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Autore Discussione: Esterházy: dobbiamo sempre fare Resistenza - È la lezione di Fenoglio  (Letto 2615 volte)
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« inserito:: Settembre 03, 2007, 06:41:23 pm »

3/9/2007 (8:17)

Esterházy: dobbiamo sempre fare Resistenza

È la lezione di Fenoglio
 

Péter Esterházy, uno dei più noti scrittori ungheresi, è il vincitore per la sezione narrativa della II edizione del Premio Grinzane-Beppe Fenoglio, dedicato all’impegno civile e alla letteratura dei conflitti e intitolato alla memoria dello scrittore albese morto 44 anni fa. Nella sezione saggistica il premio è andato a Dante Isella, per l’insieme della sua opera e in particolare per gli studi filologici e letterari su Fenoglio, a Luciano Canfora, per il libro Esportare la libertà (Mondadori), e a Paolo Mauri per Buio (Einaudi). Pubblichiamo il discorso che Esterházy ha pronunciato ieri durante la cerimonia di premiazione a Benevello in provincia di Cuneo.

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Io non conosco la guerra. Non so che cosa significhi quando qualcuno - accanto a me - viene ucciso. Io non conosco le atrocità della guerra, conosco solo le atrocità della pace. Si potrebbe dire che la mia vita sia il contrario di quella di Fenoglio. Lui lottava per la libertà. Anch'io ho avuto le mie esperienze riguardo alla pace.

In dittatura, si avvicina un grosso mostro dalle zampe pelose e ci ruba la libertà. La situazione è chiara e perfettamente comprensibile, la libertà è là, si può provare a riconquistarla o, quando la libertà non c'è più, si può, per così dire, custodirne i ricordi e trasmetterla alle generazioni future. La posizione della libertà nelle dittature è isolata e custodita, il suo prestigio cresce sensibilmente, ne abbiamo bisogno come di un pezzo di pane - dovremmo tenere sempre a mente, che la nostra autocommiserazione (quella veramente meritata!) stia sotto controllo (quest'ultima cosa non è veramente riuscita negli Stati Est-europei).

Se noi però non viviamo in una dittatura, e oggigiorno non viviamo in nessuna dittatura (annotazione autobiografica), interpretiamo la libertà come un dono della natura, come qualcosa di cui non ci si deve neanche occupare, così come non si prende in considerazione il respiro. La libertà nell'Europa odierna non è un tema di cui trattare. Ma restando al precedente paragone, vediamo che l'aria che respiriamo, a volte in modo complesso, spesso in modo appena visibile, è in pericolo. Come se considerassimo la sicurezza più importante della libertà.

Io non voglio essere (molto) demagogico, la sicurezza lotta eternamente con la libertà (e questa è una lotta ragionevole). Dipende da noi quanto dell'ultima rinunciamo per la prima (che cosa può fare un poliziotto, un addetto alla sicurezza degli aeroporti…, che cosa gli è permesso fare); gli avvenimenti degli ultimi anni (il metaforico 11 settembre) ci hanno spaventati. Quindi anche in condizioni di pace e di democrazia la libertà è qualcosa alla quale si deve prestare attenzione, questa libertà che si può dissolvere così facilmente. Beppe Fenoglio ci ricorda un'importante parola: resistenza. Forse noi non siamo combattenti, ma dobbiamo fare resistenza (sempre).

Essere scrittori significa anche essere soli (si veda sopra, autocommiserazione). Perciò l'aiuto collegiale è molto importante, talvolta (solo per rimanere tra gli italiani) ci aiuta Calvino, altre volte Pavese, o Pasolini. E ora Fenoglio.


da lastampa.it
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