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Autore Discussione: La nuova Turchia del presidente Gül  (Letto 2158 volte)
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« inserito:: Settembre 08, 2007, 09:31:07 pm »

SENZA FRONTIERE

La nuova Turchia del presidente Gül
di Soli Ozel*


La sua elezione apre il paese alla economia globale, dà spazio alla democrazia, lo libera dalla tutela dell'esercito. E lo avvia verso l'Unione Europea  Il neo presidente della Turchia,

Le elezioni del 22 luglio hanno fatto da spartiacque nella politica della Turchia. Il partito Akp, nato dal movimento islamico turco e divenuto di tendenze religioso-conservative ed economico-liberali, ha ottenuto una vittoria schiacciante. Questo risultato ha dato credito all'idea che l'Akp stia emergendo come partito di riassetto e che, nonostante l'aumento del nazionalismo xenofobo, la società turca desideri l'integrazione con l'Unione europea.

I sondaggi post-elettorali dicono che quasi l'80 per cento degli elettori ha votato l'Akp o perché soddisfatti della sua performance economica o perché ne attendono una altrettanto buona in futuro. In tal senso, l'elettorato turco si è comportato come quello dei paesi democratici: ha votato pensando al portafoglio.

L'elettorato turco ha anche inviato un messaggio chiaro circa il fatto di non voler più la tutela dei militari in politica. Allo stesso modo, ha dimostrato di essere sordo ai richiami di coloro che hanno visto nell'Akp un mostro islamico che avrebbe portato il Paese verso l'oscurità teocratica. Il risultato ha preparato il terreno per l'elezione di Abdullah Gül, ex ministro degli Esteri, come undicesimo presidente della Repubblica turca. Dato che la crisi politica ha raggiunto il suo apice precisamente su questa questione, il 27 aprile, quando i vertici delle Forze Armate hanno diffuso un minaccioso ultimatum, prospettando un intervento, questo epilogo è realmente di storiche proporzioni.

Il feroce dibattito sulla candidatura di Gül ha sottolineato il significato simbolico della presidenza nell'equilibrio dei poteri in Turchia. Il velo che indossa la signora Gül per motivi religiosi è stato visto come un assalto al sacrosanto principio laico della Repubblica. Così la crisi di questi mesi è stata qualcosa di molto più profondo di una semplice scelta per eleggere il capo dello Stato.

Ha toccato la natura della Repubblica turca. Il presidente ovviamente rappresenta lo Stato, ma non è un uomo di paglia. Quando vuole può presiedere il Consiglio dei ministri. Ed ha anche altri poteri. Nomina i giudici delle Alte Corti di giustizia e i membri dello Yok, il Consiglio superiore dell'istruzione. È il comandante in capo in tempo di pace. La presidenza ha un enorme significato politico simbolico, poiché si tratta della posizione occupata dal fondatore della Repubblica, Kemal Ataturk. In genere la presidenza ha finora rappresentato il potere delle élite burocratiche e civili sulla classe politica.

Gül sarà, con ogni probabilità, un presidente coinvolto e impegnato. Viste le molte sfide che la Turchia si trova a dover affrontare nell'intera regione, la sua esperienza in politica estera e le conoscenze fatte durante il suo mandato da ministro dovrebbero tornargli utili. La crisi turca, le elezioni generali e la scelta del nuovo presidente sono state una corsa fra una Turchia aperta e una Turchia introversa, tra una Turchia borghese e democratica e una tutelata dall'esercito militare, tra una Turchia favorevole a un'economia globale e una invece più protezionista.

Il partito Akp controlla ora tutti i ruoli e le posizioni al vertice della struttura politica. In tal senso, la Turchia si trova a navigare in acque del tutto inesplorate. Ciò ha portato molti osservatori estranei alla politica turca a sospettare un intervento militare. Malgrado il profondo scontento che serpeggia fra i militari, si tratta di una opzione inesistente. Tuttavia, le preoccupazioni dell'opinione pubblica turca e internazionale, circa una possibile islamizzazione della Turchia, non sono scomparse. Le luci della ribalta sono puntate su entrambi i leader e sugli adempimenti del nuovo governo Akp.Il discorso inaugurale di Gül è stato esauriente e meditato. Dovrà tener fede alla parola data e, cosa ancora più importante, sia lui sia il premier Recep Tayyip Erdogan saranno chiamati a domare il revanscismo dei loro sostenitori e dei gruppi di partito meno scrupolosi.

Fino a oggi la Turchia ha integrato il proprio movimento islamico all'interno di una visione tradizionale della politica. Sia Erdogan sia Gül hanno dato segno di voler continuare a inseguire il progetto Unione europea con rinnovato entusiasmo. Tale processo e la prospettiva di diventare paese membro possono essere considerati uno degli antidoti più efficaci contro la paura della desecolarizzazione. Così, il progetto repubblicano di modernizzazione della Turchia andrà avanti. Questa volta, però, il Paese cercherà di forgiare una nuova sintesi tra Islam, capitalismo e democrazia secolare liberale. Se questa festa continua, e la Turchia riesce a gestire abilmente le sfide della sua profonda trasformazione, il mondo avrà di che ringraziarla.

*docente di Relazioni internazionali all'Università Bilgi di Istanbul
Traduzione di Rosalba Fruscalzo
(07 settembre 2007)


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