uomo politico lo ritiene, prenda carta e penna e denunci il reato alla Procura. Io, per il momento, non mi pronuncio». Così il presidente della Corte d'appello di Milano, Giuseppe Grechi, ha commentato l'intervista resa giovedì dal ministro degli Esteri Massimo D'Alem. D'Alema riguardo la vicenda della diffusione e della pubblicazione di intercettazioni che vedevano coinvolti parlamentari nell'ambito della vicenda Antonveneta aveva sottolineato che si era in presenza di un «reato e mi aspetto che venga perseguito perché in Italia c'è l'obbligatorietà dell'azione penale».

INCHIESTA INTERNA - Grechi ha ribadito che, su richiesta del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, nei giorni scorsi ha già avviato degli accertamenti, e con lui il procuratore generale Mario Blandini, per verificare se le cautele utilizzate per mettere a disposizione delle parti le intercettazioni «sono state osservate». «Se scopriremo che sono state acquisite illecitamente (dalla stampa, ndr) - ha detto ancora Grechi - faremo denuncia, altrimenti lo farà l'onorevole D'Alema».

LA RICHIESTA DI MASTELLA - Il Guardasigilli, il 12 giugno scorso, aveva inviato una richiesta al presidente della Corte d'Appello, Giuseppe Grechi, e al procuratore generale Mario Blandini, affinché svolgessero «ogni apposita verifica» di fronte alla diffusione «copiosa e dettagliata» di interi brani di intercettazioni, a suo dire riportati dagli organi di stampa «in forma pressoché integrale». Questo avrebbe comportato una «conseguente lesione delle prerogative costituzionali». Grechi è tornato a spiegare di avere adottato, a livello di ufficio gip, «tutte le cautele necessarie perché ciò non si verificasse», e che è sua intenzione verificare se «qualche cosa non ha funzionato».

15 giugno 2007
 
da corriere.it
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« Risposta #9 inserito:: Giugno 15, 2007, 10:17:01 pm »

Il quotidiano aveva riportato le indiscrezioni sul presunto conto segreto

D'Alema-Stampa, lite per l'aereo di Stato

Il giornale di Torino, in un articolo, denuncia: il nostro inviato lasciato a terra per la pubblicazione del rapporto Kroll
 
 
ROMA - Il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, è in visita ufficiale nell'area balcanica: ieri era in Kosovo, oggi a Belgrado. E come sempre al suo seguito ci sono gli inviati accreditati di tv, agenzie di stampa e quotidiani italiani, che lo seguono viaggiando con lui sull'aereo di Stato. Tutti tranne uno: quello della Stampa. Ammalato? No, lasciato a terra. Per decisione dello stesso vicepremier. Il quale, in questo modo, ha forse inteso prendersi una rivincita dopo la pubblicazione, da parte del giornale torinese, delle indiscrezioni sul suo presunto conto corrente segreto in Brasile contenute nel rapporto Kroll.

L'UNICO ESCLUSO - A darne notizia è proprio la Stampa in un commento non firmato (e quindi attribuibile alla direzione) intitolato «Aerei di Stato». Il quotidiano racconta che un primo caso di esclusione da un viaggio organizzato dalla Farnesina si era registrato nei giorni scorsi, in occasione della trasferta del ministro ad Ankara. L'inviato della Stampa era stato il solo a non essere imbarcato al seguito di D'Alema. «La Farnesina chiariva che l'esclusione non era personalmente rivolta al giornalista - si legge nel comunicato -, ma alla testata per a quale lavora».

LA SECONDA VOLTA - Dopo il primo episodio la direzione del quotidiano aveva pensato di soprassedere, «preferendo far rientrare l'accaduto nel vasto capitolo dell'umoralità dei potenti». Ma quando il ministero ha concesso il bis, negando per la seconda volta il «passaggio» all'inviato della Stampa, la questione non ha più potuto essere presa sottobanco.

