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Autore Discussione: Perché Assange può essere utile a Obama  (Letto 2639 volte)
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« inserito:: Dicembre 05, 2010, 10:51:07 pm »

Gli inganni di WikiLeaks.

Perché Assange può essere utile a Obama

di Moisés Naím e Evgeny Morozov

Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2010 alle ore 14:05.

   
«Il mondo è cambiato per sempre»: questo è il luogo comune che si è ripetuto fino alla nausea dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre. Non è stato così. Sono cambiate molte cose, ma per la stragrande maggioranza delle persone la vita è continuata come al solito. La stessa dinamica si ripropone ora con WikiLeaks. Indubbiamente, le rivelazioni porteranno a delle conseguenze, alcune importanti. Tuttavia, in linea di massima, la portata sarà ridimensionata rispetto a quanto anticipato. Il consenso che ha suscitato WikiLeaks si spiega grazie a vari aspetti che meritano di essere analizzati e confutati. Per esempio:

- WikiLeaks ha indebolito gli Stati Uniti. Il furto di tutti questi segreti rappresenta una vergogna per un paese che spende 50 milioni di dollari all'anno per i propri servizi di intelligence. È una conseguenza ovvia che molti alleati si siano irritati con gli statunitensi. Eppure, i dispacci diffusi fino a oggi dimostrano che il governo degli Stati Uniti è oltremodo coerente se si raffrontano le dichiarazioni pubbliche con le azioni private. I dispacci diplomatici non hanno ancora svelato alcuna ipocrisia americana che si possa confrontare con le sfacciate menzogne di alcuni capi di stato. Per il momento sembra essere evidente che le rivelazioni di WikiLeaks hanno provocato più danni ad altri paesi piuttosto che agli Stati Uniti.

- La diplomazia statunitense ne esce con le ossa rotte. No. Piuttosto il contrario. Fino ad ora e con grande sorpresa non si sono riscontrati errori madornali nelle informazioni o nei pronostici contenuti nei dispacci. Certamente, ci sono pettegolezzi e affermazioni avventate. Inoltre, si svelano comportamenti vergognosi come le domande sullo stato mentale di Cristina Kirchner o lo spionaggio nei confronti di Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu. Questi però non possono essere ritenuti errori. Nel mondo della diplomazia, l'errore sarebbe stato non aver compiuto queste azioni. «Vi paghiamo per questo», afferma Leslie Gelb, presidente emerito del Council for Foreign Relations, un think tank privato. Gelb è dell'opinione che i dispacci mostrino la serietà e professionalità del governo statunitense nel risolvere i problemi mondiali più complessi, senza avere in realtà il potere per imporre agli altri le proprie decisioni. «Nei dispacci - scrive Gelb - vedo diplomatici che si appropriano di informazioni sensibili su leader stranieri, cercando strade per l'azione comune e lottando per esercitare una dose adeguata di pressione su altri paesi. Questo è il loro lavoro!». E aggiunge: «Non è Washington a emergere dai dispacci come l'infame della situazione, al contrario sono i leader degli altri paesi che si rifiutano di prendere decisioni difficili e si rifugiano nell'ipocrisia, la codardia e le menzogne che rivolgono ai cittadini delle proprie nazioni».

- WikiLeaks è stato manipolato dai servizi d'intelligence. Da questo punto di vista, è lecito supporre che la Cia sia implicata nella questione. Oppure il Mossad. Oppure entrambi. Alcuni affermano che è logico supporre che i dispacci siano stati falsificati dalle spie, poiché secondo le loro rivelazioni, i paesi arabi in realtà si oppongono a un Iran nucleare in maniera molto più decisa di quanto Israele e gli Stati Uniti dichiarino pubblicamente. Sono le stesse insinuazioni che Vladimir Putin ha fatto riferendosi alle rivelazioni sulla Russia: «Qualcuno sta ingannando WikiLeaks per motivi politici», ha dichiarato. Tutto è possibile nel mondo dello spionaggio. Quanto sappiamo sugli obiettivi e sul modo di operare di WikiLeaks e del suo fondatore, Julian Assange, non consente di dare molto credito a questo scenario che vede una cospirazione inserita all'interno di una o tante altre ancora.

- Nessun alto funzionario condividerà informazioni con gli americani. Sarà così. Ma non durerà a lungo. Nessun paese si può permettere di interrompere le vie di comunicazione con gli Stati Uniti. Gli interessi, le emergenze e le esigenze dei paesi costringeranno questi a implementare scambi diplomatici più fluidi. Washington sta lavorando febbrilmente per creare nuove tecnologie, canali di comunicazione e procedure che consentano di offrire garanzie credibili affinché i propri interlocutori stranieri riescano a recuperare la fiducia persa.

