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Autore Discussione: DIARIO TRI/VENETO (2)  (Letto 63074 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Ottobre 24, 2007, 06:24:40 pm »

 
Arzignano -La Mafia tiene casa anche nel vicentino. Lo si sapeva da tempo, da quando ad esempio 15 anni fa a Camisano fu arrestato Giuseppe "Piddu" Madonia, all'epoca ritenuto il numero due di Cosa Nostra, che da alcune settimane aveva trovato casa a Costozza di Longare.

Di ieri invece la notizia dell'arresto da parte della Direzione Investigativa Antimafia di un imprenditore arzignanese, Diego Olivieri, 59 anni, titolare della Olivieri Pellame S.a.s., ditta con sede al civico 1 di via Cimarosa specializzata nella mediazione di pelli grezze e wet blu, coinvolto, secondo gli investigatori in una maxi operazione finanziaria, finalizzata al riciclaggio di 600 milioni di dollari, gestita dal clan mafioso capeggiato dal boss Vito Rizzuto. La Olivieri Pellame, secondo gli investigatori, era punto di riferimento degli arrivi di cocaina, nascosti tra i bancali di pellame per eludere i cani antidroga, provenienti dal Canada. Tra i 19 provvedimenti di cattura emessi dal procuratore distrettuale antimafia di Roma, Italo Ormanni, anche due funzionari di banca, uno vicentino (agli arresti domiciliari), che facevano la spola tra Svizzera e Italia per depositare il denaro in conti correnti che facevano capo all'associazione mafiosa.

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ARZIGNANO Maxi operazione messa a segno dalla Dia di Roma, che ha smascherato un traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio per 600 milioni di dollari 

Mafia e cocaina sull'asse Canada-Arzignano 
Arrestato un imprenditore vicentino, ai domiciliari un bancario. La droga veniva nascosta nelle pelli da concia per confondere i cani
 
Arzignano
Ha toccato anche Arzignano la maxi-operazione compiuta dalla Dia (Direzione investigativa antimafia) di Roma che ha smascherato una vera e propria multinazionale del crimine che aveva come principale attività il traffico internazionale di stupefacenti e il riciclaggio di denaro: si parla di 600 milioni di dollari.

Gli uomini della Dia, che hanno avuto nell'occasione l'appoggio logistico dei carabinieri della Compagnia di Valdagno, hanno arrestato Diego Olivieri, 59 anni, titolare della Olivieri Pellame S.a.s., con sede al civico 1 di via Cimarosa specializzata nella mediazione di pelli grezze e wet blu. Secondo gli investigatori la cocaina veniva nascosta nei carichi di pellame per eludere i cani antidroga: imbarcata in Canada con destinazione il polo conciario più grande d'Europa, Arzignano appunto.

Nell'inchiesta sono finiti anche due funzionari di banca, uno veronese ed uno vicentino: per loro arresti domiciliari, al contrario di Diego Olivieri, finito in carcere. Sull'imprenditore arzignanese gli investigatori avevano puntato gli occhi circa un anno fa quando sequestrarono a Vancouver, in Canada, 300 chili di cocaina provenienti dal Venezuela. Un sequestro tenuto nascosto per sviluppare senza clamore le indagini culminate con 19 ordini di carcerazione emesse dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma: destinatari boss, imprenditori, funzionari di banca e faccendieri.

Diego Olivieri è persona nota ad Arzignano. La notizia del suo arresto ha destato grande sorpresa: nell'ambiente è descritto come un professionista stimato poco propenso a parlare dei suoi affari. L'attività di commercio della pelle l'ha imparata dal padre, ed anche il figlio lavora nello stesso ramo. La Dia di Roma ha lavorato a fianco della polizia canadese, di quella francese, svizzera e del Fbi statunitense, oltre che con il Nucleo centrale di Polizia per districare il complicato sistema di società 'ombra' e 'a conchiglia' che servivano per far viaggiare il denaro illecito attraverso molti Paesi europei e americani, per farlo poi confluire in due conti svizzeri che facevano capo al clan Rizzuto. Per questo lavoro il clan si serviva di due funzionari di banca del Veneto: erano loro che facevano la spola tra Svizzera e Italia per depositare il denaro in conti correnti denominati 'Olio 1' e 'Olio 2', messi sotto sequestro.L'inchiesta ha preso avvio da quella che vedeva la mafia del clan Rizzuto infiltrarsi nel grande appalto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina.

Per portare a termine, attraverso un'operazione finanziaria internazionale, il riciclaggio di 600 milioni di dollari, era stata scelta una sede al di sopra di ogni sospetto: Piazza Colonna, a Roma, proprio davanti a Palazzo Chigi. Qui era stata allestita la società di import ed export Made in Italy Spa, che insieme alla Made in Italy Inc., il cui presidente Mariano Turrisi è stato arrestato la scorsa notte, faceva capo al boss mafioso Vito Rizzuto.

Giorgio Zordan
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #16 inserito:: Ottobre 25, 2007, 04:50:10 pm »

LA PAROLA AI BASSANESI 
«Ingiusta la conta, però ora non criminalizziamo»
 
 
Bassano
"Anche se il principio di punire chi non rispetta le regole è giusto, trovo troppo pesante la punizione che è stata inflitta alla bambina. A maggior ragione perchè non era lei la diretta colpevole". Arianna Bizzotto, maestra della scuola elementare bassanese Mazzini, così sintetizza il giudizio sull'accaduto. E i pareri di alcuni genitori sono in linea. ma tutti invitano a non criminalizzare una scuola esemplare. "Ho lavorato anch'io nella scuola di Marchesane - continua la maestra Bizzotto - e posso dire che è una scuola bellissima dove si lavora bene. Evidentemente, per agire così, qualcuno dev'essere stato esasperato dai comportamenti dei bambini. In quanto maestra però io sono solidale con le mie colleghe, mi dispiace per come si sentiranno senza per questo voler giustificare a priori. Il principio di partenza è corretto: gli alunni vanno responsabilizzati, ma io non avrei agito così. La punizione è stata troppo pesante e l'errore è stato commesso nel fare la conta tra i ragazzi. Ora però non è giusto che sia la scuola a fare le spese di questo episodio".

Anche Paolo Venzo, bidello del Mazzini, non si dichiara d'accordo con la scelta di prendere una bambina a caso per la punizione: "Non avrebbero dovuto sceglierla a caso. Il fatto che nessun bambino era disposto a confessare non autorizzava la conta". Secondo i genitori che ieri pomeriggio aspettavano i loro figli all'uscita della scuola, al primo posto negli ambienti scolastici ci deve sempre essere l'aspetto educativo: "Non mi sembra si sia pensato tanto a educare gli alunni attuando quella punizione - dice una mamma, Mabel Zuniga - La scuola elementare, in quanto formazione primaria, dovrebbe essere il luogo che in assoluto pensa all'educazione dei nostri figli". E' dello stesso parere Mariuccia Cuman, una nonna: "Così facendo ai bambini viene trasmesso un messaggio sbagliato".

Alcuni genitori poi preferiscono rimanere anonimi. Si scagliano contro l'accaduto o prendono le distanze consapevoli che è un fatto delicato, difficile da commentare. "Io avrei subito sporto denuncia - dice severa una mammma - Non è possibile che venga presa una bambina a caso. Si è tutti innocenti fino a quando non emerge il colpevole". "C'è bisogno di capire bene la situazione - mitiga un papà che fa parte del consiglio del Primo circolo - A priori non è carino obbligare una bambina a caso a riparare a uno sgarbo di altri. Ma come si fa a dare un giudizio? Bisognava esserci per parlare, sentire tutti i punti di vista, ascoltare le maestre, i bambini".

