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Autore Discussione: EUGENIA TOGNOTTI. Germi, battaglia infinita  (Letto 3220 volte)
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« inserito:: Maggio 26, 2011, 05:53:04 pm »

26/5/2011

Germi, battaglia infinita

EUGENIA TOGNOTTI

Se tre morti e il contagio di centinaia di persone con un ceppo aggressivo e insolitamente "cattivo" di E. coli enteroemorragico (Ehec) - come quello che si sta diffondendo da Nord a Sud in più di sei Stati tedeschi, da Amburgo a Saar - si fosse verificato nel momento di massimo allarme per possibili attacchi bioterroristici, avrebbe anche potuto autorizzare qualche sospetto. Del resto questo patogeno - che deve il suo complicato nome al batteriologo tedesco, Theodor Escherich, che lo ha individuato, in un altro tempo e in altro secolo - era inserito nei repertori delle possibili armi biologiche - insieme all'antrace, al vaiolo, alla tularemia e molte altre - che i terroristi avrebbero potuto usare sia aggiungendo il batterio a una fonte di acqua o di cibo o infettando i bovini. Non minacciosa come la peste - che si caratterizza per la facilità di diffusione e trasmissione, l'alta morbilità e la mortalità - ma più facile da "maneggiare" e capace comunque di provocare panico e insicurezza, e quindi rispondente ai piani dei terroristi di Al Qaeda, che, secondo i servizi segreti americani, disponeva di «un’articolata struttura per l'addestramento alla produzione, manipolazione e utilizzo di agenti chimico-batterici». Peraltro, nella corsa agli armamenti biologici di Unione Sovietica e Stati Uniti, l'E. Coli era entrato nei programmi di ricerca di nuove tecnologie capaci di aiutare a comprendere la minaccia di nuovi agenti patogeni per la guerra. Così - come si racconta nel libro «Germi. Le armi batteriologiche: una guerra segreta» (Longanesi) - un gruppo di ricercatori americani introdussero «un gene pericoloso nell'E. Coli, il comune batterio intestinale, creando un supergerme che attaccava le cellule umane».

L'allarme suscitato dalla rapida diffusione dell'Escherichia coli enteroemorragico (Ehec) non ha niente a che fare col bioterrorismo e con agenti biologici ingegnerizzati. Impressiona - e non solo i tedeschi, naturalmente - il continuo comparire sulla scena, negli ultimi decenni, di nuovi patogeni - batteri, virus, parassiti - responsabili di tossinfezioni alimentari che trovano nel mondo globale le condizioni migliori per diffondersi: i movimenti di uomini e merci, uno dei fattori più dinamici della storia nell'influenzare l'equilibrio tra microbi, virus e uomini; l'estendersi degli allevamenti intensivi; il sempre più massiccio ricorso alla ristorazione collettiva. Tra i patogeni emergenti c'è appunto l'Escherichia coli 0157: H7, un ceppo pericoloso, e in quanto tale un sorvegliato speciale la cui evoluzione è attentamente monitorata dai ricercatori. Le ultime epidemie sono state particolarmente gravi e dal 2006 una percentuale molto più elevata, rispetto al passato, delle persone infettate, è finita in ospedale per complicazioni. Una cosa che, questi giorni, si sta verificando anche in Germania, dove è segnalata l'insorgenza di malattie gravi in un numero eccezionalmente alto di casi, cosa che fa pensare alla concreta possibilità che si sia selezionato un ceppo mutato, molto virulento, capace di espandersi a grande velocità, con tutta probabilità attraverso alimenti contaminati, che viaggiano con la grande distribuzione.

Anche quest'emergenza tedesca e la comparsa di una nuova varietà di pericolosi patogeni, come l'E. coli, capaci anche di uccidere, ci dà un'altra lezione: attraverso i processi naturali della mutazione genetica e la selezione naturale, i germi, responsabili di malattie vecchie e nuove, stanno dimostrando la nostra vulnerabilità, a dispetto del poderoso arsenale - antibiotici e presidi farmacologici - che la Medicina ha messo insieme nell'ultimo mezzo secolo.

da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 20, 2011, 06:03:01 pm »

