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Autore Discussione: Il ministro Maroni: «Non c'erano alternative».  (Letto 2351 volte)
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« inserito:: Aprile 06, 2011, 03:45:35 pm »

Il retroscena

Le fatiche di un'intesa debole: non ci sono date, né certezze

Il ministro Maroni: «Non c'erano alternative».

Telefonata a Berlusconi: o intervieni o lascio


Adesso comincia la parte più difficile. Perché l'estenuante negoziato condotto ieri ha mostrato in maniera netta che nessun affidamento si può fare sul governo tunisino. E, dunque, il decreto che sarà firmato questa mattina dal presidente del Consiglio per il rilascio del permesso temporaneo a fini umanitari a tutti i tunisini già approdati in Italia rimane l'unica strada per «svuotare la vasca», come chiede Umberto Bossi. E per evitare, almeno per il momento, la creazione di nuove tendopoli al Nord.

«Non c'erano altre alternative», ripete il ministro dell'Interno Roberto Maroni al termine di una giornata trascorsa a tentare di convincere il collega tunisino Habib Essid a collaborare per fermare il flusso dei migranti. E in questo modo spera di indurre anche la Lega ad allentare quella presa che sta mettendo in seria difficoltà la tenuta dell'esecutivo.

Lo sa bene Maroni che entro qualche ora la Tunisia potrebbe fare marcia indietro pure rispetto a quel poco che è stato concesso. Anche perché la firma non è stata messa in calce a un «bilaterale», ma a un «processo verbale» e basta questo a comprendere che è la stessa natura del patto a renderlo soggetto a possibili e numerose modifiche. Ma soprattutto perché nel testo non c'è alcun piano concreto che riguardi quegli 800 rimpatri promessi. Se ne parla, però le date e le modalità dei voli che dall'Italia dovranno riportare a casa chi è arrivato a Lampedusa non sono state ancora fissate. E dunque è possibile che le autorità locali comunichino di aver bisogno di altro tempo per pianificare quanto hanno assicurato di voler fare. Nulla è stato definito neppure sui rimpatri di chi arriverà nel nostro Paese a partire da oggi, sebbene se ne faccia riferimento in uno degli articoli dell'intesa. Ed è proprio per questi motivi che il titolare del Viminale ha preteso il via libera del premier Silvio Berlusconi prima della sigla. Del resto, già pochi minuti dopo l'arrivo a Tunisi e nonostante una base di mediazione ottenuta dal prefetto Rodolfo Ronconi, si era capito che da parte del governo tunisino non c'era alcuna volontà di fornire certezze sulla riammissione di chi è fuggito e sul pattugliamento delle coste dove gli scafisti continuano a farla da padroni.

«È come se stessimo in un suk», ripetono i tecnici quando si tratta di spiegare come mai una missione che doveva concludersi in poche ore vada avanti per tutto il giorno. E soltanto alla fine si scopre che in almeno due momenti c'è stato il rischio che saltasse tutto e si sfiorasse la rottura delle relazioni diplomatiche. Accade a metà pomeriggio, quando il ministro dell'Interno Habib Essid chiede che venga inserita una clausola che condiziona i rimpatri «alla volontà dello straniero». Maroni spiega che si tratta di una condizione inaccettabile. Il collega insiste. A questo punto Maroni contatta Berlusconi: «O convinci il premier tunisino a togliere questa limitazione o io lascio». Berlusconi parla con Beji Caid Essebsi, lo convince. Richiama il ministro e assicura che tutto è a posto. Ma si sbaglia. Essid ribadisce che i rimpatri devono essere volontari. «Allora non se ne fa niente», conclude Maroni. L'ambasciatore Piero Benassi lo convince ad andare avanti, pur sapendo che alla fine il risultato sarà molto modesto.

«Ho firmato perché questa carta serve comunque a impegnare il governo tunisino», afferma il ministro sull'aereo che lo riporta a Roma senza nascondere il suo disappunto. Sa che la strada per risolvere l'emergenza continua ad essere in salita, soprattutto alla luce dell'incontro che avrà oggi con i presidenti delle Regioni per convincerli a garantire l'accoglienza ai nuovi arrivati. Il permesso temporaneo potrà infatti essere rilasciato soltanto a chi è già in Italia. Il beneficio durerà sei mesi, ma sarà rinnovabile. Il limite di tempo servirà ad impedire che gli stranieri godano automaticamente della copertura sanitaria. Resteranno esclusi tutti coloro che hanno precedenti penali o che risultano aver ricevuto un precedente provvedimento di espulsione. La partita per sistemare chi approderà nei prossimi giorni a Lampedusa e sulle altre coste italiane è ancora tutta da giocare.

Fiorenza Sarzanini

06 aprile 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/politica/11_aprile_06/
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