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Autore Discussione: Riccardo Bocca. - Io, Michele e la nuova tivù  (Letto 2257 volte)
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« inserito:: Giugno 10, 2011, 06:32:28 pm »

Io, Michele e la nuova tivù

di Riccardo Bocca

«Dopo Santoro, ci piacerebbe portare qui Fabio Fazio. E vogliamo Maurizio Crozza in esclusiva.

Ma arriverà anche gente non certo di sinistra, come Filippo Facci».

Enrico Mentana racconta la rivoluzione in corso a La7

(08 giugno 2011)

Enrico Mentana gode.
Ha iniziato a godere la sera del 6 giugno, quando con aria sorniona ha così aperto il telegiornale de La7: «Bomba sotto al cielo televisivo: divorzio tra Rai e Michele Santoro». Il passo dopo, salvo improbabili sorprese, sarà il trasloco del conduttore di "Annozero" dal litigioso condominio di Rai 2 alla più allegra tv di Telecom. Quella dove, tra gli altri nomi illustri, lo aspettano «a braccia aperte» amici come Enrico (Mentana, appunto) e Gad (ovviamente Lerner): a loro volta ospiti di "Annozero", nel recentissimo passato, e quanto mai lesti a benedire l'operazione.

Rimane un dubbio, Mentana: c'è davvero da felicitarsi, per l'addio di Santoro a viale Mazzini, o è una sconfitta per tutti la sua uscita dalla televisione pubblica?
«Ma quale sconfitta, quale privazione... Semplicemente assistiamo al passaggio di un giornalista da un gruppo all'altro. E' normale, sono le regole del mercato».

Aldo Grasso, sul "Corriere della Sera", parla di «autolesionismo paradossale» della Rai. Altri invece vedono questa separazione come la logica fine di un'ipocrisia. La sua versione?
«Che effettivamente è un suicidio, per la Rai: ma anche il termine di una situazione insostenibile. Nessuno, in teoria, potrebbe rinunciare a una fonte di ascolti e guadagni come Santoro. Anche se, pensandoci bene, la stessa cosa è successa a me».

Il risultato qual è? Una mossa che rafforza il neo direttore generale Rai, Lorenza Lei, o la dimostrazione della sua fragilità di fronte alla politica?
«Non conosco Lorenza Lei. E aggiungo: raramente le dinamiche Rai interagiscono con la realtà. Per questo non mi appassionano, questi discorsi...».

Molto appassionante, viceversa, è ciò che sta succedendo dalle sue parti. Il ritornello che gira, in questi giorni, è che arriva Santoro a La 7, porta il prime time oltre la soglia del 5 per cento, la pubblicità di conseguenza decolla e la ciliegina sulla torta è un'alleanza con Sky per rafforzare il palinsesto.. .
«Diciamo che, televisivamente, la situazione è paragonabile a quello che in politica è successo nel 1992-93... Si aprono spazi, si cerca di coprirli virtuosamente, e Santoro è ideale per La7».

Resta il capitolo Sky, su cui ragionare.
«L'amministratore delegato de La7, Giovanni Stella, dice che serve un socio industriale. Ecco, spero che non venga individuato nel settore dei mass media. Preferirei evitare commistioni che ci vincolino; non vorrei, in altre parole, che qualcuno arrivasse qui e mettesse il cappello su questa storia...».

In attesa di trovare la sponda giusta, dunque, che piano strategico avete?
«Dare una forte connotazione alla rete con l'informazione, l'approfondimento e i talk show. Tutto ciò, ovvio, andrà incrementato con altri innesti in diversi settori».

Tipo?
«Fabio Fazio, per esempio, al quale credo si riferisse Stella nelle sue riflessioni dei giorni scorsi. Insomma: qualcuno per rafforzare la comproprietà che abbiamo con Rai 3 di Maurizio Crozza, e che oggettivamente è un po' poco...».

Il risultato, a prima vista, è un gruppo di ottimi professionisti, da lei a Santoro, da Lerner a Lilli Gruber, sbilanciati verso il centrosinistra. Non è anche questo, a modo suo, un autogol?
«Diciamo che, in effetti, è un rischio. Io per primo non mi ci trovo, in una tv orientata a senso unico. Ma posso anticipare che non pescheremo solo nel mare rosso della sinistra. Per esempio, prenderemo Filippo Facci, che certamente di sinistra non è».

In sostanza, sta dicendo che La7 è più libera della Rai.
«No, non mi piace questo genere di paragoni».

Possiamo allora dire che La7 è una televisione libera?
«Diciamo che la libertà è quella che uno si prende: non può volerla per forza dall'azienda dove lavora. Se fai quello che ritieni giusto e vieni censurato, te ne vai. Non si può essere liberi, ribadisco, con la firma del notaio».

Lei, per dire, andrebbe oggi a lavorare in Rai?
«Mi è stato chiesto più volte, in passato. Ma in viale Mazzini c'è una stanzialità formale. Nel senso: se non disturbi, nessuno ti disturba. Se invece fai bene il tuo lavoro, rischi il posto tutti i giorni».

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da - espresso.repubblica.it/dettaglio/io-michele-e-la-nuova-tivu/2153412
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