20/9/2011

Torna la paura della Tbc

EUGENIA TOGNOTTI

L’ allarme suscitato dai casi d’infezione tubercolare nel reparto di Neonatologia del Gemelli, ha provocato, anche in un Paese a bassa incidenza come l’Italia, un risveglio dell’attenzione verso quell’antico morbo - chiamato un tempo «mal sottile» - che dopo una spettacolare regressione epidemiologica dagli Anni Cinquanta, ha conosciuto negli ultimi decenni un’inversione di tendenza. A favorirne la diffusione, in particolare nelle grandi capitali europee e nei Paesi in via di sviluppo, ha contribuito, anche l’aumento d’individui con compromissione dell’immunità dovuta all’infezione da Hiv/Aids, nonché l’uso indiscriminato di antibiotici, che ha provocato la selezione e la disseminazione nel mondo di batteri multi-farmaco resistenti. Ma non è meno importante il ruolo svolto dall’eziologia sociale, per riprendere una definizione cara agli igienisti dell’Ottocento; la ricomparsa della malattia sembra essere legata alla povertà dei gruppi di popolazione «a rischio», tra cui i migranti, che sperimentano condizioni, quali miseria, sovraffollamento degli alloggi, fatica, carenze nutritive, marginalità urbana, che nel XIX secolo favorivano la diffusione della tubercolosi negli insalubri quartieri delle grandi città in crescita sotto la spinta dell’industrializzazione.

Così, la tubercolosi sembra riprendersi, prepotentemente, il ruolo di malattia-metafora che aveva nell’Ottocento, quando dopo la dimostrazione d’infettività e contagiosità per via aerea si trasforma da malattia costituzionale, individualizzante, propria di esistenze elette (artisti, poeti, musicisti) in «fenomeno morboso di massa», socialmente discriminante: il romantico tisico lascia il posto al pericoloso disseminatore di mortali bacilli, che, tossendo o sputando, contamina lo spazio pubblico (strade, uffici, carrozze ferroviarie, teatri, ecc.). Perché il tubercolotico non era un malato qualunque, costretto a letto per quasi tutto il periodo della malattia, caratterizzata da un decorso prolungato: «il morbo lento» la chiama Alessandro Manzoni, che di quella malattia vede morire nel 1856, all’età di venticinque anni, sua figlia Matilde.

Una malattia unica, dunque, con caratteri speciali rispetto ad altre malattie infettive: l’agente causale, il Mycobacterium tubercolosis, è un batterio trasmesso da persona a persona principalmente attraverso l’inalazione di goccioline di secrezioni respiratorie («aerosol»), prodotte a seguito di colpi di tosse, starnuti o attraverso il semplice eloquio. Nella maggior parte dei casi, l’infezione si localizza nelle basse vie respiratorie e viene contenuta dal sistema immunitario, non producendo sintomi o segni clinici di malattia. Lo stato d’infezione può essere evidenziato mediante test cutanei o sierologici, come nel caso dei bambini ricoverati all’ospedale «Gemelli». In caso di compromissione permanente o temporanea del sistema immunitario, al momento dell’infezione o in un periodo successivo all’acquisizione dell’infezione, i micobatteri possono diffondersi e «attaccare» le strutture polmonari. La malattia tubercolare («tubercolosi») si verifica, quindi, più spesso nei polmoni, ma può anche interessare i linfonodi superficiali («scrofola»), il sistema scheletrico, l’intestino, il cervello e le meningi, i reni e altri organi. I «gruppi a rischio» nel nostro mondo (senzatetto, tossicodipendenti, carcerati, migranti, anziani, soggetti con infezione da Hiv/Aids, ecc.), che condividono la condizione di una più o meno grave compromissione immunitaria, hanno in comune con i gruppi di popolazione nelle città ottocentesche la povertà, e, di conseguenza, la sua capacità di favorire la caduta del sistema immunitario. Ma, tra XIX e XX secolo, in un periodo critico di crisi economica, d’instabilità politica, paure e ansietà sociali, la risposta in Italia, e quasi ovunque in Europa, non fu quella di sollevare i salari e di diminuire le ore di lavoro. Ma di allontanare e isolare i disseminatori di bacilli, identificati come «il nemico», scatenando, nel contempo, la guerra al bacillo, con una crociata antisputo che porterà a riempire uffici pubblici, scuole e fabbriche di sputacchiere e cartelli con la scritta «non sputare».

