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Autore Discussione: Narcotizzati con un'ideologia simil-comunista  (Letto 1975 volte)
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« inserito:: Gennaio 26, 2011, 11:52:49 pm »

Narcotizzati con un'ideologia simil-comunista

di Elisabetta Ambrosi


"Un sogno sciagurato di unanimismo e di abolizione del conflitto, della diversità, delle opposizioni": è l’Italia di Berlusconi, secondo Barbara Spinelli, scrittrice e autorevole voce del giornalismo italiano. Un’Italia che appare assai più vicina al suo vecchio avversario “comunista” di quanto il suo premier non voglia far credere. «La sinistra extraparlamentare era caratterizzata da sprezzo dello Stato, delle istituzioni, della maestà della legge, della costituzione. Bene, da questa atrofizzazione del pensiero non siamo ancora usciti, l’opera di distruzione continua pur essendosi spostata a destra. Ci vorrebbe una rottura di continuità, sia rispetto agli anni ‘70 sia rispetto agli anni Berlusconi, due fenomeni che sono facce apparentemente diverse della stessa medaglia».

Il suo ultimo libro è un elogio del pluralismo, della verità che emerge per contrasto. Secondo lei anche un certo pensiero liberale è attratto dalla tentazione dell’unanimità?
«Alla fine del comunismo, che era un’idea monolitica del mondo, non abbiamo risposto riscoprendo le verità diverse, ma cercandone ancora una volta una unica, intollerante verso le competizioni. L’idea che circolò di una “fine della Storia” pretendeva di rompere con l’ideologia della verità unica e inoppugnabile, ma in realtà la riproduceva tale e quale: la democrazia occidentale aveva vinto, altro spazio non c’era per qualsivoglia idea alternativa. L’Uno era la grande illusione di ieri e lì siamo restati: ancora non abbiamo iniziato a contare almeno fino a due».

Di questa sorta di virus del pensiero unico sembra tuttavia essere affetta anche un’opinione pubblica che appare sempre più silente, assopita. Forse disincantata.
«Più che di disincanto, parlerei di incantamento, di narcosi. E dalle bolle dell’ultimo ventennio - non solo finanziarie ma soprattutto mentali, compresa quella di Berlusconi e della politica spettacolo - solo il disincanto ci salverà, solo se la bolla scoppia apriremo gli occhi a quel che succede. La fedeltà alla Costituzione non produce incanto. È qualcosa di asciutto, di secco, ed è anche una passione, che tanti servitori dello Stato hanno pagato con la vita».

Anche le donne, a suo avviso, sono vittime di questo incanto, come dimostra il loro silenzio, nonostante siano sempre meno rappresentate e sempre più vilipese (come ha mostrato la «faccenda escort»?)
«Non mi sembra che il silenzio femminile sia più accentuato rispetto a quello degli uomini, e in genere non mi piace l’idea di un gruppo – tanto meno un genere – dotato di speciali diritti o obblighi identitari. Mi sembra inoltre sbagliato giudicare i doveri e diritti della protesta con i criteri degli anni ‘70. Certo, rispetto a quell’epoca tutto appare affievolito, depotenziato, ma non dimentichiamo che le idee degli anni ‘70 sono state anche rovinose. Quanto a Berlusconi, infine, forse smetterei di parlare di “faccenda delle escort”. Lo scandalo non sono le escort, ma la natura ormai ibrida di palazzo Grazioli, abitazione privata e al contempo luogo pubblico; e l’idea che Berlusconi si fa delle donne in politica e della vocazione politica in sé: bellezza, seduzione fisica, e soprattutto estrema, incondizionata disponibilità nei confronti del capo».

Come usciamo, allora, dal sortilegio in cui siamo caduti?
«Ricordando Montesquieu: il potere necessariamente tende a dilatarsi abusivamente e per questo sono necessari contropoteri forti, autonomi, che lo frenino. Tende a dilatarsi abusivamente anche il potere della maggioranza e dell’opinione pubblica maggioritaria, che pure fondano la democrazia. Quando Berlusconi denuncia i poteri forti, denuncia in realtà la forza dei contropoteri».

Come la stampa. Che in realtà, più che forte, appare vulnerabile.
«La stampa oggi è in pericolo non solo a causa di Berlusconi; è in pericolo se non fa il suo mestiere, se vive nel sentimento del pericolo. Spesso si ha l’impressione che i giornali italiani si censurino in anticipo, temendo chissà quali ritorsioni. I tedeschi chiamano questo atteggiamento, fortissimo durante il periodo nazista, vorauseilende Gehorsamkeit: l’obbedienza che corre con la fretta di arrivare prima ancora che giunga l’ordine. I giornali tuttavia sono in pericolo comunque, con o senza Berlusconi: ovunque siamo in crisi e perdiamo lettori perché non sappiamo più dare un’informazione diversa qualitativamente da internet e televisione. Non opponendoci ci rendiamo non solo vulnerabili, ma alla lunga anche poco credibili verso i lettori»

27 settembre 2009
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