Alfredo De Bini, un nonno, si rammarica per l'accaduto: "Facendo così ritorniamo alle cattive maniere di una volta. Io sono contrario. Hanno condannato una persona a caso". Ma qualche voce si alza anche a paladina della necessità che i bambini capiscano e imparino: "Se lasciamo che i ragazzi facciano sempre tutto quello che vogliono non impareranno mai nulla - spiega Cristiana Klement, una nonna - C'è bisogno che i piccoli vengano educati. Io non sono contraria a quanto è successo."Lara Lago
 

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«Quanto accaduto va disapprovato ma poi ha avuto eccessivo clamore La scuola è sana»
 
 
Bassano
Le rappresentanti dei genitori difendono in blocco la scuola: «Il nostro plesso non si tocca», sottolineano. All'indomani del caso nazionale scoppiato alla primaria Papa Giovanni di Marchesane, dove un'alunna di prima elementare è stata punita, dopo una conta, dalla bidella e da due maestre che le hanno fatto recuperare un asciugamanino gettato da un compagno, rimasto anonimo, nella turca del bagno dei piccoli, le rappresentanti dei genitori condannano la decisione ritenuta "diseducativa" ma nel contempo prendono posizione in favore delle insegnanti che sono riuscite a far riflettere gli scolari sulla delicata vicenda.

«Non è forse più importante - affermano infatti in una lettera aperta - il recupero successivo che dovrebbe venir svolto nei confronti dei bambini, per la rielaborazione dell'episodio accaduto? Ed è ciò che è stato fatto prontamente nei giorni successivi dalle insegnanti stesse, con tutti gli scolari, dimostrando la sensibilità e l'attenzione che in questa scuola e in questo Circolo viene posta nei riguardi dell'infanzia».

I rappresentanti dei genitori lamentano anche il fatto che «le notizie negative sono sempre quelle che trovano maggior rilievo sull'opinione pubblica, mentre si dà poco spazio alle numerose iniziative che vengono svolte all'interno del plesso, quali attività teatrali e laboratori vari, portati avanti dalle maestre anche fuori dal loro normale orario di lavoro». Le mamme osservano pure come raramente vengano sottolineate la bravura e la preparazione delle insegnanti nella loro opera educativa ed esprimono «totale disaccordo anche su chi ha permesso che la notizia assumesse tali dimensioni». «Ci chiediamo infatti - continuano - in che modo tale eco possa giovare non solo ai diretti interessati ma anche a tutti i minori coinvolti. La storia raccontata assume i toni di un racconto da brivido dove bidella e insegnanti sembrano essere gli orchi delle fiabe. Siamo molto lontani dalla realtà e vorremmo far conoscere a tutti il clima familiare che si respira tra le mura della nostra scuola. Raramente viene posta in rilievo la capacità e la professionalità delle insegnanti di essere attente e sensibili alle esigenze dei singoli bambini, pur lavorando con classi numerose».

Eccessivo, secondo le mamme, anche il risalto dato alla notizia: «Non sarebbe forse più edificante che da parte di tutti, in particolar modo dai mezzi di informazione venissero offerti ai nostri figli modelli e proposte più educative e meno violente?».

Gianni Trentin
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #17 inserito:: Ottobre 28, 2007, 05:50:48 pm »

DIARIO 

I vicentini che mangiano ancora gatti 
 
 
28 ottobre

«Se i vicentini sono ancora magnagati? Io ne ho quasi le prove», ridacchiaCarlo Presotto, attore e regista della Piccionaia. Che poi però sa circostanziare la propria affermazione: «Quando alla Scuola del Lunedì dei Ferrovieri tengo la mia lezione annuale sulle leggende locali, va a sempre a finire che faccio un po' di filò con gli anziani presenti. E ogni volta che chiedo se fra i presenti c'è chi ha mangiato gatto, prima si alzano un sacco di mani, e poi vengono fuori di quelle storie che si potrebbe riempirne un libro». Eventualità da non escludere, conoscendo la febbrile versatilità di Presotto, che intanto continua a spiegare: «Mangiare gatto è un rito, e i riti si sa sono duri a morire. Tanto che i vicentini chiamano questa cena 'dandega del gato', dove per 'dandega' si indica un convivio con cui celebrare qualcosa di importante. Fra le norme da rispettare, è fondamentale quella di non trovarsi a mangiare nella casa di chi ha ammazzato il micio, mentre gli appassionati di cucina hanno da perdersi sulla ricetta, che richiede giorni e giorni di preparazione, oltre a saper dosare ingredienti essenziali come i pinoli».

Domani si potrebbe saperne di più, dato che alle 15.30 il professor Presotto torna alla Scuola del Lunedì (ex 150 Ore), tenendo lezione al centro di via Rismondo 2 sulle vicentinissime leggende di villa ai Nani, e "Buso della Contessa". Seguirà l'inevitabile filò, come a volte succede alla Scuola di Scrittura tenuta daTiziana Agostini per la Casa di Cultura Popolare. Sempre domani, con inizio alle 17.30, nella saletta Lampertico attigua al cinema Odeon, l'autrice di opere illuminanti sul presente del Nordest, come "Le nuove venete", apre un nuovo "Cantiere di creatività", dove le menti al lavoro sono quelle di tanti vicentini contagiati da un morbo della scrittura che qui si annusa nell'aria assieme agli odori di gatto in padella. Terra natale di ben quattro grandi del '900 italiano - Piovene, Parise, Meneghello e Rigoni Stern - Vicenza si è affacciata nel nuovo secolo facendo da teatro a vicende che, come il Dal Molin o il processo sulla morte di quattordici operai della Pm Galvanica di Tezze sul Brenta, sembrano "chiamare" i loro eredi al lavoro.

Stefano Ferrio
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #18 inserito:: Novembre 07, 2007, 06:11:23 pm »

«Sono ben lieto che ...
 
Vicenza

«Sono ben lieto che i dati ci dicano che il Vicentino, rispetto ad altre province, non si trova in una condizione drammatica ma la percezione dei cittadini non è questa e se la nostra situazione non è giudicata allarmante non oso immaginare cosa avviene nelle realtà che ci precedono in classifica». Così il sindaco forzista di Vicenza Enrico Hullweck commenta i dati sulla criminalità, relativi allo scorso anno, che arrivano dal ministero dell'Interno e che vedono la provincia berica oscillare a seconda della tipologia del reato tra il 45. ed il 68. posto.

A metà classifica, lontana dai vertici della graduatoria, comunque con luci ed ombre. Con le rapine che hanno subito un calo del 14,6\% rispetto al 2005 e gli omicidi che, al contrario, sono aumentati del 75\%. Del 23,6\% sono saliti borseggi e scippi, i furti in abitazione hanno subito un incremento del 9,4\%. «Considero - riprende Hullweck - queste classifiche inutili: basta un omicidio in più o in meno, ad esempio, per far alzare o abbassare la percentuale di molto. Insomma, queste cifre secondo me lasciano il tempo che trovano. Io faccio un ragionamento diverso rispetto alla sicurezza e per farlo mi metto a pensare a cos'era Vicenza qualche anno fa. Perché la nostra realtà, ricca e produttiva, oggi è più esposta ai pericoli rispetto ad altre città e in questi ultimi anni si ritrovata a dover fare i conti con un flusso impressionate di immigrati non in regola».

