12/11/2010 (8:7) - INTERVISTA
Monicelli ricorda De Laurentiis "Eravamo tutti dei vagabondi"
MICHELA TAMBURRINO
Il maestro Mario Monicelli, classe 1915, non ama rilasciare interviste ma ci tiene a ricordare un amico, il suo produttore, Dino De Laurentiis appena scomparso: «Un grande italiano che ha portato il nome del nostro Paese nel mondo: attraverso lui, Ponti e Lombardo il nostro cinema ha acquistato credibilità e fama internazionale».
Aveva un buon rapporto con il suo produttore?
«Ottimo, duro, deciso. Come lo avevamo noi con i grandi imprenditori che amavano il cinema. E lui l’amava. Era un rapporto vero, se lo si convinceva della bontà di un’idea lui ti sosteneva incondizionatamente, era coraggioso e autentico».
Ci parli di come si manifestava questo sostegno.
«Un piccolo esempio: eravamo in Friuli a girare La grande guerra con Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Di prassi gli inviavo i giornalieri. Una volta lui mi telefonò, era furioso. Mi disse: “Non va bene, voglio vedere più soldati, più ricchezza”, il primo che mi invitava a spendere di più».
Qual è il film, di quelli fatti insieme, che ha più nel cuore?
«Non è facile dirlo, erano tutti bellissimi. Forse, Guardie e ladri con Totò e Aldo Fabrizi. Il film che ci ha fatti conoscere e scontrare. Oppure Vita da cani del ‘50 ancora con Aldo Fabrizi, Gina Lollobrigida e Marcello Mastroianni. Abbiamo molto litigato ma poi è venuto fuori un prodotto di gran qualità. Perché dentro c’era sempre la verità, la profondità di un pensiero aperto. Questi erano produttori abituati a fare film di tutti i tipi; dall’Olimpo ai western all’italiana, hanno inventato attori e attrici di prima grandezza, mica gente da poco».
Vi frequentavate anche fuori dal set?
«Noi ci frequentavamo prima del set. Ci siamo frequentati prima che il cinema diventasse quello che poi è stato. Steno e io sceneggiatori, De Laurentiis tentava da attore, Ponti che mise i primi soldi in un’impresa sulla quale nessuno voleva scommettere. Eravamo tutti colleghi perché ricercatori. In definitiva eravamo tutti dei vagabondi».
C’è un insegnamento di De Laurentiis che non ha mai dimenticato?
Mi diceva: “Se credi in qualcosa spingi senza timore, più che puoi. Abbi sempre coraggio”. Era un’altra epoca. Pensi agli Olivetti, agli Agnelli, agli Innocenti, allora tutto nasceva e gli imprenditori non temevano il nuovo. Oggi mancano quelle teste, gente che con coraggio porta avanti il mondo. Gente di enorme personalità, di molta ignoranza ma di grande cultura. Si sbaglia quando si pensa che la cultura sia nozionismo, erudizione. Invece significa aver vissuto in un contesto e averne capito i margini precisi. Significa credere in quello che fai, con verità e abnegazione. Ed essere pronti a tutto per poterlo realizzare».
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