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Autore Discussione: TORNATORE, l'aggressione e i lavavetri «Tolleranza zero, la sinistra sbaglia»  (Letto 3006 volte)
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« inserito:: Settembre 02, 2007, 03:56:46 pm »

«La nostra cultura non è trattare gli immigrati da perditempo»

Tornatore, l'aggressione e i lavavetri «Tolleranza zero, la sinistra sbaglia»

Il regista: «L'arresto dei tre romeni? Non mi ripaga del danno, la loro disperazione resta»
 
 
ROMA – «Parole come "tolleranza zero", in bocca a uomini di sinistra, proprio non mi piacciono. Perché sottendono una cultura che non ci appartiene: fare di ogni erba un fascio, equiparare un lavavetri a un malfattore, guardare a ogni immigrato come a un perditempo che se va bene ci innervosisce se va male ci deruba. E considerare i romeni tutti delinquenti solo perché due di loro ti hanno fatto del male. Sa perché ho capito subito che i miei aggressori erano romeni? Perché avevo avuto in casa un gruppo di loro, per lavori di ristrutturazione. Persone deliziose, gentili, sensibili. Una mi ha pure telefonato: "Mi dispiace per quanto le hanno fatto i miei connazionali…" ».

Le disavventure di Giuseppe Tornatore — il premio Oscar mandato in ospedale da due rapinatori, tornato a casa vestito da fantasma per non ostentare le ferite, chiamato dai carabinieri a riconoscere le foto degli aggressori per una volta prontamente arrestati — hanno accompagnato e forse anche innescato la discussione sulla sicurezza a Roma e nelle altre città italiane. Appena dimesso, il regista è dovuto partire per l'estero e quindi non ha seguito il confronto tra gli amministratori di centrosinistra e il ministro dell'Interno Amato, fautori della linea dura, e gli intellettuali che come Alberto Asor Rosa si chiamano fuori. Quindi Tornatore non fa polemiche personali. «Ma la tolleranza zero, quella no. Capisco che la questione sia diventata centrale per la vita del Paese. Ma non per questo mi sento di lanciare accuse indiscriminate. Di riconoscere come valide categorie che non ho mai accettato in vita mia e non accetterò ora per colpa di due giovani. Se si ragionasse così, i tedeschi dopo la strage di Duisburg sarebbero autorizzati a pensare che noi italiani siamo tutti mafiosi. Non sono disposto a pensare che tutti i romeni vadano guardati con sospetto, perché tra loro c'è chi picchia e ruba e c'è chi si comporta bene. Non dimentico che la prima infermiera che mi ha assistito in ospedale era una ragazza dell'Est ». «E' bene che si sia avviata una discussione culturale e politica sulla sicurezza — dice Tornatore —. Se la mia aggressione ne ha rappresentato un elemento, almeno sarà servita a qualcosa. Però confrontiamoci senza demagogia, senza i toni esagerati cui ci ha abituato la politica. Forse non sono la persona più indicata per parlarne, dopo quello che mi è successo. Ma la paura non è un buon motivo per chiudersi in casa a chiave. Sento la gente rinunciare a vedersi dopo le 9 di sera, e la capisco. Ma non possiamo arrenderci alla paura e rinunciare alla vita. Affrontare la microcriminalità è giusto. E a volte semplificare è necessario. Ma il mondo non si fa rinchiudere in una parola d'ordine, è molto più complesso di uno slogan».

A Firenze i lavavetri potranno finire in carcere. «E io ricordo il caso di un bambino albanese, che lavava i vetri ai semafori. Un giorno due colleghi lo picchiarono e lo derubarono. Lui corse a casa dai genitori, ma non fu consolato; fu rimproverato. Il giorno dopo uscì per tornare al semaforo, e sparì. Le ricerche durarono giorni, ne scrissero i giornali, i genitori lo pensavano ucciso e rapito. Invece il bambino era fuggito in Albania; era tornato dalla nonna. Ecco, un piccolo lavavetri diede a tutti noi una grande lezione, di coraggio e di dignità. Neppure i lavavetri sono tutti uguali. Ci sono quelli che indispettiscono anche me, quando sporcano la macchina per lavarla senza chiedere. Ci sono quelli che sono simpatici e utili, perché aspettano un cenno; e se ho uno spicciolo in tasca il cenno lo faccio sempre, perché i vetri non li lavo mai». Lo stesso, sostiene Tornatore, vale per i mendicanti. «Nei centri storici delle città italiane i mendicanti ci sono sempre stati, fin dal Medioevo. Certo, ricordo che la Caritas invitò a non fare l'elemosina, che finisce in mano al racket. Io stesso per il mio ultimo film ho condotto un'inchiesta in quell'ambiente, e mi sono reso conto che in effetti sono centinaia i ragazzi che devono portare ogni giorno una certa somma al capo, pena botte e umiliazioni. Il tema è complesso». La sinistra ha accumulato un ritardo culturale al riguardo? «Non lo escludo. E' possibile che la sinistra abbia pensato che le priorità fossero altre. Escludo però che sia un ritardo colpevole, accumulato in mala fede, dovuto a mancanza di programmazione e di sensibilità. Alla sinistra non si perdona mai niente, si pretende sempre tutto insieme. In un anno si vorrebbero sanati guasti prodotti in decenni di governi precedenti».

Veltroni dice ora che la sicurezza è una priorità. La convince? «Ho fiducia in Veltroni. Parteciperò alle primarie, e voterò per lui. Il suo garbo, che alcuni gli rimproverano come un difetto, a me piace. Anche Letta e Bindi sono candidati validi. Peccato non siano scesi in campo gli altri leader storici del centrosinistra; da un confronto ampio sarebbe venuto un verdetto più forte, un segnale univoco. Che, credo, alla fine arriverà comunque ».

Gli aggressori di Tornatore sono in carcere. Il pensiero è inevitabile: se la vittima è un premio Oscar, la rapina viene punita; se è un cittadino comune... «Capisco questo pensiero. E lo condivido, assolutamente. Mi dispiacerebbe molto, se davvero giustizia venisse fatta solo se a subire il torto è stata una persona conosciuta. Potrei rispondere che per fortuna anche i malviventi che hanno rotto la mandibola a una signora per rubarle l'anello sono stati presi. Ma non basta, non è così. Preferisco ricordare quanto ha scritto Maurizio Costanzo sul Messaggero: se il mio ferimento è servito a richiamare l'attenzione sulla violenza di strada, almeno ha avuto un senso. Però no, non sono contento che li abbiano presi. Perché non mi ripaga del danno, che non è solo fisico ma psicologico. Perché la disperazione di quei due ragazzi non è superata, anzi, tra poco usciranno e forse riprenderanno a fare quelle cose, e saranno ancora più disperati. E perché non è risolto il problema della sicurezza nelle nostre città. Che va affrontato, ma non con la "tolleranza zero". Tanto più che New York è sempre piena di mendicanti, sbandati e persone da cui purtroppo ci si guarda con sospetto e paura».

Aldo Cazzullo
02 settembre 2007
 
da corriere.it
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