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Autore Discussione: CATHERINE ASHTON Democrazia profonda per i Paesi del Maghreb  (Letto 2049 volte)
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« inserito:: Febbraio 06, 2011, 10:06:10 am »

6/2/2011

Democrazia profonda per i Paesi del Maghreb

CATHERINE ASHTON*

Le rivolte nei Paesi costieri del Mediterraneo e nella regione in generale rappresentano una grande sfida per l’Europa e il resto del mondo occidentale. Due principi sostengono le azioni dell’Unione europea. In primo luogo noi, in Europa, sappiamo quanto il cammino verso la libertà possa essere lungo e doloroso: il nostro stesso percorso verso la democrazia liberale del XX secolo è stato lento. L’Ue stessa è nata dalle ceneri di conflitti che ci ricorda quanto può essere terribile la vita quando la democrazia viene a mancare. Si aggiunga il retaggio controverso degli imperi europei - e qui è di rigore una certa umiltà - anche quando affermiamo che la democrazia è il fondamento necessario per il progresso umano.

In secondo luogo, la democrazia è ovviamente una questione di voti e di elezioni, ma è anche molto più di questo. Ciò che in Europa abbiamo imparato a nostre spese è che occorre una «democrazia profonda»: rispetto dello stato di diritto, libertà di espressione, indipendenza del potere giudiziario e imparzialità dell’amministrazione. Occorrono diritti di proprietà rivendicabili e sindacati liberi. Non si tratta solo di cambiare governo, ma di costruire le giuste istituzioni e i giusti atteggiamenti. Alla lunga, una «democrazia di superficie» - gente che esprime liberamente il proprio voto il giorno delle elezioni e che sceglie il governo - non sopravvive se la «democrazia profonda» non mette radici. Abbiamo già cominciato ad applicare questi principi nel lavoro con il nuovo governo tunisino. Questa settimana Ahmed Ouneies, il nuovo ministro degli Esteri tunisino, è venuto a Bruxelles dietro mio invito per il suo primo viaggio all’estero. Gli ho promesso che daremo al suo Paese tutto l’aiuto possibile affinché possa seguire la strada che il popolo ha scelto verso una democrazia autentica, riforme e giustizia sociale. Questo vuol dire non soltanto aiutare a svolgere elezioni libere e regolari, ma anche sostenere un programma di lotta alla corruzione, rendere trasparente l’amministrazione locale e pienamente indipendente il sistema giudiziario.

L’Ue ha già aumentato i fondi a disposizione per sostenere la società civile. Stiamo per inviare esperti in Tunisia che valutino la situazione in loco e adegueremo inoltre la nostra assistenza per aiutare la popolazione più direttamente. Sono sicura che questa sarà la prima di molte missioni. Nel breve termine una parte fondamentale dei compiti degli esperti consisterà nel fornire consulenza alle autorità di transizione sulla loro legislazione elettorale; ma favorendo la costruzione della società civile, intendiamo garantire che elezioni libere e competitive continuino a svolgersi nei prossimi anni e non rappresentino l’evento eccezionale di un solo anno. L’Unione europea darà inoltre il pieno sostegno a un Egitto che procede senza indugio verso un’autentica transizione politica. Si deve andare incontro ai desideri del popolo. È giunto il momento di una trasformazione pacifica. Ho esortato le autorità egiziane ad avviare una transizione verso un’autentica riforma democratica che spiani la strada a elezioni libere e regolari. Anche in questo caso la sfida è radicare una «democrazia profonda»; anche in questo caso l’Ue è pronta a offrire aiuto.

Stiamo assistendo in Medio Oriente ad un cambiamento di vasta portata, i cui contorni non sono ancora chiari, né possono esserlo. Sappiamo che in futuro il ruolo della Turchia, in quanto apprezzato partner dell’Unione europea e polo di moderazione democratica, sarà ancora più importante. Sappiamo inoltre che oggi più che mai è vitale avanzare urgentemente nel processo di pace in Medio Oriente. L’Unione europea non insisterà su modelli semplici o ricette precise riguardo alla fisionomia che dovrebbero avere i nuovi sistemi politici. Non spetta a noi decidere al riguardo, bensì ai cittadini della regione.

Dobbiamo tuttavia impegnarci seriamente per aiutarli, a breve e a più lungo termine. Forse l’Ue non sempre è la più rapida ad intervenire, ma spesso è quella che resta più a lungo. Non ci interessa che cambi il regime, ma il sistema. Alla fine, la «democrazia profonda» è la migliore, e direi l’unica, risposta a quanti temono che rovesciare la tirannia porti al populismo dell’estremismo anti-occidentale. L’esperienza dell’Europa ci mostra che la vera democrazia è il fondamento indispensabile della tolleranza, della pace e della prosperità. Nell’Africa settentrionale e nel mondo arabo tale obiettivo non sarà raggiunto rapidamente né senza battute d’arresto: ma la costruzione della «democrazia profonda» è l’unico modo per conseguirlo.

*Catherine Ashton è alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione europea

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