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Autore Discussione: Vittorio Da Rold - Meno deficit, più welfare  (Letto 2252 volte)
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« inserito:: Febbraio 25, 2011, 06:31:08 pm »

Meno deficit, più welfare

di Vittorio Da Rold

Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 08:11.

DAVOS. Dal nostro inviato

Un mondo vecchio è finito, un nuovo mondo è nato dalla sue ceneri. Il G7, che parlava la stessa lingua (inglese), aveva la stessa moneta (dollaro) e credeva nella democrazia occidentale, è stato sostituito dal G20 che linguisticamente non è unito, monetariamente è composito e rissoso, e non si riconosce più negli stessi ordinamenti politici. Non solo. La crisi finanziaria innescata negli Stati Uniti nel 2008 ha prodotto un «nuovo paradigma».

In questo contesto «non possiamo produrre più deficit o debito che crescita del Pil», dice il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nel corso di un dibattito al World Economic Forum sul contratto sociale, nel tracciare il quadro globale post-crisi per i paesi avanzati insieme al sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, e al primo ministro thailandese, Ahsit Vejjajiva. Quale tema migliore nella terra del ginevrino Jean-Jacques Rousseau, l'inventore appunto della teoria del contratto sociale in tempi di crisi che squassano il mondo nelle sue fondamenta.

Mantenere la barra del risamento dei conti pubblici è essenziale in un momento di gravi turbolenze internazionali. In questo senso «dobbiamo ridurre il budget, ma garantendo e conservando il welfare e garantendo e conservando la democrazia». Un equilibrio complesso da trovare visto che «molti temono la globalizzazione l'ignoto e per questo vediamo l'emergere di partiti di estrema destra», in Europa, spiega il ministro, osservando che «va conservata tutta la parte buona del vecchio mondo».

Questo dal punto di vista politico. Ma i cambiamenti colpiscono anche la parte industriale, il nostro "business model" sociale di produzione, come l'avevamo conosciuto fino ad ora. Come uscire dall'impasse? «L'ordine economico europeo - indica il ministro durante il dibattito - non può essere solo basato sulla domanda interna o solo sull'export», ma necessita anche di domanda e investimenti pubblici. «Per questo, per sviluppare la domanda pubblica - ha sottolineato Tremonti - abbiamo proposto il bond europeo», proposta innovativa e dirompente sostenuta con vigore anche da Jean-Claude Juncker, presidente dell'eurogruppo ma che la Germania e la Francia, per ora, hanno bloccato. Le buone idee hanno comunque le gambe lunghe, si tratta solo di attendere che i tempi maturino.

Nel sottolineare le differenze tra il vecchio mondo, dominato dagli ideali illuministi delle rivoluzione francese del 1789 di "libertà, uguaglianza e fraternità" e il nuovo mondo, dominato invece da "globalità, mercato e moneta", il ministro cita anche l'enciclica pontificia "Caritas in veritate" come una «fantastica mappa della struttura geopolitica del mondo» e ricorda l'importanza della dichiarazione su «rettitudine, trasparenza e integrità» approvata recentemente, anche su sollecitazione italiana, in sede Ocse a Parigi da 35 paesi. Al momento si tratta solo di una "norma leggera", un'indicazione di massima «ma é un obiettivo importante. Il cammino è ancora lungo - dice con ottimismo il ministro - ma siamo sulla buon strada».

Tremonti poi passa ad attaccare gli eccessi della burocrazia in Europa, un vecchia battaglia cara al responsabile di via XX Settembre che in tempi non lontani si scagliò con verve polemica contro i regolamenti dell'Unione europea che nella Gazzetta ufficiale Ue indicavano anche le dimensioni degli ortaggi. Un'assurdità poi spazzata via dal buon senso e dalla crisi alimentare che fece rapidamente giustizia di questo pasticcio burocratico. «In Europa é necessaria una minore regolamentazione. Abbiamo troppo regole», dice il ministro. «Le regole sono importanti, ma se sono troppe hanno un costo eccessivo». Perché anche le regole sono un elemento della competizione globale.

«Un'eccessiva regolamentazione é insostenibile – sottoliena Tremonti – perché la competizione internazionale non é piu tra stati nazionali ma tra interi continenti e quindi é difficile competere con continenti più flessibili». I cinesi, indonesiani e indiani presenti in massa nella sala congressi del World economic forum applaudono, tiepidi. Messaggio evidentemente raccolto.

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