I PRECEDENTI - «Non è la prima volta che episodi del genere accadono - ricordano dalla redazione di via Marenco -: Cheney in America, Schroeder in Germania e Bettino Craxi in Italia trattarono nello stesso modo giornalisti "colpevoli" di avere scritto cose sgradite o di appartenere a un giornale che intendevano punire».

BENI PUBBLICI, VIZI PRIVATI - Alla Stampa precisano di non volere enfatizzare il caso più del necessario. «Ci limitiamo a sottolineare che un uomo delle istituzioni ha pienamente diritto di non far salire persone sui mezzi che gli appartengono, macchine, aerei o barche da diporto. Se però disponde dei beni pubblici come se fossero suoi, apre una questione che va al di là dello stile che il ruolo dovrebbe comportare».

15 giugno 2007
 
da corriere.it
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« Risposta #10 inserito:: Giugno 16, 2007, 06:09:28 pm »

Il pm ha l’obbligo di procedere

Luciano Violante


Signor Presidente della Corte d’Appello di Milano,

Le scrivo a proposito della Sua dichiarazione, riportata ieri da molte agenzie, secondo la quale Massimo D’Alema, se si ritenesse vittima di un reato, dovrebbe prendere carta e penna e presentare una denuncia.

Mi permetto di dissentire per due ragioni. La consegna ai mezzi di informazione dei testi dettagliati delle conversazioni intercettate costituisce un reato perseguibile d’ufficio.

Nella migliore delle ipotesi, rivelazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.) o rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (379bis); se invece vi fosse stato corrispettivo, si tratterebbe addirittura di corruzione.

In Italia l’azione penale è obbligatoria. Il pubblico ministero ha l’obbligo di procedere ogni qualvolta sia in presenza di una notizia di reato perseguibile d’ufficio, come in questo caso. Se omette consapevolmente di procedere commette a sua volta un reato. Pertanto non c’è bisogno di alcuna denuncia per procedere contro chi ha violato il segreto di quelle intercettazioni.

So bene che mai, o quasi mai, si è riusciti ad individuare gli autori delle fughe di notizie dagli uffici giudiziari. Ma la procura di Milano ha dimostrato in diverse occasioni, anche assai recenti, di avere il prestigio e le competenze professionali idonee a svolgere indagini particolarmente complesse, avvalendosi di strumentazioni tecniche di altissimo livello e giungendo a risultati di particolare rilievo. Perciò sono convinto che gli uffici giudiziari di Milano potrebbero invertire la tendenza all’impunità di chi viola il segreto, rompere questa non decorosa tradizione e dare così un esempio a tutta la magistratura italiana. Tanto più che la procura della stessa città, dimostrando di non essere inerte di fronte a questo tipo di violazioni, informò nel gennaio 2006 la Camera dei Deputati che il giorno 3 di quel mese "era stato iscritto nel Registro Notizie di reato procedimento penale per le ipotesi di reato di concorso in rivelazione di segreti di ufficio (artt.10, 323 c.p.) e di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale (art. 684 c.p.)". Il testo integrale della lettera è pubblicato sul resoconto dei lavori Giunta per le autorizzazione dell’11 gennaio 2006. a la fuga di notizie era sempre relativa alla vicenda Antonveneta-Unipol. Non sappiamo però a quali risultati sia approdata quell’indagine.

La seconda ragione è più delicata. A mio avviso la vera vittima di questo reato non è l’on. D’Alema (spero che lui non si dolga di questa mia considerazione), ma la magistratura e la sua credibilità. Se ci sono persone che, violando i propri doveri professionali, propalano notizie relative a un processo penale destinate a restare segrete, è evidente che l’autorità giudiziaria che quel processo conduce è la vittima principale in quanto incapace di garantire sé stessa dalla fuga di notizie. L’unico modo per recuperare credibilità è individuare e punire i propalatori.

La credibilità dell’azione della magistratura milanese è troppo importante nel nostro Paese per poterla consegnare nelle mani di chi sistematicamente e impunemente viola il segreto delle sue indagini.