Da qui una prima richiesta ad un governo che, secondo Hullweck, non fa quanto dovrebbe: «Occorre mettere un freno all'ingresso in Italia di persone provenienti da altri Paesi, e questo si può fare solo studiando accordi con i loro luoghi di origine. Ma soprattutto basta con il buonismo e il lassismo». E ancora. «Giusto poche ore fa ho ricevuto una comunicazione dalle autorità locali competenti in materia di ordine pubblico: la richiesta è quella di aumentare il pattugliamento dei vigili e di dotarmi di impianti di videosorveglianza.

Tutte cose bellissime, ma con quali soldi? La sicurezza di uno Stato - riprende Hullweck - dipende dalla polizia che però, purtroppo, non ha né mezzi né risorse sufficienti». Hullweck è un fiume i piena e lamenta che «i sindaci hanno le mani legate quando si tratta di sicurezza. Io sono intervenuto come ho potuto e ho emesso un'ordinanza che vieta il consumo di alcol nelle aree pubbliche delle città. Bene, è successo che un gruppo di ragazzi ha promosso una manifestazione contro questo provvedimento ed il questore ha autorizzato la manifestazione.

Questo per me vuol dire che il questore è contro l'ordinanza e allora davvero mi chiedo: che senso ha tentare, nel nostro piccolo, di intervenire?».

Roberta Labruna
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #19 inserito:: Novembre 08, 2007, 11:23:39 am »

Davanti al «Dal Molin» c'è un presidio permanente

Investito un no global: tensione alla base Usa

Vicenza, i manifestanti accusano un militare italiano


MILANO - E' iniziato con il ferimento di Francesco Pavini, leader dei Disobbedienti vicentini, travolto da un auto guidata da un militare italiano, il presidio davanti ai due ingressi dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza per impedire l'inizio dei lavori per l'ampliamento della base americana. Intorno alle 22 di ieri, quando circa duecento persone del movimento «No base» si erano appena incamminate lungo il viale che conduce al Dal Molin, un'auto avrebbe tentato di forzare il blocco dei manifestanti: «Il guidatore ci ha ordinato di lasciarlo passare — racconta Cinzia Bottene, portavoce dei "No base" —. Ha dichiarato di essere un militare e, quando gli abbiamo risposto che la strada era bloccata, lui ha premuto sull'acceleratore puntando Pavin. L'ha travolto, sbalzandolo a qualche metro di distanza. Poi è fuggito ».

 Il militare è stato identificato e messo a disposizione dei carabinieri che lo hanno interrogato nella notte. Nessuna fonte militare ha confermato la meccanica dell'accaduto. Francesco Pavin, che dopo l'incidente non ha perso conoscenza, è stato ricoverato all'ospedale San Bartolo di Vicenza. Non è grave e ha riportato solo alcune escoriazioni. «Il militare si è fermato e ha poi deliberatamente accelerato dirigendosi verso i manifestanti per colpirne uno prima di fuggire», ha dichiarato la senatrice Franca Rame che ha inviato una nota per conto dei manifestanti. Secondo l'avvocato che tutela il movimento «si potrebbe configurare il reato di tentato omicidio e omissione di soccorso». La nuova fase della protesta contro l'ampliamento della base americana (è in corso la bonifica dagli ordigni bellici presenti in un'area dell'aeroporto), si preannuncia carica di tensione. Nonostante l'incidente, continua l'afflusso dei manifestanti per raggiungere lo scalo vicentino: «Bloccheremo sia l'accesso militare che quello civile — hanno annunciato i "No base" —. Nessuno potrà entrare nell'aeroporto almeno fino a venerdì. A turno trascorreremo giorno e notte davanti agli ingressi». La decisione di dare inizio al blocco è arrivata una volta scaduto l'ultimatum che i manifestanti avevano imposto al commissario straordinario Paolo Costa al quale era stato dato tempo fino a lunedì scorso per interrompere i lavori e annunciare la trasformazione dell'aeroporto in parco pubblico. Lunedì l'assessore alla sicurezza Valerio Sorrentino, aveva dichiarato: «Da oggi in il problema diventa di ordine pubblico».

Roberto Rizzo
07 novembre 2007

da corriere.it
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« Risposta #20 inserito:: Novembre 08, 2007, 10:31:34 pm »

Treviso

NOSTRO INVIATO


«Un comportamento di grave imprudenza e negligenza...». Le parole sono rimaste finora celate nel riserbo che ha coperto le pagine della perizia per il rogo che ad aprile distrusse lo stabilimento De Longhi a Treviso. Sono espressioni pesanti. Gli esperti gettano ombre sulla mancanza dei sistemi di sicurezza, sull'accatastamento dei materiali nei reparti, sull'assenza di meccanismi attivi e passivi per domare un principio d'incendio, impedendo che si trasformasse in un rogo di immani proporzioni, forse in un disastro ambientale.

A mettere nero su bianco frasi taglienti come un capo d'accusa, è l'ingegnere milanese Massimo Bardazza, incaricato dalla Procura di chiarire cause e circostanze di un evento che ha pochi precedenti a Nordest. Ma sono condivise anche dal chimico veneziano Gianpietro Zucchetta, che è anzi tassativo sul fatto che l'incendio sia doloso. L'inchiesta non ha ancora registrato l'iscrizione di nessun indagato, nè sul fronte delle responsabilità dolose, nè su quello di possibili carenze nei sistemi di controllo. Finora si conosceva solo qualche conclusione dei periti, non il lororagionamento, avvincente come unthrilling. La verità sul rogo si articola in 14 punti e ruota attorno a un rapporto dei vigili del fuoco.

Nei primi quattro punti gli esperti affermano che l'incendio si è sviluppato nella zona del deposito dove erano stoccati 181 bancali di imballi in polistirolo per un peso di 2.987 chilogrammi e 127 bancali di cartoni, che la produzione era in atto, che erano riprese le attività dei carrellisti e che le fiamme sono partite da una zona bassa, vicino al pavimento. Nei quattro passaggi successivi affrontano le cause sostenendo che l'alimentazione di energia nello stabilimento è venuta meno dopo che è stato notato il fumo, il che esclude il corto circuito. Che l'innesco non può essere stato causato dalla temperatura di alcune lampade, inidonea a dar fuoco al polistirolo. Che il polistirolo non si incendia per contatto con corpi caldi come sigarette, sigari, oggetti metallici, perchè in quel caso si fonde. L'ottavo punto è quello cruciale: «l'incendio del polistirolo si innesca facilmente con una fiamma anche di potenza termica bassa».

Ma è nei passaggi successivi che entra in gioco il sistema antincendio. La «geometria dello stoccaggio» del materiale ha «provocato la rapidissima propagazione dell'incendio e il rilascio di un calore distruttivo». Dopo 50-60 secondi l'incendio era indomabile. «Nel giro di qualche minuto lo stabilimento è perso» anche perchè «la propagazione non è stata impedita da nessun tipo di protezione passiva». Nei punti finali si sottolinea come «dagli accertamenti di polizia giudiziaria non risultano dipendenti psicolabili» e come sia stato impossibile prelevare campioni della cobustione.

