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Autore Discussione: ANDREA TORNIELLI Quel conclave di porporati per nulla carrieristi  (Letto 2011 volte)
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« inserito:: Aprile 15, 2011, 04:31:44 pm »

15/4/2011

Quel conclave di porporati per nulla carrieristi

ANDREA TORNIELLI

C’è una breve scena di Habemus Papam, il nuovo film di Nanni Moretti da oggi nelle sale italiane, nella quale il Pontefice, che non ha avuto il coraggio di affacciarsi per benedire i fedeli dopo essere scappato dal Vaticano, entra di nascosto in una parrocchia di Roma.

Nessuno lo riconosce, perché è in abiti borghesi e anche perché la sua identità non è stata ancora rivelata al mondo, a motivo del crollo psicologico subito immediatamente dopo aver accettato l’incarico. Il Papa, impersonato dall’attore Michel Piccoli, ascolta la predica di un giovane prete che parla di umiltà, della necessità di riconoscersi bisognosi di aiuto, di un Dio misericordioso che si china per curare le ferite degli uomini. Il Papa, angosciato e incapace di sostenere il peso dell’incarico, finalmente sorride e matura in quel momento la decisione di ripetere il gesto di Celestino V, con il quale la pellicola si chiude.

È l’unico squarcio davvero religioso di questa commedia tipicamente morettiana dedicata al conclave e ai contraccolpi psicologici che l’elezione inaspettatamente provoca su un defilato cardinale francese, scelto dai confratelli quale successore di Pietro. Commedia è e commedia resta: sarebbe sbagliato attribuirgli chissà quale profondità di significato o prevedere che possa segnare la storia del cinema, anche perché il dramma del Pontefice che si percepisce inadeguato è appena abbozzato e rimane, ultimamente, non esplorato.

Il Moretti attore, nei panni dello psicanalista che non risparmia ironie sulla psicanalisi, è chiamato a soccorrere l’eletto. Mette subito in chiaro di essere ateo, e commenta, amaro, con il cardinale decano che la teoria darwinista sgombera il campo da qualsiasi possibilità di credere. Eppure il Moretti regista, autore di film denuncia come il Caimano, ha uno sguardo benevolo sulla Chiesa e sugli uomini che la rappresentano. I cardinali, interpretati da attori e caratteristi di talento, sono arzilli nonnetti preoccupati per il loro Papa: recitano il breviario facendo un po’ di cyclette, ingannano il tempo giocando a carte e alla fine si lasciano coinvolgere in un surreale torneo di pallavolo organizzato dallo psicanalista in attesa che l’eletto – che tutti credono rinchiuso negli appartamenti papali, mentre in realtà sta girando da solo per Roma – si decida. Non ci sono scontri di potere, cordate, sgambetti, colpi bassi, manovre, partiti curiali, carrierismo. Non un accenno a scandali finanziari o di altro tipo... Tutti ingredienti che si ritrovano invece enfaticamente descritti in tanti romanzi, in tanti film, in tante fiction televisive dedicate ai Papi, ma anche in tante pagine di storia.

Una delle scene meglio riuscite di Habemus Papam è la descrizione dell’elezione, nella quale ciascun cardinale prega in cuor suo di non essere il prescelto. Nessuno dei porporati ambisce alla tiara, e tutti sono sollevati per lo scampato pericolo. «Essere eletto Papa è quanto di peggio si possa augurare a un uomo», ha confidato una volta il cardinale Giacomo Biffi. Forse qui la descrizione morettiana è fin troppo benevola rispetto alla realtà.

Il Papa di Moretti si ritrova dunque solo, con il rimorso di non aver potuto intraprendere la carriera di attore, attirato dalla varia umanità che incrocia sul pullman di Roma. E finisce per confidare a un ignaro panettiere di soffrire di un «deficit di accudimento». È la prognosi che vorrebbe spiegare l’origine del suo tracollo psicologico. A risollevarlo, dandogli la forza di confessare in mondovisione la sua incapacità, non saranno però le teorie psicanalitiche, ma quell’eco così agostiniano alla miseria umana e alla misericordia, ascoltato di nascosto in parrocchia.

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