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Autore Discussione: EMILIO RANDACIO. Ecco la toga più odiata dal Cavaliere  (Letto 2523 volte)
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« inserito:: Ottobre 04, 2010, 12:02:08 pm »

IL PERSONAGGIO

De Pasquale, "mastino" del caso Mills

Ecco la toga più odiata dal Cavaliere


Il pm bollato come "famigerato" dal premier indaga dal 2003 sulle presunte frodi Mediaset. E' lui che ottenne dal legale inglese l'ammissione sui 600mila dollari di "ricompensa". Gli ispettori esclusero sue colpe nel suicidio di Cagliari, ricordato ieri da Berlusconi

di EMILIO RANDACIO


MILANO - Il "famigerato" all'anagrafe si chiama Fabio De Pasquale, e di professione fa il magistrato. Dall'aprile del 2003, le strade tra Silvio Berlusconi e il pm milanese si sono incrociate più volte. Ad allora risale la prima indagine sulle società estere del gruppo Mediaset, e De Pasquale s'imbatte sulle presunte frodi fiscali che il gruppo creato dal Cavaliere avrebbe messo in atto, gonfiando i costi dei diritti televisivi pagati alle major americane.

Quello è il primo di tre processi che il pm, originario di Messina, istruisce nel giro dei quattro anni successivi, e che vedono tra gli indagati anche il presidente del Consiglio. Convocando in procura in un afoso luglio del 2004 l'avvocato inglese David Mills, De Pasquale, al termine di sette ore di faccia a faccia, carpisce un nuovo e clamoroso elemento. Mills, ideatore del sistema offshore del gruppo Fininvest, confessa di aver ricevuto come segno di ringraziamento 600mila dollari da uomini del gruppo di Segrate. Un "dono" voluto da "Mister B.", per le "omissioni" di Mills, quando alla fine degli anni 90 era stato chiamato come testimone nei processi milanesi All Iberian e Gdf, in cui Berlusconi era imputato. Da qui l'indagine per frode fiscale si era biforcata, e aveva ipotizzato anche il reato di corruzione in atti giudiziari. Il legale inglese, in questo processo, è stato condannato in primo e secondo grado a quattro anni e mezzo. La Cassazione, nel febbraio scorso, ha riconosciuto la sua colpevolezza, ma ha retrodatato il momento in cui si è consumato il reato, applicando così la prescrizione. Il giudizio sul premier, invece, si è impantanato per ben due volte. La prima per l'introduzione del "lodo Alfano", nell'estate del 2008 e poi bocciato dalla Consulta, e poi per il "legittimo impedimento" (a dicembre la Corte Costituzionale sarà chiamata a esprimersi sulla sua applicabilità).

Infine, dall'ottobre del 2007, Berlusconi deve rispondere dell'ultima accusa di appropriazione indebita. Attraverso un lungo elenco di rogatorie internazionali, infatti, la procura milanese si è convinta che le fatture gonfiate dei diritti televisivi Mediaset sarebbero ritornate nella disponibilità di Berlusconi, su conti esteri cifrati.

Per censurare l'operato del pm di Milano, Berlusconi ieri ha anche rievocato 1uno dei frangenti più drammatici di Mani pulite. Il premier ha polemicamente ricordato che De Pasquale "disse a Cagliari (Gabriele, all'epoca presidente dell'Eni, ndr) che il giorno dopo l'avrebbe messo in libertà, poi invece è andato in vacanza e il giorno dopo Cagliari si è tolto la vita". Cagliari fu arrestato per tangenti il 9 marzo 1993, in piena Tangentopoli. Il 15 luglio dello stesso anno, al termine dell'ennesimo interrogatorio, il pm manifestò l'intenzione di scarcerarlo, ma il 20 luglio De Pasquale ci ripensò. Il giorno successivo, il numero uno dell'Eni si tolse la vita, nel carcere di San Vittore, infilandosi un sacchetto di plastica in testa.

Quella del premier è una ricostruzione in netto contrasto con quelle che furono le conclusioni degli ispettori ministeriali inviati alla procura di Milano nel 1993 dal guardasigilli Giovanni Conso. Né quell'ispezione, né tantomeno un'inchiesta sollecitata nel '94 dal ministro del primo governo Berlusconi, Filippo Mancuso, giunsero ad accertare irregolarità nel comportamento del magistrato milanese. "Appare assai difficile - scrivevano allora gli ispettori Ugo Dinacci e Vincenzo Nardi al termine del loro lavoro investigativo - collegare il suicidio del Cagliari ai comportamenti del dottor De Pasquale, in quanto va tenuto conto delle numerose lettere indirizzate ai familiari che egli ha lasciato scritte dal 3 luglio in poi".

Anche ieri, De Pasquale ha preferito non esprimere alcun commento sulle nuove accuse che gli ha rivolto Berlusconi, affidandosi alla nota del suo "capo", il procuratore Edmondo Bruti Liberati.

(04 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/10/04/news/de_pasquale_giudice-7689664/?ref=HREA-1
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