In un capitolo a parte gli esperti affrontano il problema dell'innesco. Per affermare che «non ci sono evidenze di inneschi dovuti a malfunzionamento di impianti» o all'uso di apparecchiature elettriche. E per ribadire che l'incendio del polistirolo si raggiunge facilmente con «l'uso di fiamme anche di bassa potenza termica». Ecco la soluzione finale: «Non rimane che prendere in considerazione un atto volontario con la previsione delle conseguenze o involontario senza la previsione delle conseguenze». Questa è la formulazione di Bardazza, mentre Zucchetta non ha dubbi sul dolo. «La sola via per dar fuoco ai bancali di polistirolo è avvicinare per un certo tempo prolungato la fiamma libera di un accendino alla superficie esterna delle pile». Oppure infilare della carta nelle fessure dei bancali, per darvi poi fuoco.

Ma oltre il capitolo doloso c'è quello di una possibile colpa. Gli esperti formulano cinque contestazioni, a sostegno di un supposto «comportamento» di «grave imprudenza e negligenza» che non avrebbe impedito il propagarsi dell'incendio. Ecco in cosa consistono. Lo stabilimento non aveva il Certificato di Prevenzione Incendi. Mancavano «elementi di presidio per la sicurezza degli incendi». Non c'era un sistema attivo di «spegnimento automatico». Nè accorgimenti «passivi complementari». Il quinto punto riguarda lo «stoccaggio di enormi quantità di polistirolo in mezzo allo stabilimento». Anche per questo la De Longhi di Fiera sarebbe andata completamente distrutta. Ma per sapere se questo diventerà motivo di contestazione penale bisogna attendere le decisioni dei pubblici ministeri.

Di certo nell'inchiesta spunta un documento imbarazzante, firmato da Silvano Barberi, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Treviso. «La De Longhi non ha presentato richiesta di sopralluogo per il rilascio del Certificato Prevenzione Incendi e quindi non risulta in possesso di tale certificato». L'1 ottobre '99 fu presentata un'istanza di CPI. Il parere fu favorevole, salvo verifica della realizzazione delle opere. Ma il sopralluogo non fu più chiesto dalla De Longhi.

Giuseppe Pietrobelli


da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #21 inserito:: Novembre 09, 2007, 05:27:08 pm »

Mai più tolleranza anche con i rom

di Gigi Riva

Cancellare le regole internazionali sul popolo nomade.

Polizia europea a tutela delle frontiere.

Vigili urbani in azione sui reati minori.

La ricetta del governatore friuliano.

Colloquio con Riccardo Illy
 

Riccardo Illy, la sua idea sulla cancellazione dei privilegi dei rom farà discutere.
"Vecchi accordi internazionali, ratificati dai vari Paesi, rispondevano a un mondo che non c'è più. Quasi tutti gli Stati dove i rom sono presenti sono entrati in Europa, c'è la libera circolazione delle persone. I rom non rischiano più il genocidio e l'isolamento. Di più: non rischiano nemmeno di essere discriminati. Erano questi i motivi, allora condivisibili, che giustificavano i privilegi. Adesso è giunto il momento di normalizzare la loro presenza e la loro partecipazione alla società europea. Non c'è più ragione di mantenere norme speciali che riguardano, ad esempio, maggiori difficoltà per il loro allontanamento o i loro mezzi di trasporto che circolano con targhe non regolari".


I rom inoltre sono diventati più stanziali.
"Fino a un certo punto. Gli spostamenti sono meno frequenti, è vero, tendono a rimanere per qualche anno nello stesso luogo. Tuttavia in pochi accettano di vivere negli appartamenti. Preferiscono le roulotte".

L'onda emotiva del delitto di Roma ha prodotto un decreto severo. Lo condivide.
"Nel merito sì. Nel metodo no. Trovo sbagliato che si prendano provvedimenti sull'onda di un fatto specifico. E poi si è scatenata una caccia al romeno quando sono in migliaia i romeni che lavorano e sono persone per bene mentre delinquono anche immigrati di altri Paesi. O gli stessi italiani. La caccia alle streghe non fa bene a nessuno e i massimi danneggiati sono proprio le persone per bene di quel popolo".

Si arriva alla misura drastica delle espulsioni.
"Che lasciano il tempo che trovano. Noi li espelliamo, magari li portiamo a nostre spese nel loro Paese e quelli rientrano subito. Perché non c'è come fermarli. A dicembre l'Ungheria entrerà nell'area Shengen. Gli ungheresi non avranno nessun interesse a respingere i romeni, tanto sanno che vanno altrove in Europa. E dall'Ungheria saranno facilmente nelle nostre strade".

Le correnti migratorie non si fermano con un decreto, d'accordo. Ma come fare per fermare alla frontiera almeno i delinquenti?
"Noi, dico l'Italia, dico Trieste, oggi siamo frontiera Shengen. Dal 22 dicembre non più. Diventano frontiera Shengen paesi che hanno il reddito pro capite più basso e non hanno le capacità finanziarie di formare il personale, informatizzare il sistema. Allora deve entrare in campo l'Europa. Sicurezza e ordine pubblico non possono essere solo problemi nazionali. Sull'esempio degli Stati Uniti, bisognerebbe creare una polizia federale che si occupi tra l'altro del controllo della frontiera. Soprattutto della frontiera Shengen. Immigrazione clandestina, droga, prostituzione, traffico d'armi dovrebbero essere tutti temi di competenza della polizia europea".

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #22 inserito:: Novembre 13, 2007, 09:19:31 am »

SCUOLA & GIOVANI

Il racconto dei bambini a casa

I genitori li hanno tenuti lontani dalle aule

La denuncia di un´associazione veneta. "Aggrediti dai compagni"

"I nostri bimbi romeni insultati a scuola"

Gli episodi in alcune scuole delle province di Treviso e Vicenza


 dal nostro inviato ROBERTO BIANCHIN

TREVISO - Bambini italiani contro bambini romeni. Finisce per avvelenare anche i rapporti tra i più piccoli il caso di Giovanna Reggiani, la donna massacrata a Roma dal rumeno Nicolae Mailat. L'associazione degli immigrati romeni che vivono nel Veneto ha denunciato che in alcune scuole delle provincie di Treviso e di Vicenza, dei bambini romeni sarebbero stati aggrediti e molestati da alcuni loro compagni di classe italiani. Vi sarebbero state spinte, minacce e insulti nei confronti dei bambini romeni, accusati dai loro coetanei di appartenere a un "popolo di assassini".

A raccontare il fatto è Ileana Fofuca, presidentessa dell'associazione culturale "Tera Nova" che riunisce i romeni della provincia di Treviso. Secondo la donna, che è rumena, sposata con un italiano, ha due figli e vive ad Asolo, nel Trevigiano, sarebbero stati gli stessi ragazzini romeni a raccontare ai loro genitori che all'indomani del terribile delitto di Roma sarebbero stati malmenati e insultati da alcuni loro compagni di classe. Per questo alcune madri romene avrebbero tenuto a casa da scuola i loro figli per paura di ritorsioni, dopo che i piccoli avevano riferito di avere subìto maltrattamenti e offese. "Sono preoccupata - dice la donna - per il clima di tensione, di incertezza e di diffidenza in cui stiamo vivendo in questo periodo". L'associazione romena ha invitato tutti gli insegnanti delle scuole venete a vigilare per prevenire atti di intolleranza, e a diffondere messaggi di amicizia tra i due popoli. Della questione verrà interessato anche il Provveditorato agli studi.

