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Per Soros Usa sono già ricaduti in recessione, bufera sui mercati
Di Fabrizio Aurilia e Francesca Gerosa
Wall Street parte male. Dopo aver registrato le dichiarazioni della Federal Reserve sui "significativi rischi al ribasso" che fronteggia l'economia, il Dow Jones cede il 2,80%, il Nasdaq il 2,73%. L'Europa sta peggio con il Dax in calo del 4,39%, il Cac40 del 4,52%, il Ftse 100 del 4,39% e il Ftse Mib del 3,29%. Gli investitori puntano lo sguardo verso la riunione di due giorni del G20, a Washington, per vedere se verranno adottate misure per contrastare il rallentamento della crescita globale e la crisi del debito nella zona euro.
Ma in una giornata già tesa dopo le fosche previsioni della Federal Reserve (ieri la Banca centrale americana ha parlato di una crescita economica Usa in pesante rallentamento, prevedendo tassi di disoccupazione persistentemente elevati nei prossimi mesi), le indagini sull'attività di settembre hanno fornito sgradite conferme su quel che già prima si temeva.
L'economia rischia di ingranare la marcia indietro. Sugli Usa il superfinanziere, George Soros, non ha dubbi, nell'affermare come "siamo già ricaduti" in recessione. E la colpa è tutta dei Repubblicani, ha detto in un'intervista a Cnbc, che hanno affossato i piani di rilancio dell'economia che erano stati approntati dall'amministrazione Obama.
"Abbiamo un indebolimento dell'economia e un conflitto di fondo sul fatto che i ricchi siano chiamati o meno a pagare più tasse per creare nuovi posti di lavoro", ha affermato, "e così mantenere degli stimoli sull'economia mentre si sta risanando il bilancio". A questo punto secondo il finanziere spetterà agli elettori decidere chi abbia ragione: se Obama e i Democratici o se i loro rivali, i Repubblicani e la frangia oltranzista dei Tea party, che si rifiutano di far togliere i tagli alle tasse sui redditi elevati risalenti all'era Bush. Il verdetto sarà nelle elezioni presidenziali del 2012.
Lo stesso Timothy Geithner, segretario al Tesoro Usa, ha ammesso oggi che la maggiore sfida è la crescita, che è debole e i Governi del mondo devono fare il necessario per sostenerla. L'esponente democratico si è detto "fiducioso sugli accordi raggiunti in Europa per risolvere la crisi del debito" e ha sottolineato che il Fondo Monetario Internazionale ha le possibilità di aiutare.
"La crisi europea però è maggiore della Grecia" anche se Geithner ha detto, citando la cancelliera tedesca Angela Merkel, che "la Grecia non sarà una nuova Lehman Brothers". La crisi Europea è comunque una minaccia per l'economia americana: "la posta in gioco per noi nella soluzione della crisi europea è alta". D'altra parte ha ricordato "gli Stati Uniti non possono essere l'unica fonte di crescita mondiale" anche perché "il 2% di crescita è troppo poco", sebbene il piano sul lavoro del presidente Barack Obama farà salire il Pil dell'1-2%".
Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti ha infine criticato profondamente i contrasti tra i repubblicani e i democratici che la scorsa estate hanno rischiato di causare il default del Paese. Questo clima politico rischia di compromettere la fiducia degli investitori e del resto del mondo nei confronti degli Stati Uniti, ha detto, esprimendo il suo dissenso per la decisione dei repubblicani di votare contro l'estensione della dotazione finanziaria del Fondo monetario internazionale.
L'Europa non sta meglio: secondo il finanziere Soros i ripetuti errori di politica economica dei Paesi dell'area euro hanno creato in Europa una situazione "più pericolosa" per l'intero sistema finanziario globale di quella che si scatenò con il crack di Lehman Brothers, nel 2008. Come già avvenuto nel 2008-2009, partendo dal crack di Lehman Brothers, i lunghi mesi di tensioni della finanza e i crolli delle Borse sembrano aver intaccato l'economia reale europea.
A settembre l'indice tra i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese dell'area euro, il Purchasing managers index (Pmi), ha infatti evidenziato un nuovo indebolimento: a 49,2 punti, minimo dal luglio del 2009, è finito sotto quella fatidica soglia dei 50 punti demarca espansione e contrazione dell'attività.
La recessione ha coinvolto sia l'industria che i servizi, e sebbene appaia più accentuata in alcuni paesi, ha finito per trascinare al ristagno anche la locomotiva tedesca. La ripresa occupazionale, che di solito si muove in ritardo rispetto al tasso di attività, è finita al lumicino, pur restando positiva. In generale vi sono rischi di ulteriori indebolimenti nei prossimi mesi, ha avvertito il capo economista di Markit, Chris Williamson. Unica nota positiva è che in Europa anche i prezzi stanno rallentando la corsa. Ma è una magra consolazione, più che altro potrà servire da monito alla Bce.
Nel corso della primavera l'istituzione si era lanciata in una manovra rialzista sui tassi di interesse, sulla cui opportunità oggi potranno interrogarsi i componenti del Consiglio direttivo. "La Banca centrale europea non dovrebbe tagliare i tassi d'interesse a ottobre, ma i dati deludenti sull'indice Pmi di oggi hanno aumentato la probabilità di una decisione in tal senso", sostengono gli economisti di Nomura, aggiungendo di assegnare una probabilità pari al 30% di un calo dei tassi d'interesse, contro il 20% precedente al dato.
La stessa Cina non ride visto che l'indagine equivalente effettuata in Cina dalla banca anglo asiatica Hsbc ha visto l'indice di attività indebolirsi a 49,4 punti, dai 49,9 di agosto. Certo la situazione qui è ben diversa: se volesse intervenire a sostegno della crescita Pechino avrebbe a disposizione montagne di miliardi in riserve in valuta estera, a fronte dei deficit di bilancio da risananere che si ritrovano Usa e Ue.
Tuttavia questo implicherebbe ulteriore disimpegno dall'export per spingere sul suo mercato interno, difficilmente praticabile mentre si tiene la valuta nazionale, lo yuan, agganciato alle monete occidentali, dollaro e euro, che accusano indebolimenti. Va comunque ricordato che sulla Cina lo scenario recessivo resta molto remoto: nel secondo trimestre il Pil del Dragone ha segnato un incremento del 9,5 per cento su base annua.
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