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Autore Discussione: VITTORIO SABADIN. La vendetta della sfinge  (Letto 2206 volte)
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« inserito:: Luglio 19, 2011, 06:37:13 pm »

19/7/2011

La vendetta della sfinge

VITTORIO SABADIN

Ora che è stato deposto come un tiranno, inseguito dalla folla mentre fuggiva in taxi, Zahi Hawass ci mancherà. D’accordo, era insopportabile con quel cappello alla Indiana Jones, il protagonismo e le arroganti maniere che usava con i più deboli. Metà degli archeologi del mondo lo avrebbe volentieri seppellito vivo in qualche sarcofago, ma il suo volto era diventato familiare a milioni di telespettatori, come una rassicurante presenza in ogni documentario che riguardava l’Egitto.

Con i reperti di 5000 anni di civiltà egizia a disposizione, Hawass era la persona ideale per trovare storie da raccontare a giornali e tv: se non c’era qualche nuova scoperta era facile organizzare una «riscoperta» di qualcosa, magari nascondendo sotto la sabbia oggetti dimenticati in qualche magazzino, come raccontano malignamente i suoi detrattori. Quando una spedizione straniera trovava qualcosa di importante, era vietato ai suoi membri darne l’annuncio prima che Hawass e il suo cappello arrivassero sul posto, in tempo per le foto e le riprese tv. Chi trasgrediva veniva cacciato dall’Egitto.

Ai periodi di magra mediatica, Hawass rimediava con sensazionali annunci: a dargli retta, avrebbe trovato tunnel e stanze segrete sotto la Sfinge, la tomba di Osiride nei pressi della piramide di Chefren, quella di Cleopatra ad Alessandria, la mummia della regina Hashepsut nella tomba KV 60 nella Valle dei Re, ritrovamenti dei quali non si è spesso saputo più nulla.

A decretare la fine del regno di Hawass è stata la notizia data dal «New York Times» dei 200 mila dollari che gli venivano versati ogni anno da National Geographic per avere in pratica l’esclusiva delle riprese nei siti archeologici. La corruzione in Egitto è endemica, ma non bisogna esagerare e soprattutto non bisogna farsi scoprire. Non è detto che con il suo successore le cose vadano meglio: l’esperto di restauri Abd el Fattah el Saied el Banna si è distinto finora solo per avere guidato al Cairo l’assalto della folla alla casa di Mark Lehner, uno degli archeologi più rispettati, accusandolo di nascondere reperti rubati.

Nei giorni in cui doveva aprire una tomba, Hawass non si radeva. Temeva che se si fosse tagliato, un antico germe in letargo da migliaia di anni avrebbe potuto contagiarlo attraverso la ferita, e prendeva molto sul serio le iscrizioni che minacciavano i profanatori di essere divorati da coccodrilli e ippopotami. Se qualcosa lo ha divorato, è stata la sua arrogante ambizione: i faraoni hanno molti modi per vendicarsi.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8996
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