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Autore Discussione: Crisi dei mutui: chi aiuta le famiglie?  (Letto 3073 volte)
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« inserito:: Settembre 03, 2007, 02:36:51 pm »

Crisi dei mutui: chi aiuta le famiglie?

Angelo De Mattia


Si farà strada anche da noi l’ipotesi (pur diversa da quella Usa) di un sostegno governativo di solidarietà anti-insolvenze per mutui? O, per essere più precisi, per il pagamento di rate di mutui prima casa a interessi variabili contratti da debitori da individuare secondo precisi parametri e caduti in difficoltà in conseguenza dell’aumento dei tassi legati a quelli ufficiali Bce?

È presto per dirlo, considerata la complessità della materia. Eppure, se inquadrato nel contesto di ciò che le banche autonomamente possono e debbono fare con la rinegoziazione dei mutui e con l’allungamento delle scadenze, nonché delle altre misure a sostegno della casa, innanzitutto in materia di affitti, si tratterebbe di un segnale importante, tecnicamente praticabile, che ha dei punti di riferimento anche nel passato: si pensi ai provvediementi su mutui edilizi e cartelle fondiarie adottati negli anni 70.

Più in generale, dopo le dichiarazioni di venerdì del presidente della Federal Reserve, Bernanke, e quelle di Bush sugli aiuti alle famiglie indebitate che non sono in condizione di pagare le rate di mutui “subprime”, l’attenzione ora si sposta verso la Banca Centrale Europea in vista delle decisioni sul costo del denaro che assumerà il 6 settembre e poi verso la stessa Federal Reserve che deciderà sui tassi il successivo 18 settembre. Nei giorni scorsi è continuata la polemica a distanza tra il governo francese - che chiede un allentamento della politica monetaria della Bce e una revisione dei rapporti di cambio dell’Euro - e l’Esecutivo della stessa Banca Centrale Europea. Da quest’ultima si tende a drammatizzare le critiche francesi come interferenze quando, in effetti, esse, se prive di aspetti populistici e di forzature, fanno parte dello svolgersi di una naturale dialettica tra organi politici e organi tecnici; non sono certo manifestazioni di lesa maestà. Dove invece la critica francese appare fuori strada è sul tema dei rapporti di cambio dell’Euro con le altre monete, essendo, questa, materia di primaria responsabilità dei governi e non della Bce (decisioni in tale campo sono suscettibili di influire, a loro volta, sulla stessa poltica monetaria).

Gli effetti della vicenda dei mutui americani non si ripresentano certamente nella stessa configurazione in Europa, anche se in Germania e in Inghilterra si sono registrati episodi di significative difficoltà per alcuni intermediari che avevano investito in prodotti finanziari derivati dai mutui subprime. In Germania, soprattutto, è diventata attuale l’esigenza di una revisione dell’Assetto degli organi di vigilanza creditizia. La Banca Centrale Europea nelle giornate calde della crisi indotta dai mutui ha operato potenti iniezioni di liquidità, dimostrando quindi una preoccupazione non minore di quella mericana per i riverberi della crisi stessa. Ma molti hanno notato come tale comportamento sarebbe in patente contraddizione - non potendosi ancora dire conclusa la vicenda dei muti americani - se il prossimo 6 settembre l’Istituto di Francoforte decidesse un aumento, anche solo dello 0,25%, del costo del denaro. È, dunque, inconcludente il raffronto che viene fatto, per dimostrare una maggiore correttezza del governo americano, tra le linee Fed-Amministrazione Usa che si evidenziano armoniche nelle decisioni di venerdì e quelle Bce-governi europei (in particolare francese) che sarebbero disarmoniche. L’armonia, nel primo caso, viene conseguita con entrambi i soggetti (Banca Centrale e governo) che si muovono con coerenza dandosi carico di evitare un aggravamento della crisi e sostenendo lo sviluppo, laddove la Bce appare abbacinata dai rischi di una inflazione, che però arduo definire pericolosa. Quanto meno la Bce, in omaggio alla coerenza con la linea osservata sinora, dovrebbe mantenere fermi i tassi e rinviare ogni decisione al mese prossimo. Ciò eviterebbe anche ulteriori riflessi negativi sulle condizioni in particolare dei mutui nei diversi Paesi europei.

Ma non vi è solo la necessità di seguire attentamente, d’ora innanzi, la condotta delle principali Banche Centrali. È anche assai importante la riflessione che si può trarre dalla vicenda subprime. In essa brilla, poiché dei rischi di questi mutui si sapeva almeno da due anni, il mancato funzionamento della prevenzione da parte degli organismi finanziari internazionali - Fondo Monetario, Banca Mondiale, Banca dei Regolamenti Internazionali, Forum per la stabilità finaziaria, eccetera - e da parte delle Autorità monetarie.