- L'assoluta trasparenza dei governi è quanto di meglio possa accadere alla società. No. Da questo punto di vista, la questione è che le democrazie sono molto più vulnerabili alle pressioni rispetto ai regimi dittatoriali. La conseguenza di questa asimmetria è che, nel panorama internazionale, le democrazie sono costrette a competere in svantaggio contro le tirannie, i terroristi e le reti criminali rappresentate dalle società segrete. Quindi, un altro effetto indesiderato dalle rivelazioni di WikiLeaks è che la lotta per un mondo più trasparente dove i governi siano costretti a rivelare tutte le loro azioni, possa involontariamente agevolare la vita dei tiranni.

(Traduzione di Graziella Filipuzzi)

©RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-12-04/wikileaks-consenso-201840.shtml?uuid=AY2hlHpC
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 05, 2010, 10:51:58 pm »

Perché Assange può essere utile a Obama

di Evgeny Morozov

Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2010 alle ore 14:03.

   
Due settimane prima che WikiLeaks divulgasse i suoi comunicati, Alec Ross del Dipartimento di Stato Usa aveva detto in Cile: «Essere aperti garantisce la vittoria». Poi, aveva scatenato le ire dell'America Latina affermando che la Rete «è il Che Guevara del XXI secolo». Qualcuno ha chiesto: «Cercherete di uccidere anche quello?».

Ora che l'America dibatte su come vendicarsi di WikiLeaks, la lungimiranza di quella domanda è chiara. Il senatore Joe Lieberman ha preteso che le società americane smettano di collaborare con WikiLeaks. Parecchie lo hanno fatto, trasformando il sito in un sorta di fuggiasco digitale.

L'America deve comprendere che è nel suo interesse comportarsi con disponibilità verso Assange. Se fosse colpito, diverrebbe un martire. WikiLeaks potrebbe essere trasformato da una manciata di volontari in un movimento globale di esperti di informatica politicizzati e pronti a esigere vendetta. WikiLeaks parla il linguaggio della trasparenza, ma potrebbe creare un codice di diretto antiamericanismo, antimperialismo e antiglobalizzazione.

Assange è più simile a uno studente universitario del secondo anno, indeciso sulla specialità, che a un uomo con un piano. Ha due strade possibili. La prima porterebbe a una rete globale radicale, in grado di sfidare governi e società con lo scopo di nuocere al sistema. La sua pretesa di trasparenza potrebbe trasformarsi in un'esercitazione di rabbia esplicita, facendo circolare una soffiata per volta.

In alternativa, potrebbe procedere lungo la direttrice più sensibile che segue ora, e collaborare con i media tradizionali, redigere file scottanti, offrire a coloro che sono nella posizione di conoscere le possibili vittime l'opportunità di ispezionarli. Bisogna scegliere: WikiLeaks potrebbe diventare una sorta di nuove Brigate Rosse o Transparency International. Costringere Assange a imboccare la prima strada avrebbe implicazioni devastanti per l'America.

La lezione da imparare è che gli esperti di informatica hanno un potere concreto. I fan di Assange sono spesso gli esperti che Washington avrebbe bisogno di corteggiare, se vuole porre fine alla censura a internet in stati quali Cina e Iran. La Casa Bianca è impegnata in una promozione del "governo aperto" sul pianeta. Favorire questo progetto nel momento in cui si dà la caccia ai gruppi che usano lo slogan "We open governments" sembrerebbe ipocrita.

Che accadrebbe se gli Usa decidessero di non dare la caccia a WikiLeaks? È poco plausibile che le rivelazioni possano nuocere ai regimi sgraditi di Russia, Cina o Medio Oriente, ma organizzazioni quali WikiLeaks potrebbero fungere da alleati dell'Occidente, quando questo cerca di essere di supporto ai diritti umani. Per WikiLeaks l'informazione è potere. Che è più grande se sostenuto da gruppi come Human Rights Watch o Amnesty International, e contestualizzato da media e partner online che hanno aiutato WikiLeaks.
È verso queste armi responsabili che Washington deve spingere Assange. Se saprà gestire la situazione, sarà l'America a trarre il più grande beneficio dalla nuova rete dei fanatici di internet, i Che Guevara del XXI secolo.

(Traduzione di Anna Bissanti)
© FINANCIAL TIMES, 2010

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