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Autore Discussione: PIERO COLAPRICO - Addio a Giuseppe D'Avanzo la firma delle grandi inchieste  (Letto 2335 volte)
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« inserito:: Agosto 01, 2011, 11:41:10 am »

IL RICORDO

Addio a Giuseppe D'Avanzo la firma delle grandi inchieste

Gli inizi difficili e gavetta dura, senza raccomandazioni, poi carriera a Repubblica, inviato, editorialista, inchieste sulla mafia, sull'Italia oscura, scoop su scoop che lo rendevano temuto dai concorrenti. Forte nel fisico da ex rugbysta e nello spirito da "buon pirata", un uomo che conosceva la vita

di PIERO COLAPRICO


ROMA - È successo, e chi lo conosceva sa che non è esagerazione, come con la quercia abbattuta dal fulmine. Giuseppe D'Avanzo era una quercia, una quercia di uomo e di giornalista, con le radici salde, che affondavano nei tanti libri letti e nelle tante inchieste affrontate a viso aperto, e con i rami sempre in cerca di un nuovo spazio di cielo. Ma da ieri mattina non c'è più, D'Avanzo è morto correndo in bicicletta, tra Roma e Viterbo, è morto all'aria aperta, e l'aria aperta, in tutti i sensi, gli piaceva assai.

È sempre stato un super-lavoratore, gli sforzi non lo spaventavano, era forte: nel fisico da ex rugbysta e nello spirito da "buon pirata", da uomo che conosceva la vita. Inizi difficili e gavetta dura, senza raccomandazioni, poi carriera a Repubblica, inviato, editorialista, inchieste sulla mafia, sull'Italia oscura, scoop su scoop che lo rendevano temuto dai concorrenti. Un passaggio al Corriere della Sera, poi una dozzina d'anni fa il ritorno a Repubblica, con il ruolo di vicedirettore, che abbandonò, per tornare non solo a scrivere, ma a "dettare legge": ed evitava con cura fotografi e tv, per restare "libero" di muoversi, mentre i suoi "pezzi" conquistavano la ribalta internazionale.

Capace di arrabbiature solenni, ma anche di uno sguardo ironico, in grado di spiazzare, o di una frase gentile, e sorprendente. Ha sempre lottato per le notizie: per la verità delle notizie, viene voglia di aggiungere. Da qualche tempo lottava anche con i chilometri da masticare pedalando, e s'era riconquistato un fisico asciutto, scattante. Era fiero di un check-up che lo descriveva sano come un pesce e da anni aveva smesso di fumare i suoi sigari: "Qualche volta sogno di essere seduto al bancone di un bar, chiedere da bere e accendere un cubano...", scherzava, perché in realtà non gli mancava niente. Leggeva e leggeva, scriveva, meditava su che cosa sarebbe successo a settembre, perché "questi sono anni sempre più incredibili, ma molto interessanti, di spaccatura, e noi giornalisti siamo fortunati, anche se...".

Non c'è più spazio per gli "anche se". D'Avanzo ieri mattina si stava allentando per un tour ciclistico, da fare presto in Sicilia, con tanto di meccanico al seguito. E ieri mattina correva con il vecchio compare di scrittura e pedali, Attilio Bolzoni, e con altri due amici. Stavano per arrivare, alle 12.30, a Calcata, provincia di Viterbo, per fare sosta lunga e tornare a Roma, 120 chilometri in tutto. Non era stata una tappa da giro, ma poco più di una gita, con qualche pausa, con Attilio e Beppe che erano rimasti un po' indietro, ma ormai mancava davvero poco. All'improvviso, il fulmine è caduto, un fulmine interno, nel cuore di quercia di Giuseppe, rendendo inutili i soccorsi, l'affannarsi per spostarlo dalla strada. "Mi sono avvicinato subito - dice Bolzoni - ho sentito che mi chiamava: "Attilio". E poi...". L'unica, vana, misera consolazione per gli amici, non pochi, sta solo nel fatto che diceva di non voler morire di malattia: e se n'è andato così, in quell'aria aperta, sotto quel cielo lontano che da napoletano ha sempre apprezzato, e un po' temuto. Se n'è andato senza la possibilità di dire addio alla moglie e a Giulia, senza la possibilità di "un'ultima parola", e ne aveva da dire. E, viene da aggiungere, senza la possibilità di "un'ultima risposta".

I più giovani, quelli che credono di apprendere le notizie soprattutto da Internet, forse collegano D'Avanzo all'ultima stagione dello scandalo-Berlusconi. Alle sue "Dieci domande" sulla relazione tra il premier e la minorenne napoletana Noemi Letizia, che hanno fatto il giro del mondo, riprodotte da migliaia di media. E poi alle sue "Dieci bugie", scaturite dalle indagini, anche in strada, sui rapporti tra Berlusconi, Ruby Rubacuori e le altre ragazze che frequentavano le feste di Arcore. Ma D'Avanzo era uno che, come si dice, "non guardava in faccia nessuno" e dagli anni Ottanta, tra scoop da prima pagina e inchieste, ha modificato - e sul serio - uno stile giornalistico. Era l'unico a potere e sapere mescolare la cronaca, costruita e impreziosita da notizie esclusive, con i suoi commenti, le analisi, le "visioni".

Eppure, decennio dopo decennio di fatiche e di strade - il tempo del giornalista che ama la cronaca è sempre intenso - D'Avanzo era rimasto esigente con se stesso, con le notizie, con la qualità nella scrittura degli articoli. "Quando funzionano, devono fiorire", diceva Giuseppe D'Avanzo, 58 anni da compiere, una quercia di giornalista, e di persona.

(31 luglio 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/cronaca/2011/07/31/news/ricordo_colaprico-19837382/
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