Ma le preoccupazioni sono più ampie. C'è infatti il timore che si instauri e si diffonda un clima di odio fra italiani e romeni, e che questo possa anche portare a delle conseguenze negative per i 3.500 imprenditori del Nord Est che lavorano, senza aver incontrato fino a questo momento grossi problemi, in Romania. La presidentessa dell'associazione "Tera Nova" ha perciò rivolto un invito anche ai suoi connazionali, nel nome della "antica amicizia" tra Italia e Romania, affinché "non dimentichino il tradizionale spirito di ospitalità e di accoglienza che è tipico del nostro popolo".
E' amareggiata, Ileana Fofuca, per questi che giudica "dei segnali di intolleranza molto preoccupanti", ma è anche critica, pur manifestando "piena solidarietà a chi ha vissuto tragedie inimmaginabili", verso le autorità italiane "che danno l'impressione di non saper affrontare una situazione che rischia di degenerare". La portavoce della comunità romena, che fa parte del coordinamento dei migranti "Cittadinanza Attiva", racconta che la maggioranza degli oltre 8mila romeni che vivono in provincia di Treviso, "si è integrata bene, studia, lavora e si comporta onestamente". Ma ora, spiega, "sta iniziando a pagare duramente le conseguenze per gli atti folli di qualche singolo delinquente".

Secondo l'associazione infatti, "non si può fare di tutta l'erba un fascio, cadendo vittime di pregiudizi. Perché il clima che ormai serpeggia tra gli adulti si sta cominciando ad insinuare anche nei più piccoli, come dimostrano gli episodi di intolleranza avvenuti in alcune scuole. E questo è molto grave". Fino a ieri i lavoratori romeni non avevano creato particolari problemi nella regione. I primi attriti con le popolazioni locali sono sorti da quando alcune bande di romeni hanno preso il controllo del mercato della prostituzione, dell'accattonaggio e della droga.

(12 novembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #23 inserito:: Novembre 14, 2007, 05:12:23 pm »

Il caso nazionale

Oltre 35 milioni per il friulano


Il libro.
Esce oggi “Impuniti”, atteso come la nuova “Casta”.

Legge Cecotti e finanziamenti alle minoranze fra i temi. E in rete c’è già un blog UDINE. La tutela del friulano è un investimento o uno spreco? Quali sono gli effetti degli oltre 35 milioni di euro, circa 70 miliardi di vecchie lire, spesi per finanziare le leggi? La Lega Nord degli anni ’90 ha tutelato l’identità o inaugurato un business che oggi la giunta Illy continua ad alimentare? Sono questi i temi friulani del saggio “Impuniti. Storie di un sistema incapace, sprecone e felice” pubblicato da Baldini & Castoldi che da oggi sarà in tutte le librerie italiane.Il libro, che si propone come la “Casta” della Seconda repubblica, è scritto dal giornalista Antonello Caporale, di Repubblica, in collaborazione – per quanto riguarda il Friuli Vg – con Tommaso Cerno del Messaggero Veneto. E da qualche ora è già on line anche il blog su cui friulani e non potranno denunciare liberamente gli sprechi della politica, cercando così di rendere pubblico il malcostume della classe dirigente. Il blog si trova al sito http://www.impuniti.net.

Si annuncia già come il nuovo best seller, dopo la Casta di Stella e Rizzo, ma stavolta il viaggio tocca luoghi e vicende segnati dal cattivo uso del denaro pubblico. In Italia. Ma anche in Friuli. Tanto che uno dei capitoli centrali del saggio riguarda proprio il friulano e la legge di tutela promossa in Friuli Vg prima dalle giunte leghiste degli anni ’90 e oggi dal centro-sinistra. «Il ghigno sornione è rimasto lo stesso. Identico. Il tratto di Silver è inconfondibile. Eppure qualcosa non torna in quel fumetto. Perché se quello è Lupo Alberto, che diavolo mai significa la scritta gialla Alberto Lof? Devono essersi sbagliati. E invece no, nessun errore. In Friuli si parla friulano, per cui i bambini si rassegnino pure perché in friulano lupo si dice lof e, da quelle parti, Lupo Alberto si chiamerà Alberto Lof. Fateci pure il callo», denuncia “Impuniti” aprendo il dibattito sui fondi spesi dalla Regione Fvg per la tutela del friulano e, negli anni di governo del centro-destra, per la legge sui Celti, che ha portato a «un vero e proprio assalto di istituzioni e associazioni per aggiudicarsi i finanziamenti previsti dalla legge voluta dalla Lega – si legge –. Giungono richieste per 21 miliardi e mezzo di vecchie lire, ma a disposizione ce ne sono solo 4.

E così Alessandra Guerra istituisce una commissione speciale, che dovrà vagliare le domande ammissibili e decidere a chi, fra le 53 associazioni che hanno chiesto soldi pubblici per celebrare gli antenati Celti, alcune con più di un progetto per un totale di 196 richieste di finanziamento, dovranno essere dati i fondi. Le iniziative spaziano su diversi settori: scavi (11 progetti), pubblicazioni (20), convegni (18), ricerche e studi (25), atti (4), mostre (30), musei e biblioteche (6), villaggi celtici (3), cataloghi (6), musica (21), Cd Rom (12), documentari e film (7), siti internet (3), teatro e spettacoli (11), più altri 19 progetti catalogati come attività diverse».
Ma non è tutto. Il libro si propone come uno strumento aperto di riflessione. Tanto che Baldini e Castoldi ha già messo in rete un blog (www.impuniti.net) per dare la possibilità a tutti di denunciare i casi di spreco del denaro pubblico di cui cittadini e politici fossero a conoscenza.

(13 novembre 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #24 inserito:: Novembre 16, 2007, 12:25:17 pm »

Il piano strategico della Finanziaria veneta è costato tra i 630.000 e i 900.000 euro

Storie di consulenti e manager pagati dalla Veneto Sviluppo


VENEZIA. Se 273.471,61 euro lordi all’anno vi sembrano tanti, non conoscete il caso di Luigi Barone, che se li è visti assegnare in busta paga dal 1º ottobre nonostante ne avesse contrattati 320.000, più 60.000 di premio annuale, più auto blu con l’autista.

Più rimborso spese per «vitto e alloggio in albergo adeguato» da lunedì a venerdì, giorno in cui prende l’aereo per tornare a Roma dove risiede. Tutto messo per iscritto (tranne i 60.000 euro di premio annuale che erano solo indicati a voce) nei verbali del consiglio di amministrazione della Spa, a maggioranza pubblica, che l’ha assunto lo scorso ottobre. Fate i conti: precipitare da quota 380.000 euro più i benefits a quota 273.000 all inclusive, ovvero dovendo pagare l’albergo l’auto il cellulare e magari anche l’aereo, significa dire addio a metà stipendio.

Signori si nasce. Il dottor Luigi - Barone di nome ma non più di fatto - è giustamente seccato. Ma signori si nasce. E lui che lo nacque non fa una piega, al telefono della finanziaria regionale Veneto Sviluppo che l’ha assunto come direttore generale: «Per evitare polemiche assurde e fastidiose, abbiamo concordato di rientrare nei parametri accettabili delle strutture regionali». Ma subito aggiunge: «Vorrà dire che ci saranno altre cose in futuro». Non specifica quali, ma è chiaro che non si è rassegnato. Eppure il suo predecessore Mauro Trapani, portato in Veneto Sviluppo da Paolo Sinigaglia, si fermava a 147.000 euro lordi, più premi annuali. Per non parlare di Giancarlo Bortoli, che come direttore facente funzione ha diretto la finanziaria dopo il passaggio di Trapani in Regione e prima dell’arrivo di Barone (un periodo di molti mesi) con uno stipendio sotto i centomila euro. Precedenti che non contano?

