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« inserito:: Marzo 07, 2011, 11:40:21 pm » |
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7/3/2011 - OXFORD
Petrolio trasparente per dare un futuro ai giovani africani
PAUL COLLIER*
Nel prossimo decennio, l’estrazione di petrolio, gas e minerali rappresenterà di gran lunga la più importante opportunità economica nella storia dell’Africa. Il continente è l’ultima frontiera per la scoperta di risorse, essendo stata a lungo trascurata dalle aziende minerarie e dalle altre società estrattive a causa delle difficili condizioni politiche. Ma ora i prezzi delle materie prime e le scoperte di nuovi giacimenti sono diventati decisivi per superare le diffidenze. Dato che l’estrazione delle risorse per chilometro quadrato in Africa è circa il 20% della media Ocse, il volume totale delle estrazioni potrebbe facilmente crescere di cinque volte. I prezzi elevati e le future scoperte potranno generare flussi di denaro così grandi che, se correttamente gestiti, potrebbero trasformare zone disperatamente povere dell’Africa in regioni prospere. Certo, il reddito derivante dallo sfruttamento sopravanzerà tutti gli altri flussi finanziari nell’area.
Ma, troppo spesso nella storia dell’Africa, i soldi che avrebbero dovuto finanziare investimenti produttivi sono stati saccheggiati o sperperati. La sfida è ora quella di evitare che la triste storia di sfruttamento del continente si ripeta nel prossimo futuro di enormi risorse derivanti dall’estrazione. Se le risorse naturali sono saccheggiate o sfruttate per lo sviluppo dipende da diversi fattori. Il primo compito è quello di capitalizzare per la società nel suo complesso una parte sufficiente del valore delle risorse estratte. Questo, a sua volta, richiede una procedura corretta, basata su una concorrenza trasparente, per la vendita iniziale dei diritti di prospezione, così come un sistema fiscale ben progettato per raccogliere proventi da successivi profitti delle imprese. Alcune recenti vendite dei diritti di prospezione in Africa sono state clamorosamente carenti in termini di trasparenza e concorrenza. In Guinea, ad esempio, i diritti che sembra siano stati assegnati senza benefici significativi per l’erario pubblico sono stati rapidamente rivenduti per diversi miliardi di euro.
In secondo luogo una parte sostanziale delle entrate dovrebbe essere investita in attività piuttosto che utilizzata per incrementare i consumi. Altrimenti si violano i diritti delle generazioni future, di cui fanno parte anche le risorse naturali. Purtroppo, questi diritti sono spesso violati. Il Camerun, per esempio, ha esaurito gran parte del petrolio, utilizzando il ricavato prevalentemente per il consumo.
Infine, i ricavi dovrebbero essere aperti al pubblico controllo e il loro uso utile, sia per gli investimenti sia per il consumo, deve essere assicurato da meccanismi istituzionali che impongono una chiara responsabilità dei pubblici funzionari. Ma le entrate e l’investimento nella trasparenza non bastano a garantire un buon impiego delle risorse naturali. Le molte decisioni necessarie per garantire il successo devono essere seguite in modo corretto non solo una volta ma continuativamente, perché senza tale trasparenza, i rischi di corruzione e di cattiva allocazione sono ovviamente molto più alti. La trasparenza dovrebbe anche promuovere la fiducia tra imprese e comunità locali. Finora, le comunità nelle vicinanze delle operazioni di estrazione sono state spesso ostili al processo, vedendosi come vittime di danni ambientali, mentre le élite nazionali e le imprese straniere si presume siano i primi beneficiari. Tale ostilità ha reso le operazioni locali delle industrie estrattive problematiche e costose: come dimostra l’esperienza dell’olandese Shell nel Delta del Niger. Gli attacchi contro le installazioni sono spesso arrivati al punto di ridurre e rendere meno sicure le forniture globali. Così, senza trasparenza sulle entrate e sul loro uso benefico, le società estrattive inevitabilmente diventano il bersaglio dei sospetti locali. Le società straniere gestiscono quasi tutte le attività estrattive in Africa: solo loro hanno le competenze tecniche. Questo implica un ruolo importante per le nazioni in cui sono registrate le imprese, perché hanno il potere di imporre regole con cui operano le industrie estrattive. Molte di queste società hanno sede in Europa e una buona dose di potere decisionale spetta in definitiva al Parlamento europeo.
Le regole europee e americane possono imporre alle aziende estrattive di essere trasparenti, ma rimangono molte le aziende che rientrano in altre giurisdizioni. In seno all’Ocse, il principale centro finanziario per le imprese estrattive è Toronto, ma di recente il parlamento canadese non è riuscito a far approvare una legge che obbliga alla stessa trsparenza le aziende con radici in Canada. In Africa inoltre operano attualmente anche 360 aziende estrattive australiane.
In ogni caso, i nuovi grandi protagonisti dell’estrazione di risorse non sono nell’Ocse. A livello globale la seconda più grande società di questo tipo è Vale, con sede in Brasile, e i cinesi sono ormai tra i leader delle estrazioni in Africa, e Pechino ha già una legislazione sulla trasparenza delle entrate nei propri libri contabili, una conseguenza degli obblighi di informativa dei mercati finanziari di Hong Kong.
Oggi è necessaria l’applicazione a livello mondiale di standard di trasparenza. La sede adatta per tale azione governativa a livello globale è il G20, la cui prossima riunione sarà ospitata e presieduta dalla Francia. La vigilanza a livello globale sull’estrazione delle risorse è un tema di sviluppo economico perfetto per il G20, anche perché i teatrali appelli per gli aiuti ai Paesi poveri che erano alla base degli incontri del G8 sono stati riconosciuti come vuota retorica. Se il G20 vuole diventare un efficace strumento di sviluppo, dovrebbe iniziare ad affrontare il principale flusso finanziario che l’Africa e altre regioni a basso reddito attireranno in questo nuovo decennio.
*Direttore del Centro Oxford University per lo studio delle economie africane e autore di “Il pianeta saccheggiato”
Copyright: Project Syndicate/Europe’s World, 2011.
Traduzione di Carla Reschia
da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali
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