24/9/2010
In Africa centrale l'instabilità sfida anche la speranza
HANNAH KOEP*
L’Africa Centrale ultimamente ha attirato attenzioni poco familiari. Le scoperte di grandi giacimenti di minerali e altre opportunità hanno portato la possibilità di diversificare gli investimenti al di là del settore del petrolio dominante nella Guinea Equatoriale e nel Gabon.
In Camerun sono attesi nei prossimi anni 10 miliardi di dollari per sfruttare alcune tra le più promettenti riserve di nuovi minerali nella regione, mentre la Guinea equatoriale sta spingendo lo sviluppo delle infrastrutture. Altrove, la Bhp Billiton ha annunciato la scoperta di circa 60 milioni di tonnellate di manganese nel Sud-Est del Gabon, mentre la francese Areva sta mettendo a punto i piani per costruire una grande miniera nella Repubblica Centrafricana per lo sfruttamento dei giacimenti di uranio.
Ma «risorse naturali» e «Africa» è una combinazione che di solito fa suonare un campanello d’allarme, e l’Africa Centrale non fa eccezione. Ci sono significativi rischi politici legati alla sovrapposizione di interessi politici ed economici delle élite dirigenziali radicate nella regione e conseguenti grattacapi per gli investitori preoccupati per la loro reputazione. La corruzione è dilagante e la maggior parte delle aziende sono spesso costrette a lavorare con partner scelti dal governo, su cui il controllo è severamente limitato. Un rapporto del Senato degli Stati Uniti pubblicato a febbraio ha svelato un flagrante abuso di fondi pubblici nella Guinea equatoriale. E’ stato segnalato che il figlio del presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo avrebbe ingaggiato avvocati, banchieri e agenti immobiliari statunitensi per spostare oltre 110 milioni dollari negli Stati Uniti tra il 2004 e il 2008, utilizzando i soldi per comprarsi una casa da 30 milioni di dollari a Malibu, in California, un jet Gulfstream e innumerevoli beni di lusso. Su di lui ora è stata aperta un’inchiesta penale con l’accusa di riciclaggio di denaro sporco, corruzione e concussione. La relazione cita altre dinastie regnanti della regione, tra cui il clan Bongo del Gabon, che è anche accusato di abuso di fondi pubblici.
Il rischio politico e l’instabilità rappresentano ulteriori ostacoli per gli investitori. L’interferenza politica nel settore privato in tutta la regione significa che i progetti aziendali più grandi si sviluppano come joint-venture con imprese controllate dallo Stato (a volte segretamente guidate dai membri della élite di governo). Questo spesso implica pagamenti illeciti per ottenere appalti o licenze al di fuori dei bandi di gara ufficiali.
Quando cambia il regime questo genere di contratti può essere rivisto, come è avvenuto in molti altri Paesi africani. Tali cambiamenti sono stati abbastanza rari in una regione a lungo dominata da «grandi uomini», come Omar Bongo, Obiang, e il presidente del Camerun Paul Biya. Tuttavia, l’età avanzata di Biya solleva gravi interrogativi circa le potenziali conseguenze di una transizione politica e su quello che un passaggio del genere potrebbe significare per i contratti esistenti. La successione di Ali Ben Bongo in Gabon ha dimostrato che anche le grandi sfide poste da una transizione non pianificata possono essere in gran parte superate, ma in Camerun l’avvicendamento probabilmente scorrerà meno liscio.
Il potenziale di conflittualità sociale è stato dimostrato in diverse occasioni negli ultimi anni, mentre le divisioni lungo linee etnico-regionali, linguistiche e civili-militari suggeriscono che qualsiasi vuoto di potere al vertice potrebbe essere potenzialmente destabilizzante.
Ma ci sono alcuni segnali di speranza. La Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale (Cemac) ha recentemente chiamato Lucas Abaga Nchama della Guinea equatoriale a capo della sua banca centrale, la Banca degli Stati dell’Africa Centrale (Beac). Egli diventa così il primo non-gabonese a ricoprire questo incarico da quando la banca è stata costituita nel 1972. Le posizioni di comando, sia alla Cemac come alla Beac, ora verranno ricoperte a rotazione tra i sei membri - Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo – favorendo così potenzialmente una maggiore integrazione regionale.
Il posto era diventato vacante dopo che alti funzionari, molti dei quali del Gabon, erano stati screditati in uno scandalo per appropriazione indebita scoppiato nell’ottobre 2009. La frode di maggior entità all’ufficio di Parigi costò alla banca circa 28 milioni di dollari, mostrando la debolezza dei meccanismi di revisione e di controllo. La nomina di Nchama rappresenta una chiara rottura con il passato, e lui afferma che sarà l’uomo della svolta.
Ma resta il dubbio che i volti nuovi della regione possano far finire i vecchi schemi di cattiva gestione e abuso. Un’opera di pulizia è necessaria per ripristinare la credibilità, ma le prospettive di riforma globale rimangono limitate, data la storia di cattiva contabilità e mancanza di trasparenza nella maggior parte degli Stati membri.
La nomina di Nchama è stata un successo nella lunga lotta della Guinea Equatoriale per aumentare la sua influenza nella Cemac. Il Paese ha investito parte dei proventi del petrolio incrementando il suo contributo alla Beac, e ora fornirebbe il 48% delle riserve in valuta estera della Cemac. La strategia sembra aver pagato. Data l’implicazione del clan Obiang in gravi casi di corruzione e abuso di fondi statali, tuttavia, è dubbio che sia di buon auspicio anche per la riforma regionale.
Con la possibile eccezione del Gabon - dove è troppo presto per valutare l’efficacia delle riforme proposte dal nuovo presidente - la maggior parte dei governi della Cemac sono gestiti da élite di governo autoreferenziali che si impegnano di più in operazioni di democratizzazione di facciata che in un’autentica liberalizzazione politica ed economica. Come accade spesso in tutto il continente, la parola d’ordine per gli aspiranti investitori nel boom di risorse dell’Africa Centrale dovrebbe essere caveat emptor.
*capo analista a Control Risks
Copyright: Project Syndicate, 2010.
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