Premiata ditta. Il contratto di Luigi Barone ha tenuto occupato il Cda di Veneto Sviluppo da giugno a ottobre. Una faticaccia. Per fortuna che il grosso del lavoro se l’era accollato la Bain & Company, assoldata come consulente (900.000 euro secondo una versione che filtra dal Cda, contestata da Barone a cui risulta solo 630.000), senza alcun tipo di gara, forse in considerazione del fatto che è ben nota alla presidente Irene Gemmo, essendo consulente anche dell’azienda di famiglia, la Gemmo Impianti di Vicenza. Questi intrecci mettono allegria, fanno vedere che il mondo è piccolo e la gente si fida solo di chi conosce. Nella brochure di Bain & Company campeggiano le foto e il curriculum dei due manager, Andrea Isabella e Renato Giacobbo Scavo, che in 7 anni di esperienza nel settore hanno messo su un portafoglio clienti da far tremar le vene i polsi: Fiat, Saipem, Eni, Snam, Edf, Impregilo, Seat group, Spea gruppo Autostrade ed altri ancora. Devono aver lavorato anche la notte: tanto di cappello.

Bastiancontrari. Ciò non toglie che alcuni componenti del Cda di Veneto Sviluppo, poco d’accordo sul metodo adottato per reclutare il consulente, abbiano chiesto chiarimenti per tutta l’estate. Prima a voce e poi anche per iscritto. Sostenendo la necessità di sospendere la collaborazione con la Bain, almeno finché non fosse stato assunto il nuovo direttore generale. Ma garantiva Irene Gemmo. E la consulenza con la Bain è andata avanti.

Il piano strategico. Consulenza per fare che cosa? Un piano strategico, ovviamente. Un pacco voluminosissimo di carte, assicura chi l’ha visto, che contiene una formidabile ipotesi di rilancio dell’economia veneta, i cui benefici purtroppo non sono ancora stati avvertiti allo sportello utenti della Veneto Sviluppo, dove le pratiche di finanziamento alle imprese aspettano anche 12 mesi. E sui prefinanziamenti le aziende pagano interessi salati alle banche. Di questo formidabile piano è nota purtroppo solo la sintesi di 45 slides, trasmessa alla 1ª commissione del Consiglio regionale, cioè all’organismo di controllo, il 4 settembre 2007 dal segretario generale Adriano Rasi Caldogno. Chissà cosa se ne faranno del resto.

Il contratto. Il nome della Bain & Company viene fatto la prima volta al Cda del 18 dicembre 2006 dalla presidente Irene Gemmo. C’è da assumere un consulente e poco tempo da perdere, dice la Gemmo. E avendo facoltà di spesa fino a 50.000 euro, divide in due la consulenza: «Primo incarico per 25.000 euro più Iva per fare una ricognizione generale; secondo incarico per 245.000 euro più Iva per entrare nello specifico; spese forfettizate all’11%, esclusa Iva». Franco Andreetta non è d’accordo: «Non possiamo abbassare il costo?». Tampona Alfredo Checchetto: «E’ un onorario in linea con il mercato». Dino Cavinato: «Noi siamo una società a maggioranza pubblica, dobbiamo consultare più fornitori come fanno tutti gli enti pubblici». Irene Gemmo: «Mi pareva che fossimo tutti d’accordo sulle capacità della Bain». Cavinato: «Non sto parlando delle capacità della Bain ma del metodo usato per la scelta». Tonino Ziglio: «Ha ragione Cavinato, per il futuro dobbiamo cercare più interlocutori. Ma mi fido anche della valutazione di Checchetto». Roberto Bissoli: «Chi la sa più lunga in questi casi sono gli esponenti bancari». Fabrizio Stella: «In futuro dovremo far in modo di scegliere tra una rosa di nominativi». Ai voti: consulenza alla Bain assegnata all’unanimità.

L’onorario. Se ne riparla nel Cda del 10 settembre, quando la Bain consegna i 3/5 del piano. Riguardano: 1) aggregazione per il sistema fieristico veneto, 2) sostegno all’operatività dei Confidi, 3) piano di aggregazione per le utilities venete (già inutilmente predisposto da Paolo Sinigaglia). Mancano ancora i punti 4) Turismo e 5) No Profit.
 Ma intanto bisogna pagare il consulente. La nostra fonte dice che questo è avvenuto a tranche di 65.000 euro al mese, da marzo a settembre. Più Iva al 10%. Più i 25.000 iniziali. Più i 245.000 successivi. Sempre più Iva. Si totalizzano così i 900.000 euro. Cifra destituita di fondamento da Luigi Barone, che non senza difficoltà (parte da 400.000!) arriva a stabilire che il costo della consulenza della Bain - a ieri sera - è stato di 630.000 euro.

Soglia europea. In entrambi i casi la cifra è molto superiore a 211.000 euro, soglia sopra la quale il Codice De Lise per gli appalti pubblici (DL 12 aprile 2006 n.163) obbliga a ricorrere ad una gara. La normativa riguarda anche le Spa a partecipazione pubblica e vieta il frazionamento dell’importo. Ma la casistica è complessa e il Cda di Veneto Sviluppo ritiene di non aver infranto la legge. Può dire altrettanto dell’opportunità? Anche sul prezzo ci sarebbe da ridire, come cantava Re Carlo tornato dalla guerra: risulta che una analoga consulenza della Bain alla finanziaria regionale Friulia, che è molto più grossa di Veneto Sviluppo, sia costata 200.000 euro.

(15 novembre 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #25 inserito:: Novembre 17, 2007, 12:46:48 am »

Bitonci «copiato» da Tosi (Verona) e Gobbo (Treviso): lunedì la firma congiunta dei leader leghisti

Editto di 10 pagine contro gli sbandati

Silvia Bergamin


Conte: «Pronti a fare altrettanto in tutti i comuni del Veneto amministrati dal Carroccio» CITTADELLA. La Lega blinda l’ordinanza di Cittadella. Dubbi di legittimità? Cavilli giuridici o serie falle legali? Il sindaco, Massimo Bitonci, va avanti. Con l’appoggio dei colleghi di Verona e Treviso. L’asse del Carroccio sarà ufficializzato lunedì, quando Bitonci, con Flavio Tosi (Verona) e Gian Paolo Gobbo (Treviso), firmerà l’editto che vieta la residenza agli stranieri pregiudicati, senza casa o lavoro.

«La gente - insiste Bitonci - non ha bisogno di chiacchiere; a noi politici e amministratori chiede fatti. Siamo tutti d’accordo che il problema esiste. E allora affrontiamolo, con strumenti innovativi». L’ordinanza «è pronta», annuncia. E lascia trapelare: «Si articola in 10 pagine». Il che fa pensare che i legali hanno lavorato sui particolari, cercando di eludere gli scogli giuridici. «Può esserci qualche punto controverso, ma l’impianto è solido». Ora «Treviso e Verona stanno esaminando l’ordinanza, contiamo di arrivare a una firma congiunta lunedì; di certo, ci sarà la firma di Cittadella».

Il consigliere regionale leghista Maurizio Conte assicura: «Ci sono tutti i presupposti per generare un effetto a catena in tutto il Veneto o almeno nei comuni amministrati dalla Lega». Vada o non vada in porto l’ordinanza, che rischia secondo molti d’essere spazzata al primo ricorso al Tar, resta il fatto che la Cittadella leghista ha dettato l’agenda della politica veneta sul tema sicurezza. Il calendario si infittisce: oggi alle 21, la sezione locale organizza un incontro in palestra a Santa Croce Bigolina. Il 3 dicembre, consiglio comunale. «Ordinario»: non avrà luogo la seduta straordinaria richiesta dalle opposizioni. «Non servono altre discussioni»: così il sindaco ha sbattuto la porta in faccia alle minoranze, che volevano analizzare «i dati reali che portano a questa decisione e conoscere i progetti e le prospettive di tale attuazione».