Oggi come ieri, si ritrova - quasi senza meraviglia -, l’esortazione a combattere la screanzata abitudine di sputare, a sottoporre a visita medica gli immigrati che provengono dai Paesi a rischio, e la polemica per un’Europa diventata un «setaccio» che accoglie gruppi d’immigrati-untori che portano nei nostri Paesi malattie gravi dai loro Paesi d’origine. A conferma dell’immutato potere di quella sfuggente patologia di far emergere paure, conflitti, ansie per il futuro e stigma sociale.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9219
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 04, 2011, 05:01:09 pm »

4/10/2011

Il Nobel ai nuovi "cacciatori di microbi"

EUGENIA TOGNOTTI

C’è un libro, letto da bambino, che ha avuto una parte fondamentale nella scelta dell’immunologo Bruce Beutler - il più giovane dei tre scienziati insigniti ieri del premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina - di dedicarsi all’ambito di ricerca che lo ha portato a cercare «i guardiani della risposta immunitaria con cui l’uomo e altri animali si difendono contro l’attacco di batteri e altri microrganismi». Si tratta di un classico, «I cacciatori di microbi», pubblicato per la prima volta nel 1926 e scritto dal batteriologo statunitense, Paul de Kruif, il quale, attraverso le biografie scientifiche di undici scienziati - tra cui Lazzaro Spallanzani, Louis Pasteur, Robert Koch - ricostruisce l’epopea della batteriologia e le scoperte del ruolo dei germi nelle malattie infettive.

L’interesse per i microbi e per il loro terrificante potere distruttivo - ha raccontato, qualche tempo fa, Beutler in un’intervista - riguardava, naturalmente, l’altra faccia della medaglia: la complessità e la straordinaria perfezione e bellezza del sistema immunitario, che si è evoluto per difenderci contro i microbi, ma non solo. Per svolgere i suoi compiti esso dispone - per dirla con parole semplici - di due meccanismi: l’immunità specifica o innata e l’immunità aspecifica o adattativa, che sono strettamente legate una all’altra e si influenzano a vicenda. I risultati di ricerca dei tre scienziati premiati quest’anno ne hanno rivoluzionato la comprensione, rivelando come si attivano le due fasi, specifica e aspecifica, della risposta immunitaria. Non sarà necessario insistere come e quanto questi sviluppi possano essere, a buon diritto, considerati una delle grandi conquiste della medicina, come dimostrano le strade aperte per lo sviluppo della prevenzione e di nuove strategie terapeutiche per infezioni, patologie infiammatorie e cancro. Ed è già una realtà il vaccino terapeutico contro il cancro alla prostata, approvato di recente dalla Food and Drug Administration statunitense: un vaccino che cura perché induce una risposta attiva e permanente del sistema immunitario.

Bruce Beutler è stato premiato con Jules Hoffmann per la scoperta delle proteine dei recettori che riconoscono i «nemici», batteri e microrganismi, e innescano l’immunità innata, la prima linea del nostro sistema di difesa. Nel 1996, Hoffmann aveva scoperto che un gene già conosciuto (chiamato «Toll») era cruciale per il funzionamento della risposta immunitaria. Beutler ha compiuto un altro passo decisivo, trasferendo queste acquisizioni ai mammiferi. Mentre Ralph Steinmann morto qualche giorno fa per un cancro al pancreas - non ha potuto gioire del riconoscimento per la scoperta delle sentinelle del sistema immunitario, le cellule dendritiche e del loro ruolo nell’immunità adattativa. La sua ricerca su questa nuova classe di cellule immunitarie - che ha aperto un nuovo campo di studio nell’ambito dell’immunologia - ha portato alla loro caratterizzazione come accessori importanti e unici nell’insorgenza di diverse risposte immunitarie, compresi il rigetto dell’organo, la resistenza ai tumori, le malattie autoimmuni e le infezioni. Confluendo insieme a chiarire i principi chiave per l’attivazione del sistema immunitario, le ricerche dei tre scienziati hanno contribuito a svelare come esso si difende dagli attacchi esterni. «Il loro lavoro - ha affermato la giuria in una nota diffusa dal Karolinska Institute di Stoccolma - ha aperto nuove strade per lo sviluppo della prevenzione e della terapia contro le infezioni, il cancro e le malattie infiammatorie».

C’è la musica di Bach a fare da sottofondo al Nobel di Beutler: la sua musica per riprendere le sue parole - cattura tutti gli umori della scienza: le inevitabili delusioni, la gratificazione del lavoro onesto e del progresso, la gioia e l’eccitazione di un’improvvisa illuminazione.

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9276
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