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Autore Discussione: Università, numero chiuso sulla roulette dei quiz  (Letto 2727 volte)
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« inserito:: Settembre 03, 2007, 06:51:51 pm »

Università, numero chiuso sulla roulette dei quiz

Massimo Palladino


Ma quale accesso programmato. «I test per l’Università sono sbarramenti basati su criteri di selezione discutibili e non omogenei, gli interessi dello studente non c’entrano nulla». La denuncia dell’Unione degli Universitari arriva alla vigilia della tornata delle prove d’ingresso che interesseranno circa 200mila neo-diplomati. Si comincerà questa mattina con gli aspiranti architetti per finire l’11 settembre con Scienze della Formazione Primaria. Batterie di quiz riguardanti materie attinenti al corso di laurea scelto dallo studente ma anche domande di cultura generale che negli anni scorsi hanno fatto andare su tutte le furie gli studenti. Nella scorsa tornata, una domanda sulla differente distanza tra Casablanca e il Cairo e tra Oslo e Istanbul, oltre ad accendere le proteste degli studenti venne ripresa dai quotidiani e girata ad alcuni rettori chiedendo l’utilità di tali domande.

Come ogni anno, oltre alle polemiche sulle “facoltà blindate”, si moltiplicano i corsi di preparazione organizzati da centri studio, enti di formazione e associazioni. È l’indotto che l’Università italiana ha generato con una filiera che vale qualche milione di euro. Così oltre a pagare per il test d’ingresso cifre che oscillano dai trenta euro de “la Sapienza” di Roma ai 42 dell’ “Alma Mater Studiorium” di Bologna, dai 50 dell’ Università di Milano, ai 52 per la “Federico II” di Napoli (per le private si sborsano 80 euro alla Bocconi, 150 alla Luiss solo per citarne alcune), la famiglia del ragazzo ne tira fuori almeno altri trecento. Cioè il costo medio per la preparazione in strutture non sempre affidabili. In realtà, facendo un veloce giro su Internet, ci si accorge che in alcune realtà i prezzi possono arrivare ben oltre i 500 euro. «I corsi di preparazione non sono obbligatori - dice Francesco impegnato con i quiz per Architettura -. Volendo uno può farlo da solo durante l’estate ma così ti senti psicologicamente più sicuro». Eppure era stato proprio il ministro dell’Università Fabio Mussi a riprendere i rettori delle varie università italiane: «Il numero chiuso è abusato e credo che bisogna ridurre gli sbarramenti perché è necessario aumentare il numero di studenti». Ma i dubbi sull’uso di uno strumento come quello dei test, vengono espressi anche da qualche rappresentante accademico. Se il preside di Medicina dell’Università Magna Graecia di Catanzaro Francesco Saverio Costanzo, ritiene i quiz «difficilmente indicativi delle attitudini dei candidati a intraprendere la professione medica», il suo collega, il professor Roberto Palombo della facoltà di Architettura «Valle Giulia» della Sapienza di Roma, è più esplicito: «Il solo test non garantisce né a noi né agli studenti un’attenta valutazione. Occorre tener conto dei voti degli ultimi anni delle superiori, altrimenti non facciamo altro che smentire il nostro sistema scolastico». Proposta, quest’ultima, accolta in un decreto firmato a luglio dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni insieme allo stesso Mussi: dall’anno prossimo secondo le previsioni del decreto, in tutte le Università il voto del diploma e la media degli ultimi anni di superiori peseranno fino a 25 punti sui 105 totali.

Alcuni siti internet di servizi universitari hanno provato a fare due conti. Se iscriversi al test può costare fino a 150 euro euro, ci sono da sostenere altre spese: i libri per studiare, ad esempio, mediamente incidono 155 euro e i corsi di preparazione vanno dagli 800 ai 1.800 euro. E se l’università che si è scelta ha sede in una città diversa da quella in cui si risiede? Occorre aggiungere i costi del viaggio e dell’alloggio. E tutto senza avere alcuna garanzia di superare il test. Come fare allora se i quiz d’ingresso costano più delle tasse universitarie? La preparazione ai test va fatta per tempo, dicono da Testdiammissione.it e Universinet.it: «Non bisogna lasciarsi convincere da fantomatici corsi di appena una settimana o un week end. Piuttosto, si può studiare sui libri delle superiori e seguire i corsi gratuiti offerti da molte università». Alla fine, messe tutte le voci in bilancio, si arriva anche a 2mila euro. È l’indotto che genera il sistema universitario, in un Paese che ha bisogno di laureati ma che riesce a produrne solo 290mila l’anno, numero al di sotto della media europea.

Pubblicato il: 03.09.07
Modificato il: 03.09.07 alle ore 10.22   
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