Snobbati ancora una volta, di certo il 3 dicembre i consiglieri di centrosinistra e FI daranno battaglia.

(16 novembre 2007)

da espresso.repubblica.it
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« Risposta #26 inserito:: Novembre 20, 2007, 12:24:42 am »

VICENZA 

Forza Italia, raccolte in due giorni più di mille firme per le elezioni anticipate
 
 
Forza Italia vuole andare a tutti i costi alle elezioni anticipate e anche a Vicenza è iniziata la campagna per raccogliere le firme a supporto della richiesta da presentare in parlamento.

Ieri e sabato i due gazebo in Piazza Castello e in Via Cavour, coordinati dalla sezione giovanile del partito, hanno raccolto più di mille firme.

Per aderire all'iniziativa bastava presentare la carta d'identità e versare un euro, richiesto dagli organizzatori. Ma come hanno reagito i vicentini all'iniziativa? «L'affluenza è stata buona, e credo sia l'indicatore di un paese che è sempre più stanco», ha sottolineato il presidente dell'Ipab Gerardo Meridio, presente al gazebo in Piazza Castello.

Forza Italia ha comunicato di aver raccolto, nella sola giornata di sabato, circa 900 firme, mentre alle 10,30 del mattino di domenica la postazione di Piazza Castello era già arrivata a quota 50. «E non hanno firmato solo i nostri ha aggiunto Meridio ho l'impressione che qualche pentito ci sia stato». E la giovane attivista del partito ha confermato : «Ieri è arrivato un signore che mi ha mostrato la tessera di Rifondazione Comunista, non era affatto contento di appoggiare un'iniziativa di Forza Italia, ma ha firmato lo stesso perché diceva di essere troppo deluso dalla situazione attuale del governo».

Al banchetto di Forza Italia si poteva anche sostenere la proposta dell'assessore regionale Gava, che prevede l'ingresso gratuito in discoteca a chi si "offre" nel ruolo di autista astemio per le serate con gli amici. Sotto questo aspetto la raccolta firme è andata meno bene: solo 70 in tutta la giornata di sabato.

Pietro Rossi


da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #27 inserito:: Novembre 26, 2007, 10:38:55 am »

Il presidente del Veneto giustifica il gesto come reazione alla mancanza di risposte dal governo sui temi sicurezza, federalismo fiscale e sanità 

Galan non va da Prodi: « Ignora il caso Cittadella» 

Polemica assenza del governatore a Marghera al varo di una super nave da crociera.

Era invece presente il collega Illy
 

«Questa nave è il simbolo delle capacità di un'intera regione», scandisce il presidente del Consiglio Romano Prodi dalla plancia di comando della Queen Victoria, meraviglia dei mari pronta per essere consegnata all'armatore inglese Cunard Line, del gruppo Carnival. Ma il presidente della regione in questione - il Veneto - non c'era ad ammirare fregi, marmi, specchi, tecnologia veneta applicati in questa città galleggiante da 90mila tonnellate di stazza. Assenza evidente ed evidenziata, quella di Giancarlo Galan, resa ancor più palese dalla presenza invece di Riccardo Illy, governatore del Friuli-Venezia Giulia che condivide con il Veneto l'attività della Fincantieri. La spiegazione viene a galla solo nel pomeriggio, quando uno stizzito governatore manda neanche tanto metaforicamente a quel paese il premier: «E che cosa avrei dovuto festeggiare con Prodi? Magari quel suo ministro che si permette di fare lo spiritoso su Cittadella e le iniziative dei sindaci veneti in materia di sicurezza? "Cittadella non è una Repubblica", ha detto. Si sbaglia: questa, la sua, non è una Repubblica seria».

Galan accompagna quindi lo sgarbo istituzionale dell'assenza al fianco di Prodi con una dura polemica che parte dalla questione sicurezza per arrivare al federalismo fiscale e alla sanità: «Stiamo ancora aspettando da questo governo almeno due cose - attacca il Governatore -: notizie in merito al federalismo fiscale, anche perché qualche minima cosa era stata approvata in un consiglio dei ministri ma è rimasta lettera morta, e l'intervento di un qualche ministro in merito alla tragicommedia di quell'assurdo referendum che consente di sprecare tempo e soldi per passare da una Regione all'altra. Quando Prodi batterà un colpo, saremo liti di accoglierò a braccia parete. Per il momento, ero preso da altri impegni. Nella sanità la finanziaria dà ancora aiuti al Lazio e alle regioni meridionali penalizzando quelle virtuose come il Veneto. E allora che vada al sud».

E in effetti il presidente del Consiglio era già in volo verso Abu Dhabi; nessuna replica, quindi. Nemmeno da un'altro presidente, quello della Repubblica, chiamato in causa dal vice governatore del Veneto, Luca Zaia: Giorgio Napolitano è stato invitato a intervenire sul caso-Cittadella perché Zaia è convinto «dell'estrema correttezza del capo dello Stato nel fare rispettare la legge e la Costituzione. Il presidente è sempre pronto e puntuale a intervenire in difesa delle norme. I nostri sindaci, a cominciare da Bitonci a Cittadella, in questo caso applicano la legge mentre è il governo con le dichiarazioni dei suoi rappresentanti a rinnegarla». Per Zaia, Napolitano rimane «il punto di riferimento» per ogni amministratore ma ciò non significa che i sindaci non siano pronti, se prosegue «l'atteggiamento del governo» alla «clamorosa protesta di riconsegna delle fasce».

Ario Gervasutti
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #28 inserito:: Novembre 27, 2007, 06:04:47 pm »

Eurodeputati contro Cittadella.

Galan: «Orrore» 

Verdi e sinistra: «Non rispetta le leggi Ue sulla libera circolazione»

Zaia: «Ma se perfino Amato ha cambiato idea...»

 
L'ordinanza antisbandati del sindaco di Cittadella non sarà magari in "palese contrasto con lo spirito e la lettera della legislazione europea»? É una domanda che hanno posto un gruppo di eurodeputati di Prc, Pdci, Verdi e Sinistra democratica sollecitando un intervento della Commissione Ue presso il governo italiano «affinché sia rispettata in pieno la legislazione europea».
«Legislazione - ricordano - che "alla luce della recente risoluzione del Parlamento europeo ribadisce la libertà di circolazione e di stabilimento dei cittadini europei all'interno dell'Unione come principio fondamentale dell'integrazione europea» Tradotto il messaggio è: Cittadella (e l'Italia) con questa norma sarebbero fuori dell'Europa. Prima che la burocrazia di Bruxelles replichi a Roberto Musacchio, Giusto Catania, Vittorio Agnoletto, Luisa Morgantini e Vincenzo Aita (Prc), Pasqualina Napoletano e Claudio Fava (Sd), Umberto Guidoni (Pdci) e Seep Kusstatscher (Verdi) le risposte sono arrivate.

