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Autore Discussione: LUCA PAGNI. Energia, le nuove scelte strategiche il rebus per governi e mercati  (Letto 2613 volte)
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« inserito:: Marzo 16, 2011, 04:38:19 pm »

L'ANALISI

Energia, le nuove scelte strategiche il rebus per governi e mercati

di LUCA PAGNI MILANO -

Una tempesta energetica si è abbattuta sui mercati finanziari. A causare il crollo delle Borse - oltre alla speculazione che inevitabilmente accentua i movimenti al ribasso quando sono così improvvisi - sono i timori per la ripresa globale da una parte e la domanda di energia nel mondo dall'altra. Ma i due elementi sono strettamente connessi.

Basta guardare a cosa è accaduto ai prezzi dei titoli nei vari settori dell'energia e delle materie prime. I timori per un congelamento della ripresa in atto - in particolare nei paesi emergenti - hanno fatto franare le azioni delle grandi compagnie minerarie. Anche le grandi società petrolifere e le utility elettriche sono state bersagliate dalle vendite: se la produzione industriale subisse un rallentamento, calerebbe anche la domanda di energia, in un contesto in cui già il 2010 ha rivelato una domanda solo in leggera ripresa nelle economia occidentali.

D'altro canto, la crisi giapponese ha messo le ali - è il caso di dirlo - alle società delle rinnovabili, che viaggiano controcorrente: i gruppi tedeschi del settore alla Borsa di Francoforte sono arrivati a guadagnare anche il 40-50% in apertura. Se venisse confermata la gravità degli incidenti, sarà inevitabile - anche soltanto per motivi di opportunità politica prima e di fabbisogno energetico poi - puntare sull'incremento delle energie verdi, anche per sottrarsi alla corsa dei prezzi del greggio. E tutto questo in un contesto in cui i governi delle maggiori economie
(l'Italia in questi giorni, ma in precedenza Francia, Germania e Spagna) stanno rivedendo gli incentivi alle rinnovabili. Una politica che, con tutta probabilità, andrà rivista.

Guardando oltre alle speculazioni di giornata, va detto che sia il mercato che gli analisti procedono a vista. Che la situazione rimanga quanto mai confusa lo dimostra quanto sta accedendo sul fronte del petrolio. Sui listini finanziari, il prezzo del Brent a Londra è sceso fino a quota 109 dollari al barile e sui "future" di New York il Wti ha perso tre dollari rispetto a ieri, sotto quota 98 dollari al barile. Per quale motivo? Si teme un rallentamento della produzione industriale in Giappone, che per i prossimi mesi sarà impegnato nella ricostruzione del paese più che nella ripresa economica (ricordiamo che soltanto nel trimestre scorso la Cina aveva superato il suo vicino nella classifica del Pil).

Allo stesso tempo, l'Aie (l'Agenzia internazionale per l'energia) ha pubblicato un documento in cui si dichiara preoccupata perché la crescita economica globale potrebbe perdere slancio proprio a causa dell'aumento del prezzo del greggio; al contempo, però, le sue stime sulla domanda di petrolio per il 2011 fissano ora 1,4 milioni di barile al giorno, contro i 2,8 milioni dell'anno scorso. Un meccanismo che dovrebbe abbassare i prezzi. Ma, avverte sempre l'Aie, gli shock petroliferi del passato hanno insegnato che "i loro effetti si fanno sentire in pochi mesi se legati all'offerta, mentre quelli legati alla domanda producono un impatto circa un anno dopo".

E tanto per completare il quadro di confusione, la stessa Aie ci avverte, per quanto riguarda il Giappone, che la domanda di petrolio limitata a quel paese è destinata ad aumentare visto che si va verso il fermo di 11 centrali nucleari.

(15 marzo 2011) © Riproduzione riservata
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