È venuto il momento di varare la riforma di questi organismi, della quale si parla da tempo, sia per specializzarne le funzioni, evitando duplicazioni e sovrapposizioni, sia per mirarne l’operatività anche a una maggiore incisione sulla realtà a partire dalla prevenzione delle crisi finaziarie. Ci si riempie la bocca del concetto di globalizzazione, ma poi non se traggono le conseguenze sul piano del vigente ordine finaziario internazionale che non può essere più quello di 60 anni or sono quando i principali istituti furono fondati. Non dovrebbero essere, questi organismi, sedi di analisi sofisticate soltanto, ma prive di mordente sull’attualità, non occasioni di «certamen», confronti tra chi ha l’idea più brillante ancorché priva di gambe, che si concludono con comunicati che spesso farebbero invidia alla Sibilla Cumana. Ma la esigenza di rafforzare la prevenzione chiama in ballo anche le vigilanze creditizie, finanziarie, dei mercati, operanti nei diversi Paesi. Il coordinamento delle iniziative per prevenire o governare le crisi si deve certo esplicare, per i Paesi europei, a livello di Eurostistema. Ma c’è bisogno anche, da un lato, di accrescere la capacità di intervenire sulla sintomatologia e, dall’altro, di estendere il coordinamento oltre l’Eurosistema. Se la provvista di fondi per erogare i mutui subprime è stata impacchettata in prodotti finanziari complessi, in derivati, in derivati di derivati diffusi in tutto il mondo e acquistati da banche, fondi, risparmiatori-persone fisiche, allora la concertazione deve essere globale, opera delle principali autorità di vigilanza internazionali. C’è però anche un acuto problema di regole all’altezza delle trasformazioni intervenute. Ciò che è accaduto conforterebbe la linea tedesca che vorrebbe un intervento più diretto su Hedge Fund e derivati e palesa l’insufficienza della scelta, fatta dal G7 e dal G10, per un controllo delle innovazioni finanziarie per il tramite dei sistemi bancari e finanziari. C’è ampia materia per riflettere: i portatori della linea come sopra affermatasi - Usa in testa - dovrebbero rivedere le proprie posizioni messe in dubbio dai fatti.

Di regole si dovrà parlare anche per l’Italia. Di quelle in arrivo - il recepimento, varato venerdì scorso, della direttiva Ue Mifid sui servizi finanziari di investimento - e di quelle da aggiungere al bagaglio per la tutela del risparmiatore e dell’utenza in genere: si veda, innanzitutto, la Class Action, l’azione collettiva a difesa dei consumatori e dei risparmiatori.

Se, come dice Prodi, la taccagneria delle banche italiane le ha rese immuni dalla crisi, può dirsi essersi verificata una sorta di “ex malo bonum”, un vizio diventato virtù. Tuttavia ciò non deve significare totale avversione al rischio, insistenza sulla linea della richiesta, da parte delle banche, soltanto di garanzie reali ai fini della concessione dei finanziamenti, a scapito della bontà del progetto, della capacità di innovare. E non deve neppure significare allentare l’impegno per potenziare i mezzi giuridici e tecnici per la tutela del risparmio. Insomma, nella finanza la distanza tra Usa e Italia non è poi così rilevante.

Pubblicato il: 02.09.07
Modificato il: 02.09.07 alle ore 13.02   
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 21, 2007, 10:03:52 am »

Mutui sì, ma trasparenti

Angelo De Mattia


Mutui, casa, famiglie, stipendi, salari: sono i nomi più ricorrenti in queste giornate nelle quali non pochi di quelli che hanno contratto mutui per l´acquisto dell´abitazione hanno qualche preoccupazione in più. I mutui italiani non hanno - fino a prova contraria non dovrebbero avere - alcunché da spartire con i vituperati subprime americani. Eppure, nel giorno in cui, negli Usa, la Federal Reserve ha abbassato significativamente il costo del denaro, il bollettino dell´Associazione bancaria italiana ha segnalato che i tassi sui mutui, in ascesa dall´inizio dell´anno, hanno subito un incremento: tra luglio ed agosto il tasso medio è passato dal 5,60% al 5,63%. Anche i tassi dei finanziamenti in conto corrente a famiglie e imprese non finanziarie sono cresciuti negli stessi mesi di circa lo 0,5%. L´Assobancaria motiva gli incrementi con la politica monetaria della Bce che, però, con riferimento ai nove mesi dell´anno, non è stata così drastica da poter accollare ad essa " in toto " le variazioni riscontrate. E poi, come è stato sottolineato sia dalla Banca d´Italia sia dall´Antitrust, i tassi praticati sui mutui risultano più elevati rispetto a quelli medi dell´area dell´euro. Lo spostamento che si è andato verificando dal tasso variabile al tasso fisso ha visto una crescita di quest´ultimo superiore alla media europea. Anche qui la spiegazione in generale data dalle banche, che per la verità non può essere sottovalutata, chiama in causa una serie di fattori che vanno - al di là della politica monetaria, unica nell´Eurosistema - dalla fiscalità, alla lentezza della pubblica amministrazione per la parte che riguarda l´attività bancaria, ai ritardi nelle procedure esecutive nei casi di insolvenza dei mutuatari, ad alcune limitazioni nella raccolta del risparmio (di recente, tuttavia, è stato consentito di raccogliere fondi con emissione di obbligazioni garantite), ecc.