In testa quella di Giancarlo Galan presidente del Veneto: «Orrore e raccapriccio. - ha commentato - È questo che mi viene da dire leggendo l'interrogazione degli eurodeputati di quella parte della sinistra favorevole ad un rapido diffondersi del razzismo nel nostro Paese. Non posso che dire così - è la continuazione del pensiero del Governatore - se penso che questi eurodeputati in effetti non solo operano contro il movimento dei sindaci, contro ogni buon senso, contro ogni minima forma di controllo sociale, ma operano anche contro tutti coloro che cercano di fronteggiare, in nome della civile convivenza e del sacrosanto diritto alla sicurezza, l'incontrollabile fenomeno dell'arrivo in Italia di decine di migliaia di cittadini comunitari ed extracomunitari». Anche il vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto, Luca Zaia (Lega) non si è zittito: «Questi signori non si smentiscono mai - sono state le sue parole - e così continua a riproporsi un film già visto in un continuo susseguirsi di dichiarazioni, smentite e acrobazie degne di una pattuglia acrobatica».

In mezzo alle due voci di centrodestra ieri è apparsa anche quella del ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero che ha liquidato così la faccenda. «Il caso Cittadella? Solo propaganda». Per Ferrero, «più che la sicurezza dei cittadini interessa il consenso dei cittadini, su misure contro i diversi, brutti e cattivi, che non saranno nemmeno attuate. Le badanti al nero in quel comune - ha spiegato a titolo esemplificativo il ministro - continueranno a stare lì e a lavorare in nero: di questo sono praticamente certo».

La polemica continuerà. «Solo qualche giorno fa Amato - è stato il pensiero di Zaia - diceva di noi che siamo una Repubblica a sè salvo poi leggere, proprio ieri, le ritrattazioni e le smentite, a quanto affermato, in un comunicato del Viminale . Il mio invito, ora, è rivolto a tutti i sindaci che non hanno ancora firmato l'ordinanza ad affrettarsi a farlo». L'invito di Zaia sembra accogliere la seconda parte della riflessione di Galan: «Dobbiamo saper essere duri e fermi nel più determinato rifiuto della criminalità, osservando la stessa durezza e fermezza anche contro coloro che sfruttano il lavoro dei cittadini comunitari o extracomunitari. I Sindaci devono muoversi per consentire il miglior livello possibile di integrazione secondo la più concreta solidarietà e in uno spirito di vigile moderazione, così da ridare sicurezza alle nostre comunità, che di certo possono fare a meno sia di pericolose prediche sociologiche, sia di inaccettabili invettive razziste»."

Sulla vicenda è intervenuta anche Isabella Bertolini, vicepresidente dei Deputati di Fi: «La sinistra europarlamentare la smetta di perorare la causa degli immigrati clandestini e di censurare quanti, Frattini e i sindaci del Nord, vogliono soltanto difendere, legittimamente, gli italiani ed i loro interessi».
 
da gazzettino.quinordest.it
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« Risposta #29 inserito:: Dicembre 01, 2007, 11:11:52 pm »

Sono 4379 i progetti ora fermi che sarà possibile realizzare o completare nelle province venete

Otto miliardi per le opere pubbliche del Veneto

Renzo Mazzaro


Il Consiglio approva il piano triennale e il Pd dà via libera alla società mista Anas-Regione  VENEZIA. Mille milioni tondi da spendere nei prossimi tre anni per strade e ferrovie del Veneto. Vengono un po’ dalla Finanziaria 2007 appena approvata al Senato ma non ancora alla Camera (170 milioni), un po’ dalla Finanziaria regionale 2007 ancora in gestazione (130 milioni), un po’ dal Piano triennale regionale 2006-08 (300 milioni) e l’ultimo po’ dal piano quinquennale Anas 2007-11 (400 milioni). L’annuncio è stato dato ieri mattina dal Pd riunito quasi al completo. Ma subito dopo l’aula si è incaricata di ridicolizzare questa cifra, approvando in cinque minuti nella seduta di Consiglio un programma triennale che vale 8 volte di più.

L’importo esatto è 8.169 milioni di euro per realizzare la bellezza di 4.379 opere pubbliche, il cui elenco vi risparmiamo altrimenti non basterebbe l’enciclopedia britannica. Vi basti sapere che gli 8.169 milioni di euro del piano triennale approvato sbrigativamente dall’aula, contengono i 1.000 milioni annunciati con abbondanza di dettagli dal centrosinistra. Lo dice Maurizio Conte, leghista, presidente della 7ª commissione che ha istruito il provvedimento e che il grande pubblico conosce perché è stato di recente immortalato nella passeggiata anti-moschea di Padova, con la collega Mariella Mazzetto e il maialino portato a razzolare (sic!), come ha scritto perfino il Corriere della sera, anche se solo le galline razzolano, i maiali al massimo grufolano.
Non per contraddire a tutti i costi e meno ancora per tifare Islam (ognuno si tenga il suo dio), ma abbiamo dei dubbi: difficile che negli 8.169 milioni di Maurizio Conte rientrino le cifre stanziate nelle due Finanziarie 2007, per il semplice fatto che non sono ancora state approvate.

Un’altra cifra che non torna sono i 1.000 milioni annunciati ieri dal centrosinistra con la tabella riassuntiva il cui totale, come riportiamo a fianco, arriva a quota 1.641 milioni di euro. Ma anche qui la spiegazione dev’essere un uovo di Colombo: i 1.000 milioni dovrebbero essere quelli messi nero su bianco nel protocollo d’intesa tra giunta Galan e governo Prodi, di cui il Pd di Achille Variati si annette il merito.

Dichiarazioni. Variati l’ha chiamato «metodo dell’opposizione di governo», definizione che richiama quella della «sinistra di lotta e di governo», con la differenza che in questo caso la spina è pianta nel fianco della giunta Galan e non del governo Prodi. Quest’ultimo fa transitare i provvedimenti decisi per il Veneto attraverso la sua minoranza, che viene recuperata ad un ruolo di mediazione e di negoziato con il governo veneto, oltre che di annuncio al pubblico. Non a caso alla conferenza stampa di ieri partecipava anche Marco Stradiotto, sottosegretario allo sviluppo economico. Naturalmente bisogna bilanciare il governo con la lotta, così Variati ha tirato di passaggio uno schiaffone al presidente Galan, definendolo «l’Agazio Loiero del nord», perché si lamenta sempre invece di imparare da Formigoni a trattare con Roma, portando a casa risultati. «Ma non vale l’inverso - ha eccepito a questo punto Stradiotto - perché Loiero non è il Galan del sud: lui fa squadra con l’opposizione, Galan no».

Spa Anas-Regione. Passando di nuovo dalla lotta al governo, anzi all’«opposizione costruttiva», Variati ha confermato la disponibilità a sostenere la Spa mista tra Anas e Regione Veneto, prevista dall’art.37 della Finanziaria dello Stato, che gestirà il passante di Mestre con la garanzia di poter investire tutti gli introiti dei pedaggi esclusivamente nel territorio veneto. Cosa ci starà a fare l’Anas a quel punto non è chiaro. Ma Variati tira dritto: «Una società che, secondo le nostre intenzioni, che mi sembrano condivise anche dal presidente della Regione, dovrà avere la gestione di tutte le autostrade venete».

Comuni di confine. Guido Trento, consigliere bellunese, informa che per le aree di confine di montagna (80 comuni dell’intero arco alpino, esclusi Trentino Aldo Adige, Val D’Aosta e Friuli) arrivano i 25 milioni del cosiddetto «Fondo Letta», cifra che si somma ai 12 milioni dell’accordo con la Provincia di Trento e agli 11 stanziati dal Veneto.

(30 novembre 2007)

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