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Autore Discussione: ANTONIO VIGNI lettera al direttore  (Letto 1926 volte)
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« inserito:: Aprile 29, 2011, 06:29:14 pm »

ANTONIO VIGNI*


Caro direttore, le mie affermazioni sulla situazione italiana, in una intervista al Financial Times, hanno provocato la reazione da parte di Bill Emmott.

Gli dimostrerò, citando fonti ufficiali, che quelli che definisce «miti italiani», sono dati reali e certificati.

Le pseudo bugie sarebbero tre.

La prima è: «La crisi economica ha messo alla prova la forza del nostro sistema industriale».
Malgrado la crisi, l’Italia è il secondo Paese in Europa dopo la Germania per dimensione del settore manifatturiero. Nel 2010 (dati Eurostat) la produzione industriale, aggiustata per la stagionalità, in Italia è cresciuta del 6,5%. Più che in Francia (+5,9% a/a). Segnali di stabilizzazione emergono nei primi 2 mesi del 2011 ma, secondo il bollettino di Banca d’Italia (15 aprile 2011), gli indicatori anticipatori sono confortanti: «nei primi mesi del 2011 l’indice Pmi manifatturiero ha continuato ad aumentare, portandosi su valori elevati nel confronto storico». Secondo le recenti indagini dell’Istat (fino a dicembre condotte dall’Isae), il clima di fiducia delle imprese industriali, in rialzo nel 2010, si è stabilizzato nel primo trimestre di quest’anno su livelli prossimi a quelli precedenti la crisi. Indicazioni favorevoli provengono anche dall’indagine trimestrale svolta in marzo dalla Banca d’Italia in collaborazione con Il Sole - 24 Ore su un campione di imprese dell’industria e dei servizi: il saldo tra giudizi di miglioramento e di peggioramento sull’andamento della domanda dei propri prodotti, che era stato leggermente negativo in dicembre, è tornato positivo, per sette punti percentuali.

La seconda pseudo bugia: «Balzo del livello delle esportazioni e della ripresa». Nel 2010 l’Italia ha assistito a un recupero delle esportazioni pressoché uguale a quello francese rispetto alla media del 2009 (fonte Eurostat).

La terza sarebbe quella sulla situazione delle famiglie italiane «positiva per l’economia» a causa del loro basso livello di indebitamento e dell’alto tasso dei risparmi. Lo confermo: l’elevata ricchezza delle famiglie italiane e il basso tasso di indebitamento privato hanno rappresentato un grosso fattore di stabilità durante la fase acuta della crisi. Il tasso di risparmio ha consentito alle famiglie italiane di far tornare ad aumentare la spesa. Anche qui, più che ai pregiudizi, varrà rifarsi a dati ufficiali: secondo Banca d’Italia (Bollettino economico n. 64 del 15 aprile 2011 ) alla crescita dell’1,3% del Pil «ha contribuito per 1,7 punti percentuali l’incremento della domanda nazionale, sostenuta dai consumi delle famiglie e dagli investimenti in macchinari, attrezzature e beni immateriali (aumentati dell’1 e del 9,9 per cento rispettivamente)».

Inoltre l’Italia tiene in termini di debito pubblico sul Pil. Nel 2010 il rapporto debito pubblico/Pil è stato del 119%, in calo rispetto al 121,5% del 1995. La dinamica è in totale controtendenza rispetto ai principali Paesi europei, in particolare Francia e Germania, che hanno avuto un aumento del debito pubblico del 26% e del 27% del Pil, per tacere della Gran Bretagna, il cui sistema bancario è stato sostanzialmente nazionalizzato a spese del bilancio pubblico.

*direttore generale Gruppo Montepaschi

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