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Autore Discussione: ANGELINO ALFANO: non accetto di essere "mascariato" (allora mollalo).  (Letto 2148 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Ottobre 14, 2010, 11:18:54 pm »

14/10/2010

Alfano: non accetto di essere "mascariato"
   
ANGELINO ALFANO

Gentile direttore,
ho letto l’articolo di Marcello Sorgi che mi riguardava. Le scrivo per esprimerLe la mia più profonda amarezza ed anche il mio avvilimento. Non già per il contenuto d’insieme e neanche per i giudizi che comunque rispetto anche se a volte non li condivido. Le scrivo per le quattro righe contenute tra parentesi. Quattro righe che capovolgono la mia biografia e cancellano due anni e mezzo di leggi antimafia, di decreti di applicazione, riapplicazione e rinnovi del carcere duro.

«Un’ombra paramafiosa» si sarebbe «allungata» sulla mia carriera per la mia partecipazione, quattordici anni fa, al matrimonio della figlia di un boss. Vicenda «mai completamente chiarita», scrive Sorgi.

Come ci si difende da un’insinuazione? Come si risponde ad un’allusione? Con quali fatti si può mai contestare una notizia, chiamiamola così, che un ex direttore ed oggi editorialista di un grande giornale come il suo, ripesca dal cestino in cui era stata buttata, per manifesta irrilevanza, da giornalisti e magistrati? Non ci si può difendere: questa la ragione del mio avvilimento. Ma non me la sento di lasciar perdere, di lasciar cadere la cosa. Dunque solo poche considerazioni. La prima riguarda la tecnica: è quella del «mascariamento». Usata da un siciliano come Sorgi contro un altro siciliano. Cioè: se non sono in grado di abbatterti, se non ho una notizia idonea a demolirti, provo a sporcarti il viso, a macchiarti gli abiti.

Mi necessita un passo indietro: dall’8 maggio 2008 vivo superblindato, non ho alcuna forma di privacy, non posso camminare per strada senza avere attorno uomini armati, ricevo settimanalmente gravi lettere di minacce su cui indagano varie procure, vado frequentemente in luoghi dove noto tiratori scelti appostati sui tetti per proteggere la mia vita e quella di chi vive e collabora con me. Non sono vittima e neanche eroe. Faccio il ministro pro tempore e ne sono contento. Sorrido anche. E sto molto attento a non trasferire le mie preoccupazioni a chi mi sta accanto. Non merito ringraziamenti perché faccio, in materia di leggi e provvedimenti antimafia, ciò che considero giusto e ciò che la mia coscienza mi suggerisce.

Le autorità competenti mi dicono che chi fa queste cose non deve sorprendersi di qualche rancore proveniente dalle carceri, dalle celle del carcere duro e dai loro parenti a piede libero, dalle famiglie che hanno avuto sequestrati e confiscati i beni acquisiti con metodi criminali, da detenuti per condanna di mafia in primo grado che non potranno più fare il patteggiamento in appello perché un ministro della Giustizia ne ha ottenuto la soppressione.
Non mi meraviglio, dunque, né della rozzezza né della pericolosità di mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti. Mi meraviglio piuttosto di chi, anziché guardare tutto ciò che potrebbe agevolmente trovare sulla propria scrivania di giornalista, abbassa giù gli occhi verso il cestino dell’immondizia e raccoglie una cartaccia vecchia e appallottolata per il semplice gusto di «mascariare» un ministro che ha fatto e continua a fare nient’altro che il proprio dovere.

Traggo, tra i molti riferimenti in rete ottenibili con il motore di ricerca Google digitando «Angelino Alfano», la voce «controversie» della biografia del ministro nell’enciclopedia Wikipedia, con l’accenno alla «presenza di Alfano al matrimonio (avvenuto nel 1996) della figlia di Croce Napoli, indicato dagli inquirenti come boss mafioso di Palma di Montechiaro e morto nel 2001. Tale presenza è testimoniata da un video amatoriale della festa. Alfano, all’epoca neo-deputato all’Assemblea regionale siciliana, avrebbe salutato Napoli». Sempre secondo Wikipedia Alfano «in un primo momento dichiarò di non avere “nessuna memoria o ricordo di questo matrimonio” e che “non ho partecipato a matrimoni di mafiosi o dei loro figli, non conosco la sposa, Gabriella, né ho mai sentito parlare del signor Croce Napoli”. In seguito affermò di aver ricordato di essere stato effettivamente a quel matrimonio ma di aver ricevuto l’invito dallo sposo e di non conoscere la sposa e la sua famiglia».
Inserita in un articolo in cui è tratteggiata la brillante carriera del ministro, oggi indicato anche come uno dei possibili successori di Berlusconi, questa notizia, confermata come si vede dall’interessato, ha provocato il suo risentimento, del quale mi rammarico. Anche se resta inspiegabile, per me, il tono offensivo della sua lettera e il riferimento a intenzioni e metodi a me estranei, che mi auguro vorrà evitare una prossima volta. [M. SO.]

http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7952&ID_sezione=&sezione=
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