Con immutata stima e rispettosa cordialità

Pubblicato il: 16.06.07
Modificato il: 16.06.07 alle ore 10.20   
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« Risposta #11 inserito:: Giugno 19, 2007, 11:58:07 am »

Il caso Ricucci e le norme Intercettazioni, altolà di Di Pietro agli alleati «Niente inciuci o siamo fuori».

Mastella: nessuno pensi di mettere i magistrati sotto schiaffo

 
ROMA — Il giorno dopo il richiamo biparti san lanciato da Silvio Berlusconi sul terreno di un confronto sulla giustizia, nel governo c’è già chi si mette di traverso. Così il ministro Antonio Di Pietro avverte gli alleati su un eventuale giro di vite per le intercettazioni: «Nessun inciucio, non approveremo mai alcuna intesa bipartisan che miri a tappare al bocca a magistrati e giornalisti». E anche se il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, assicura che «nessuno nel governo vuole mettere sotto schiaffo i magistrati», nel governo si fa avanti anche la posizione del ministro Emma Bonino che non porta acqua all’ipotesi di un accordo bipartisan: «Quello che meno mi convince sulla pubblicazione dei verbali è la teoria del complotto. Il problema è che ne esce male la classe politica italiana che dimostra una contiguità tutta particolare tra politica ed economia». IL
MINISTRO—Mastella ha ribadito che al Senato c’è il ddl dell’ordinamento giudiziario che ha la precedenza su quello che limita la pubblicazione delle intercettazioni. Oggi, alle 12 la conferenza dei capi gruppo voterà il calendario dei lavori. Il problema della riforma Mastella, che va approvata entro il 31 luglio, si intreccia dunque con l’iter del ddl sulle intercettazioni (già approvato alla Camera) che rischia di rimanere in coda se non interverrà un accordo tra i partiti. Mastella, tuttavia, è stato chiaro: «Nessuno pensi di mettere sotto schiaffo i magistrati» perché bisogna «riportare serenità» nei rapporti tra politica e magistratura dopo la pubblicazione di intercettazioni e i verbali di inchieste giudiziarie riguardanti i casi Unipol e Antonveneta. Poi, sull’ordinamento giudiziario, il ministro ha usato gli stessi argomenti: «Non c’è nessuna idea né nessuna logica punitiva nei confronti della magistratura». Politica e giustizia «sono due ordinamenti dello Stato che devono rispettarsi reciprocamente e lubrificare il loro rapporto».
DI PIETRO—Ma il ministro Antonio Di Pietro ha di nuovo messo in guardia gli alleati: «No all'inciucio che si sta proponendo al Parlamento per fare una legge che fermi le intercettazioni e la divulgazione delle notizie. Noi dell'Italia dei Valori ci opporremo e non saremo nè con questo governo nè con alcuna maggioranza che ritenga legittimo frenare il lavoro della magistratura e imbavagliare i giornalisti». Una linea analoga viene espressa da Carlo Leoni della Sinistra democratica e dal verde Angelo Bonelli per il quale «la legge sulle intercettazioni non è una priorità».
IL POLO — A proposito di nuovi interventi legislativi urgenti in materia di intercettazioni, il vice presidente della Camera, Giulio Tremonti (FI), sospetta che a Palazzo Chigi qualcuno stia pensando a un decreto legge: «Il governo ha fatto un decreto legge ad ottobre, ne vorrebbe fare un altro adesso? Due decreti in meno di un anno non credo siano una cosa seria». Ma nel centro destra, dopo l’appello alla «sovranità del Parlamento» fatto domenica da Berlusconi, Paolo Bonaiuti torna ad alzare il livello dello scontro con Prodi dopo aver denunciato ancora una volta «l’intreccio perverso e malvagio tra settori della grande stampa e di certa magistratura che Berlusconi ha già sperimentato sulla sua pelle». Accusa dunque il portavoce del Cavaliere: «Il presidente del Consiglio dice che l'aria è irrespirabile e io gli faccio notare che sta parlando dello suo stesso Paese e che quindi egli è in qualche misura responsabile di quell’aria».

D. Mart.
19 giugno 2007
 
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