L'altra avventura, quella dell'uomo
Andrea Casalegno - 18 settembre 2011
Era un periodo difficile della sua vita. Concluse sia l'epopea dell'alpinismo estremo, che l'aveva reso celebre nel mondo, sia la straordinaria esperienza, che Walter si era inventato, del giornalismo di esplorazione e di avventura, che l'aveva rivelato al grande pubblico, Walter si sentiva, non per la prima volta, gravemente depresso. Alcuni amici, per tirarlo un po' su, gli portarono a casa un rotocalco in cui una bellissima attrice, Rossana Podestà, rispondeva a un giornalista che le aveva domandato che cosa le sarebbe piaciuto fare, a parte l'attrice, naturalmente. Rossana aveva risposto così: «Portare le macchine fotografiche a Walter Bonatti».
Poteva finire tutto con una risata, o con un'alzata di spalle. Invece Walter non fece commenti, ma pensò tra sé e sé che forse tra lui e quella donna sconosciuta esisteva un'affinità reale, una misteriosa consonanza di visione del mondo e della vita.
Walter cercò Rossana, e non fu per nulla facile trovarla. Ma alla fine, tenace come sempre, ci riuscì, e cominciò una delle storie d'amore più belle che io abbia mai conosciuto, che per una parte non è certamente finita.
Chiedo scusa ai lettori ai quali è già nota. Ma Betta, mia moglie, e io l'ascoltammo dalla viva voce dei protagonisti, e dall'averla raccontata su queste colonne, con il prima e il dopo, nacquero una vera amicizia e poi la collaborazione di Walter alla Domenica del Sole 24 Ore. Gli articoli, bellissimi, che Walter vi scrisse non aggiungono nulla alla sua fama, ma sono per noi del Sole un tesoro prezioso. Così come siamo fieri di essere stati i primi a divulgare, nel 1994, la lettera aperta di alpinisti, studiosi e amici della montagna che chiedevano alle autorità del Cai, il Club alpino italiano, di rettificare ufficialmente la versione scorretta sulla conquista del K2 di quarant'anni prima.
Incontrammo più volte Walter e Rossana, anche perché le case al mare di Betta e Rossana non erano molto lontane. Potemmo approfittare addirittura dell'alpinista Bonatti, che sulle rocce dell'Argentario, a picco sul mare, aveva tracciato un percorso per ragazzi, abbastanza lungo e del tutto sicuro, rivolto ai figli di Rossana e ai loro amici. Così mio figlio Nicola e il suo amico Pietro, allora quindicenni, e io stesso, possiamo dire di essere stati in cordata con Walter Bonatti.
Aperto, affettuoso, sorridente, disponibile, questo era Walter con gli amici nella terza parte della sua vita, che non lascia più spazio a grandi imprese (anche se il viaggio in Patagonia e altre emozionanti avventure non furono affatto un gioco da ragazzi per Rossana), se lasciamo da parte la grande impresa, che non è alla portata di tutti, anche se è meno esclusiva della continua sfida alla morte degli anni Cinquanta e Sessanta, di costruire con una grande donna una bella vita di coppia e un'armoniosa vita familiare.
Questo è l'unico Walter che conosco per esperienza diretta. L'altro l'ho incontrato, come ogni lettore, sulle pagine dei suoi libri. Bonatti è uno scrittore schietto ed efficace, che sa sempre che cosa vuol dire e come dirlo. Grande narratore, ha difeso la natura sostenendo in modo inflessibile che bisogna affrontarla con mezzi leali, cioè senza trucchi ma con rispetto, amore e soprattutto una piena conoscenza di sé.
Aver conosciuto questo Walter mi consente oggi di sentire lo smarrimento che prova chi non vedrà più quel sorriso che gli illuminava tutto il volto, non sentirà più quella voce, non stringerà più quella mano.
Certo, non era facile affrontarlo quando, in una controversia, sentiva messo in gioco il suo valore supremo: la verità. Nei cinquant'anni di lotta per ottenere giustizia nella vicenda del K2 fu di un'intransigenza che gli venne spesso rimproverata; fino a scrivere al presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, per deplorare che le celebrazioni nazionali per i cento anni di Ardito Desio non ricordassero i torti e le falsificazioni del comandante della spedizione del 1954. Ma nel merito aveva ragione, come tutto il mondo alpinistico sapeva da tempo. E alla fine ottenne giustizia, anche se forse non così completamente come avrebbe desiderato.
Grande in tutti i sensi, e soprattutto come uomo: questo era, questo è Walter Bonatti. Oggi la campana suona davvero per tutti, e anche per le sue montagne.
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