Governo e caso Carfagna
«È il partito di Verdini, La Russa e Cosentino. Non più il mio»
Il fastidio per le parole di Stracquadanio, Pepe e Cirielli
Ieri i messaggi di solidarietà alla ministra da Bondi, Gelmini, Prestigiacomo, Frattini e Brambilla
ROMA - Erano tre giorni che Mara Carfagna andava dicendo ai suoi collaboratori e alle sue colleghe e colleghi: «Così non posso andare avanti, non è più il mio partito. Perché questo non è il partito di Berlusconi ma di Verdini, Cosentino e La Russa». Un terzetto che da qualche settimana sta facendo la guerra alla ministra delle Pari opportunità. Non da soli, i tre, riferiscono i collaboratori della Carfagna: all'elenco aggiungono anche Mario Pepe e Alessandra Mussolini. E poi c'è quel susseguirsi di illazioni, una lettera che doveva rimanere segreta da parte del presidente della Provincia di Salerno Edmondo Cirielli, gli attacchi di Giancarlo Lehner, gli scontri con il coordinatore campano del partito Nicola Cosentino, quella riunione dei parlamentari (tutti campani, ovviamente) di cui lei aveva saputo all'indomani a cose fatte senza che nessuno si preoccupasse di avvertirla.
Senza parlare dell'intervista di Giorgio Stracquadanio al Corriere, con quelle parole così dirette: «Berlusconi l'ha fatta diventare ministro, però è altrettanto vero che lei deve moltissimo a Italo Bocchino, che se ne è preso cura, politicamente, fin da subito... Suppongo che Bocchino le abbia chiesto di passare con Futuro e libertà...». Poi giovedì lo scontro in Aula con la Mussolini che la fotografa con il medesimo Bocchino. E Ignazio La Russa che in consiglio dei ministri, mentre si parlava, sempre giovedì, del termovalorizzatore in Campania e delle procedure da seguire la apostrofa davanti a tutti i colleghi: «Altro che problema procedurale, il tuo in Campania è un problema personale...».
Tutto questo l'aveva «amareggiata», ma la aveva anche fatta dubitare - e soprattutto cominciava a far dubitare i suoi avversari interni - dell'appoggio finora incondizionato del premier, quell'appoggio che le aveva permesso negli anni scorsi di superare bufere ben peggiori.
La minaccia di dimissioni ieri, fatta trapelare da Lisbona, dove lei non c'era ma erano presenti Berlusconi e La Russa, per ora qualche effetto l'ha avuto. A parte la solidarietà di Sandro Bondi e di Stefania Prestigiacomo («basta con il fuoco amico»), di Mariastella Gelmini (che per solidarietà si era anche fatta fotografare con Bocchino dalla medesima Carfagna), di Franco Frattini e Maria Vittoria Brambilla, c'è la promessa di un incontro la settimana prossima con Silvio Berlusconi. Di più: il premier cercherà di risolvere lo scontro campano al suo rientro da Lisbona in questo weekend, si risentiranno comunque già oggi. Lo ha assicurato lui stesso in una telefonata fiume subito dopo che l'Ansa aveva lanciato la notizia delle possibili dimissioni, che per ora restano congelate. «Non prima del 14 dicembre - assicura la Carfagna, che ha raccontato al premier tutta la sua «amarezza» e i suoi timori per il polverone alzato contro di lei - e soprattutto non per cambiare partito». Berlusconi glielo ha fatto giurare ieri, al telefono: mai con Fli e i finiani, «piuttosto mi dimetto da parlamentare».
È presto per dire se il caso Carfagna è arginato, se non ci saranno nuovi attacchi personali e se le dimissioni resteranno così come sembrava ieri sera, minacciate ma rinviate per sempre.
Gianna Fregonara
20 novembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
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