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Autore Discussione: NAVI PILLAY Garantire i diritti per integrare i rom nell'Unione Europea  (Letto 2008 volte)
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« inserito:: Settembre 29, 2010, 11:43:35 am »

29/9/2010

Garantire i diritti per integrare i rom nell'Unione Europea
   
NAVI PILLAY*

Se vi è un aspetto positivo nell’attuale indignazione suscitata dal trattamento dei Rom in Francia e altrove, è che questo fenomeno di straordinaria discriminazione è ora all’attenzione di tutti, in Europa e non solo. Quando il clamore attuale si sarà placato, le spaventose condizioni di questa minoranza marginalizzata dovranno rimanere in evidenza. Esse devono essere affrontate nel contesto appropriato, ovvero usando i diritti umani come principi guida per le politiche pubbliche e le azioni correttive.

Ad oggi, nonostante gli sforzi compiuti da alcuni Paesi europei e da organizzazioni internazionali e regionali, i sentimenti anti-Rom continuano a essere forti in Europa. Addirittura, potrebbero essere in ascesa a causa della recessione economica che ha costretto molti Rom a lasciare le proprie comunità d’origine alla ricerca di opportunità di lavoro migliori. Di conseguenza, le pratiche discriminatorie e la violenza sono aumentate. Ad esempio, vi sono stati casi di attacchi mortali contro Rom in Ungheria e Slovacchia. Le prove documentali di discriminazione mirata abbondano, e comprendono la recente circolare filtrata dal ministero dell’Interno francese in cui si ordinava l’evacuazione dei campi Rom come una questione di primaria importanza. Inoltre, il Comitato Onu che vigila sull’applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (Cerd) ha sottolineato che espulsioni forzate, ostacoli nella ricerca di alloggi e segregazione contro i Rom avvengono, con diversa intensità, in molti altri Paesi, inclusi Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia, Italia, Lituania, Romania e Slovacchia.

In alcuni Paesi ai Rom viene limitato l’accesso alle cure sanitarie e ad altri servizi a causa della mancanza di documenti d’identità. Secondo il Cerd, problemi per i bambini Rom in ambito educativo sono diffusi, così come la loro segregazione in classi separate o la loro eccessiva presenza in scuole per bambini con difficoltà d’apprendimento. Negli anni passati la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha trovato alcuni governi europei, compresi membri dell’Unione come Repubblica Ceca e Grecia, in violazione delle leggi sul trattamento dei bambini Rom nelle scuole. L’applicazione di queste sentenze resta, nel migliore dei casi, frammentaria. In aggiunta, i continui rientri di Rom dalla Germania al Kosovo hanno avuto effetti devastanti sui diritti dell’infanzia, compreso il diritto all’educazione. Come provato da un recente studio Unicef, i bambini Rom che erano ragionevolmente ben integrati nelle scuole tedesche vengono inseriti in un contesto di lingua albanese che è loro completamente estraneo, dove hanno poche o nessuna possibilità anche solo di frequentare la scuola.

In questo contesto non sorprende che l’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali abbia stimato che i Rom sono i più bersagliati nella classifica della discriminazione nell’Unione Europea. La marginalizzazione e la condanna dei Rom sono spesso alimentate dalla retorica incendiaria di quelle forze che cercano un vantaggio politico agitando lo spettro della diffidenza. Si tratta di uno dei punti che ho sollevato nel corso della mia visita a campi Rom, sia legali sia non autorizzati, in Italia, dove, come altrove, ho ripetutamente invocato il bisogno di integrare in maniera migliore i Rom nelle società dei Paesi di origine come in quelli di accoglienza. Un primo passo verso l’integrazione comporta la garanzia dell’accesso all’istruzione e ad altri servizi fondamentali, quali assistenza e servizi sanitari, alloggi, opportunità di lavoro: tutte prerogative tutelate dalla normativa internazionale sui diritti umani. Tutte le componenti Rom che ho incontrato - bambini, genitori, rappresentanti della comunità - hanno sottolineato questi punti con estrema chiarezza in occasione degli incontri che ho avuto con loro.

Sono consapevole del fatto che alcune delle tradizioni Rom possano essere estranee alla cultura prevalente nella società e possano esse stesse essere equiparate a violazioni dei diritti umani, laddove si tratti ad esempio di matrimoni forzati e lavoro infantile. So anche che, vivendo al margine della società, alcuni Rom hanno fatto ricorso alle attività criminali - di solito di basso livello - cosa che crea contrasti comprensibili. Tuttavia, questi temi richiedono un esame caso per caso, piuttosto che una condanna indiscriminata; esigono le stesse risposte che si applicano a tutti coloro che violano la legge, anziché implicare misure draconiane o esemplari che sanno di stigmatizzazione e punizione collettiva di una minoranza.

Sforzi seri di affrontare questi problemi sono già stati fatti sia a livello nazionale sia nell’ambito delle istituzioni dell’Unione Europea. Ad esempio, la Commissione Europea ha provato con chiarezza a sostenere politiche di integrazione attraverso la Piattaforma Ue per l’inclusione dei Rom e l’adozione dei Principi comuni fondamentali sull’inserimento dei Rom del 2009. Inoltre, alla Conferenza Onu di revisione contro il razzismo dell’aprile 2009, 182 Paesi membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a sradicare la discriminazione contro i Rom e altre minoranze e a garantire misure di rimedio e tutela speciale.

Occorre fare molto di più. Con il sostegno attivo di Commissione e Parlamento europei, oltre che dell’Onu, l’Unione Europea e i suoi 27 Paesi membri ora hanno una possibilità di mutare il proprio atteggiamento rispetto alla questione Rom, convertendolo da reattivo a propositivo. E’ necessario che condividano le migliori pratiche e gli standard sui diritti umani e che diano poi loro attuazione in tutta l’Unione, per assicurare che tutti i Rom conducano esistenze degne in una delle regioni del mondo di maggior benessere, una regione che è anche la loro.

*Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani

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