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Autore Discussione: BERNARDO VALLI Il patto dei "forti" per uscire dalla crisi l'Italia paese-cavia  (Letto 2205 volte)
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« inserito:: Agosto 17, 2011, 04:27:10 pm »

L'ANALISI

Il patto dei "forti" per uscire dalla crisi l'Italia paese-cavia del nuovo ordine

L'incontro da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy sulla governance della zona euro.

Dopo una mattinata rabbuiata dai pessimi dati sulla crescita nel secondo trimestre, le proposte del vertice: regola d'oro in costituzione e un governo unico della zona euro

di BERNARDO VALLI


NELLA CIVILTÀ delle immagini queste ultime contano spesso più delle parole. Questo non significa che il vertice franco-tedesco sia stato una semplice rappresentazione, sul genere teatrale. Né una banale opera di comunicazione. A conclusione dell'incontro, durante i lunghi interventi esplicativi di Angela Merkel e di Nicolas Sarkozy, si è avuta la netta impressione che la Francia avesse adottato una cadenza tedesca, e che il suo gagliardo presidente suggerisse quel passo al resto dell'Europa, sotto lo sguardo sorridente, rassicurante della Cancelliera.

Non contavano soltanto le immagini. Una delle proposte era l'adozione della "regola d'oro", vale a dire l'equilibrio budgetario da applicare prima della prossima estate. Si tratta di un principio, già inserito (anche se non ancora entrato in vigore) nella magna charta tedesca, che per molti paesi dell'eurozona, abituati da sempre a cronici deficit di bilancio, equivale a una brutale cura di disintossicazione. Su questo terreno l'Italia è servita da cavia, poiché al nostro governo è già stata ordinata la cura. Ma questo è il prezzo da pagare per salvare l'euro, che per Angela Merkel "resta il nostro avvenire".

Qualcosa di concreto è dunque uscito dal vertice franco-tedesco. Ed anche di controverso poiché le opposizioni non accetteranno tanto facilmente la riforma costituzionale della "regola d'oro". È tuttavia significativo che quando Angela Merkel e Nicolas Sarkozy sono apparsi, a tratti sorridenti, lanciandosi protocollari occhiate cordiali, a tratti con il piglio che si addice agli uomini di governo nei momenti decisivi, le quotazioni dell'euro sono salite. Sono salite con uno scatto atletico rispetto a quelle del dollaro, cancellando le perdite della mattina.
Una mattina rabbuiata dai pessimi dati sulla crescita economica nel secondo trimestre, specie in Germania.

La scalata dell'euro ha avuto momenti miracolosi, mentre il Presidente francese leggeva quel che lui e la Cancelliera tedesca avevano appena concordato. Ma a conclusione della conferenza stampa, quando gli operatori hanno via via digerito i dettagli delle misure annunciate, l'euro, che si era ringalluzzito in quell'ora di gloria purtroppo effimera, è ricaduto a una quota inferiore a quella di lunedì sera. È come se un pallone troppo gonfiato si afflosciasse. Non troppo. Ma in modo significativo: da 1,4472 la nostra moneta unica è scesa a 1,4418. E là l'abbiamo lasciata.

La cadenza tedesca assunta da Nicolas Sarkozy va messa alla prova. Deve essere analizzata. La stessa "regola d'oro" viene affidata alla buona volontà dei paesi dell'eurozona. Meglio alla loro rispettabilità. Inserirla nella Costituzione non significa farne una regola assoluta. Non sono pochi i principi costituzionali violati o non applicati.

Oltre ad avere un valore morale, l'esortazione alla convergenza budgetaria tra Stati Europei può rappresentare comunque un importante passo avanti nel processo di integrazione. Ed è soltanto a conclusione di questo processo che potranno irrompere sulla ribalta finanziaria europea gli eurobond. I quali ieri sono rimasti tra le quinte, auspicati dagli uni e deprecati dagli altri.

Anche su questo terreno Nicolas Sarkozy ha dovuto allinearsi sulle posizioni tedesche. Gli eurobond erano i protagonisti assenti del vertice. Protagonisti perché al centro di animati dibattiti in Germania, e richiesti a gran voce in Francia; e tuttavia assenti dall'agenda perché se Angela Merkel avesse accettato di discuterne con Nicolas Sarkozy, avrebbe rischiato di non ritrovare il suo governo, al ritorno a Berlino. I liberali, membri della coalizione con i cristiano-democratici, minacciano da tempo le dimissioni nel caso venissero create quelle obbligazioni, destinate a condividere, del tutto o parzialmente, tra tutti gli Stati, il rischio sovrano.

L'argomento è tuttavia affiorato durante la conferenza stampa, e Angela Merkel si è affrettata a spiegare che gli eurobond non rappresentano un elisir miracoloso capace di eliminare tutti i pericoli. Nicolas Sarkozy si è accodato alla Cancelliera spiegando che prima di arrivare a un lancio degli eurobond bisogna creare gli strumenti necessari per disciplinarne gli effetti. I quali potrebbero essere seriamente sfavorevoli ai paesi virtuosi, che si vedrebbero accollati i debiti dei paesi meno virtuosi.

Però il tabù è crollato. Nelle ore precedenti al vertice parigino, il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha ribadito la sua opposizione agli eurobond, lasciando tuttavia intendere che essi saranno realizzabili quando le politiche fiscali saranno armonizzate.

Quindi il suo veto non è definitivo, come non lo è quello di Peter Altmater, capo del gruppo parlamentare cristiano democratico al Bundestag, che limita la sua opposizione al futuro scrutabile.

Mentre Sigmar Gabriel, presidente del partito socialdemocratico, giudica gli eurobond una "necessità urgente". E sulla stessa posizione è gran parte del mondo industriale. In particolare quello che esporta i suoi prodotti. Gli umori d'oltre Reno pesavano nel palazzo dell'Eliseo. Erano ben presenti nelle parole di Nicolas Sarkozy, quando ha spiegato con insistenza la necessità di accelerare il processo di integrazione, a conclusione del quale potranno essere lanciati gli eurobond, rivelatori di una compiuta e disciplinata solidarietà.

Da qui la necessità di una governance europea credibile. La proposta di Francia e Germania di creare "un governo economico della zona euro "risponde a quella esigenza? Credo che la nostra moneta unica si sia afflosciata, sia pur leggermente, quando è stato chiarito in che cosa consisterebbe il "governo economico" suggerito con enfasi, quasi teatrale, da Angela Merkel e da Nicolas Sarkozy.

Esso sarebbe costituito da un consiglio di capi di Stato e di governo, dovrebbe riunirsi due volte all'anno, e avrebbe alla testa un presidente eletto per due anni e mezzo. Il nome di Herman Van Rompuy, attuale pallido presidente del Consiglio europeo, è stato fatto come primo responsabile della nuova istituzione. Nell'Unione europea i consigli si sovrappongono come i mattoni di un edificio mai ultimato.

La prima pietra dell'auspicata governance non suscita entusiasmo. Più concreta, anche se ancora imprecisa, è la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie, destinata a pesare con moderazione sui movimenti internazionali di capitali. Berlino e Parigi si propongono inoltre, entro il 2012, di creare un'imposta comune sulle società francesi e tedesche. Ci si aspettava un aumento del fondo di soccorso agli Stati in difficoltà, ma Angela Merkel ha ritenuto sufficiente quello esistente. E Nicolas Sarkozy si è adeguato.

(17 agosto 2011) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/economia/2011/08/17/news/patto_forti-20522403/?ref=HREA-1
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