Insomma, il modo in cui comparare i tassi praticati nei diversi paesi è ancora sub judice. Occorrerebbe, a questo punto, giungere,per impulso delle Autorità monetarie, ad una comparabilità condivisa. La trasparenza, la visibilità, l´informativa al pubblico riguardano anche - o innanzitutto - la formazione del prezzo, in questo caso dei tassi. È necessario equilibrio nel valutare: per ciò che riguarda il costo effettivo reale dei mutui non si può dire che, in media, si stava meglio quando si stava peggio (fino a cinque o sei anni or sono). D´altro canto, i mutui a tasso variabile hanno dato la possibilità di una prima fase di ammortamento abbastanza favorevole per i beneficiari. E tuttavia, più di recente, il maggiore onere del rimborso delle rate si avverte diffusamente e si manifesta così il disagio di non poche famiglie.

Dal punto di vista macroeconomico, è da auspicare che la Bce, anche tenendo delle decisioni della Fed e prevenendo un ulteriore rafforzamento dell´euro dannoso per la competitività, si astenga dai propositi rialzisti a suo tempo lasciati intendere e, semmai, valuti la possibilità - che potrebbe aprirsi se le prospettive dell´andamento dell´inflazione risultassero più moderate del previsto - di abbassare ponderatamente i tassi, per prevenire ritorni di fiamma del fenomeno dei subprime e per concorrere così a rilanciare la crescita. Principiis obsta, sero medicina paratur…: intervieni all´inizio, non si tardi nell´arrecare la medicina.

Poi, posto che le innovazioni nei profili più generali prima accennati (procedure amministrative, esecuzioni immobiliari) non si possono realizzare dall´oggi al domani, anche se è doveroso porvi mano una buona volta, vi è un ruolo al quale le banche non possono venir meno. Consiste nella promozione di una maggiore efficienza e trasparenza (lungo una linea già intrapresa) che consenta il riverbero a favore dei mutuatari, e degli altri prenditori di credito in genere, delle necessarie iniziative per la contrazione dei costi, per il miglioramento degli assetti organizzativi e, soprattutto, per una maggiore spinta concorrenziale. Una parte è propria degli organi di controllo, in una logica non dirigistica, come necessaria conseguenza dell´analisi svolta su ciò che non va nel settore. La capacità di competere delle banche si manifesta anche nell´offrire ai mutuatari in transitoria difficoltà la possibilità di rinegoziare il prestito, allungare le scadenze e porre in essere tutte quelle misure che possono agevolare le famiglie. Vi sono margini per muoversi lungo questa strada. La rinegoziazione dei mutui potrebbe essere affiancata, con le modalità da studiare per evitare il mero assistenzialismo, dal sostegno pubblico ancorato a determinati presupposti e inquadrato in un più ampio "pacchetto casa" (misure agevolative furono adottate anche negli anni 70 in relazione ad una situazione di crisi). Prima ancora è necessario conoscere compiutamente la situazione del sistema bancario italiano nei confronti del fenomeno dei mutui americani e di situazioni similari. Sono state dette parole rassicuranti. Sono stati forniti alcuni dati, parziali. Adesso è quanto mai opportuno passare a presentare un quadro organico, compiuto, puntuale, fatto proprio dalle Autorità.

Lo spostamento fuori dalla banca di funzioni prima intrinseche alla stessa e la diffusione di forme di raccolta del risparmio ben oltre i confini nazionali pongono il problema di cosa sia oggi un´impresa bancaria, con tutto ciò che ne consegue nella sua operatività. Non è un parlar d´altro, rispetto ai prestiti e ai mutui. Ma è l´identikit della banca del futuro che è in discussione. Prima del Testo Unico bancario i mutui edilizi potevano essere concessi solo da istituti e sezioni di credito fondiario. La banca universale, dopo il 1993, ha realizzato una svolta. Ora le trasformazioni tornano ad incidere. Non ci si chiude a esse con l´avversione al rischio o con la taccagneria; ma neppure è apprezzabile un´avventatezza, con l´esternalizzazione di crescenti attività di raccolta del risparmio. È la professione del banchiere, e con essa l´erogazione di specifiche forme di finanziamento, che si trasforma ed emerge la necessità di un ripensamento di confini, regole e controlli.

Pubblicato il: 20.09.07
Modificato il: 20.09.07 alle ore 13.14   
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