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Autore Discussione: GIOVANNI CERRUTI. - Lega, il tenore è stanco  (Letto 2007 volte)
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« inserito:: Giugno 18, 2011, 10:29:56 am »

18/6/2011

Lega, il tenore è stanco

GIOVANNI CERRUTI


Pare proprio che questa volta, e sarebbe la prima volta, il coro non salirà sul palco. Niente odi leghiste e niente lodi padane al nostro Segretario Federale, al nostro Umberto, al nostro Condottiero che non sbaglia mai. Sarà la sua festa, d’accordo e come sempre. Ma questa volta canterà solo lui, Umberto Bossi, il tenore stanco di Pontida. La politica attende il suo comizio di domenica e già si sa che sarà a metà, di quelli brevi, giacché la malattia non consente troppa fatica. A metà come il pratone, che pure questo non è più quello di una volta: quel che c’era se l’è preso da anni un supermercato, quel che resta è un parcheggio.

Ci sarà il sole, domani, e se i leghisti saranno pochi la colpa non potrà essere del brutto tempo. Già questa, l’incertezza su quanti saranno, dice abbastanza sul disorientamento dei militanti. Quello degli elettori, il più evidente, il più allarmante, si è già visto tra amministrative e referendum. E’ stata una pessima sorpresa, per Bossi, e alla Lega non basta scaricar le colpe sul premier per sentirsi meglio. Sul palco avrà pochi minuti di tempo per convincere, per trovare un motivo - il blocco navale per evitare barconi dalla Libia, ad esempio - che costringa Berlusconi a dar ragione alle sue richieste e alle sue proteste. Il tenore canterà l’inno della Lega che vuole la libertà, padroni a casa nostra, mai più con Roma ladrona. Canzoni già sentite, come quella sui ministeri che si debbono trasferire al Nord, e così la Consob, e così Rai2. O sulle tasse da ridurre. O sui Comuni virtuosi che non meritano i vincoli del Patto di Stabilità. Ma Bossi sa, come ha annotato in questi giorni su un quadernetto d’appunti, che perfino tra dirigenti e militanti la stanchezza e i dubbi sono in fermento. E che cresce la quota di chi tollera a fatica l’alleanza con il Cavaliere, zavorrata da feste, inchieste, promesse, battute, errori ed elezioni perse.

Ancora una volta, a Pontida, la Lega deve affidarsi a Bossi per conoscere la scaletta della prossima puntata. Ma il coro che non c’è dice che perfino il Capo ha capito che gli spazi di manovra si vanno stringendo, e i rischi aumentano. Il coro non parla per evitare che un accenno a Berlusconi possa scatenare fischi, o anche applausi, o comunque caos. A fine aprile, alla festa dei Giovani Padani milanesi, Bossi era stato interrotto da un ultrà: «Umberto, mandiamo a casa Berlusconi!». Non aveva risposto mandandolo a quel paese, ma con un cauto «Va pian». Come dire che non era ancora il momento, ma quel momento sarebbe arrivato.

Non sarà nemmeno domani, il momento. O almeno così lasciano intendere da via Bellerio, dove ieri si sono presentati tutti, da Calderoli a Castelli e Maroni, e mancava solo lui, il Capo. Perché Bossi potrebbe essere ancora convinto che l’alleanza, nonostante gli sberloni, possa ancora regalare qualche medaglia, possa aumentare il bottino leghista di questi ormai lunghi anni di governo. Con Berlusconi, nonostante il diverso parere di parecchi leghisti, l’intesa per andare avanti ci sarebbe. Ma sul suo quadernetto Bossi ha segnato la domanda che in questa settimana si è sentito ripetere più spesso: «Andare avanti per fare che?».

Da Pontida qualsiasi ultimatum avrà come scadenza settembre, al solito raduno di Venezia. E per capire se Bossi ha davvero in mente di mandare a casa Berlusconi, anche se non subito, basterà aspettare un eventuale accenno a una nuova legge elettorale. E’ lì che si potrebbe nascondere l’inizio dello strappo con il Cavaliere. Sarebbe l’indicazione per nuove elezioni politiche già nella primavera prossima, come Maroni ha previsto da mesi. Con una nuova legge elettorale che vede il Pd già disponibile alla discussione, pronto ad approfittarne per rompere l’alleanza Lega-Pdl. E una Lega che potrebbe presentarsi al voto in solitudine.

Prima, però, Bossi dovrà decidere cosa vuole dalla sua Lega. Se dev’essere Partito o Movimento, se è di lotta o di governo, se è confessionale o laica, se è nazionale o padana, se sta a destra per convinzione o convenienza. Nell’ultimo anno il suo comizio più lungo è durato un quarto d’ora, e dunque non c’è da aspettarsi un gran discorso. E più che la voce dal palco ci sarà da aspettare la reazione dei militanti, magari gli stessi che chiamano «Radio Padania» per gridare basta con questa alleanza. «Non ci lasceremo trascinare a fondo», aveva promesso Bossi dopo la sberla delle amministrative. Domani li dovrà convincere. E non sarà semplice.

da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8868&ID_sezione=&sezione=
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